E il giornalista scrisse: | “Massimo, qui ci vuole misura”

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24 Aprile 2011, 01:42

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Da testimone di giustizia a divo. Dai banchi di tribunale alle passerelle ai festival, alle presentazioni di libri, alle ospitate negli studi televisivi. La metamorfosi di Massimo Ciancimino, figlio del sindaco mafioso di Palermo Vito, comporta più di un rischio, secondo l’analisi dell’inviato del Corriere della Sera Felice Cavallaro, a cui il mensile “I love Sicilia”, in edicola, dedica la copertina di questo mese. “E’ buona cosa che il più piccolo dei Ciancimino, dopo un processo per riciclaggio e una condanna a tre anni, abbia deciso di parlare con i magistrati”, scrive nella sua rubrica su “I love Sicilia” Cavallaro, che però osserva: “E’ strano che tutta l’inchiesta e qualcosa di più finisca in un libro offerto come passepartout nelle più gettonate vetrine televisive, nei comizi di Italia dei Valori, stando a comunicati arrivati da Verona, ovvero in presentazioni in pompa magna nell’aula magna del rettorato di Palermo o della facoltà di Giurisprudenza dove Massimo Ciancimino s’è ritrovato accanto al fratello di Paolo Borsellino”.

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Alla base di questo fenomeno c’è anche “un certo magnetismo di Massimo Ciancimino che trasmette simpatia con una carica di ironia capace di contagiare comprensione, compenetrazione, quasi ai limiti della giustificazione”. Ma, mette in guardia Cavallaro, “quando quella sorta di comprensione ai limiti di scusante e discolpa rischia di essere travasata sulla figura del padre no, non si può condividere”. E’ questo uno dei maggiori rischi del grande circo mediatico che ha travolto Ciancimino jr. “Questa non è materia della procura, ma discrezione e misura servirebbero a tutti – conclude Cavallaro – . Ferma restando la necessità della massima protezione per un ragazzo non più ragazzo che ha mandato a quel paese Riina e Provenzano dopo averli visti e frequentati”.

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24 Aprile 2011, 01:42

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