Taglio agli stipendi dei deputati | Ardizzone: impegni mantenuti

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11 Dicembre 2013, 17:46

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PALERMO – Il taglio degli stipendi dei deputati alla fine è realtà. “Un fatto importantissimo, ringrazio tutti”. Giovanni Ardizzone è raggiante. “Abbiamo mantenuto l’impegno. E ci siamo allineati al resto d’Italia”. “Vero, ci siamo allineati al resto d’Italia – il commento polemico del capogruppo grillino Giancarlo Cancelleri – ma per ultimi. C’è poco da essere orgogliosi”.

La sostanza, però, è quella. I deputati regionali hanno ridotto i propri stipendi. E hanno dato una sforbiciata alle spese di funzionamento del Palazzo. Tagli in qualche modo imposti dal decreto Monti. E la figura dell’ex premier ha aleggiato a lungo, come un fantasma, tra gli scranni di Sala d’Ercole. Una presenza “virtuale” soltanto, alla fine. Visto che di quel decreto non ci sarà traccia nel testo approvato. Anzi, nel testo che “verrà” approvato martedì prossimo. Manca infatti solo il voto finale. Ma il taglio è realtà

La sostanza, come detto, rimane. E riguarda soprattutto le indennità dei deputati, ridotte a 11.100 euro lordi. Mentre al presidente della Regione e al presidente dell’Ars andranno 13.700 euro lordi. Cancellata l’indennità di funzione per gli assessori. Anche i “tecnici” guadagneranno quanto i deputati dell’Ars. Tolti anche i gettoni di presenza per la partecipazione di deputati a commissioni e comitati. Confermate le norme sulla “trasparenza” dei redditi degli onorevoli, così come le sanzioni in caso di assenza dei deputati e degli assessori dalle sedute d’Aula o dalle commissioni.

Viene recuperato, invece, l’assegno di solidarietà. Inizialmente la norma uscita dalla commissione prevedeva la soppressione di quell’assegno. Al termine del mandato, infatti, ogni deputato riceveva dal Fondo di solidarietà un assegno pari all’80% dell’importo lordo di una mensilità dell’indennità moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo (o frazioni non inferiori ai sei mesi). Per questo motivo, al deputato veniva mensilmente trattenuto il 6,7% della propria indennità lorda. Adesso cambia tutto. Verrà calcolato un dodicesimo dell’indennità annua moltiplicato per il numero di anni di mandato. Con un limite massimo di dieci anni. “Non mi sembrava giusto – ha commentato Ardizzone – che venisse tolta questa misura che, del resto, è anche appannaggio dei sindaci”. Ma il calcolo, paradossalmente, potrebbe consentire – almeno per i deputati che lasceranno Sala d’Ercole prima dei dieci anni di mandato – di ottenere alla fine un “Tfr” più prestigioso di quello dei colleghi del passato.

Inizialmente era previsto semplicemente un taglio del 20 per cento alle spese. Ma, dopo la riscrittura recepita da Savona, anche ai fondi destinati ai gruppi parlamentari e alle spese per il personale verrà applicato quanto previsto dal decreto Monti. Un’inversione di marcia che, con ogni probabilità, comporterà però il licenziamento di buona parte del personale cosiddetto stabilizzato dell’Assemblea. Ma i contratti di questi dipendenti sono salvi fino a fine legislatura. Lo prevede proprio il decreto nazionale. Dal 2017, però, l’Assemblea assegnerà annualmente a ciascun gruppo un contributo per le spese del personale che verrà determinato moltiplicando il numero dei deputati di ogni gruppo per il costo di un dipendente inquadrato in categoria D6. Sostanzialmente, l’Ars pagherà ad ogni gruppo le somme necessarie all’assunzione di un lavoratore per ogni deputato. Ma, considerato che dalla prossima legislatura i deputati saranno 70, e che il bacino degli ‘stabilizzati’ conta adesso 85 dipendenti, è chiaro che qualcuno resterà fuori. Anche perché, non essendo questo personale formalmente in capo all’Assemblea, nulla vieterà ai singoli deputati di assumere qualcun altro. Quello che è certo è che le spese per il pagamento del personale verranno separate da quelle per il funzionamento dei gruppi parlamentari. Cosa che, per la verità, accade già in alcuni dei gruppi di Palazzo dei Normanni, che si erano adeguati alle indicazioni date dal decreto Monti. Dall’entrata in vigore della legge, comunque, ad ogni gruppo verrà assegnato un contributo complessivo annuo per le spese di funzionamento che consisterà nella somma tra l’importo di 5 mila euro per ogni deputato componente di un gruppo e quello di 0,05 centesimi moltiplicati per la popolazione residente in Sicilia. Rispetto ai 2.400 euro mensili per deputato previsti finora, si passerà quindi a circa 700 euro al mese.

Al di là dei calcoli, però, l’Ars, sul fronte dei vitalizi, ha confermato il passaggio al sistema contributivo. Ma ha tranquillizzato, probabilmente, qualche deputato con qualche inchiesta in corso, limitando i casi di esclusione dal vitalizio stesso ai reati commessi nel corso di questa legislatura. Polemica anche su questo tema. I grillini infatti volevano introdurre l’esclusione per i deputati condannati per reati gravi e di mafia. “Uno spot”, ha tagliato corto in Aula Ardizzone. “Gravissimo – ha commentato Cancelleri – che il parlamento non abbia votato questo emendamento”. Previsto anche il taglio del 10% per le spese di funzionamento e del personale dell’Ars.

“Grazie a tutto il parlamento – ha ribadito a più riprese il presidente Ardizzone. Anche perché ha evitato che della questione dovesse occuparsi l’ufficio di presidenza. Dal primo gennaio, infatti, sarei stato costretto a intervenire attraverso atti amministrativi. Manca il riferimento al decreto Monti? Ci siamo comunque rigidamente attenuti a quel decreto”.

“Abbiamo uniformato – il commento del presidente della commissione ‘Spending review Riccardo Savona – gli emolumenti dei parlamentari regionali a quelli dei consiglieri regionali di tutta Italia, in linea con il cosiddetto “Decreto Monti”. In più abbiamo ridotto, in modo notevole, i costi del Parlamento tutto. Credo che l’Assemblea regionale Siciliana, oggi, abbia scritto una bella pagina di storia, al proprio interno”.

Ma come detto, a giocare il ruolo di guastafeste è stato il Movimento cinque stelle: “Questa legge – si legge in una nota del gruppo – passerà alla storia dell’Assemblea come la legge Savona-Ardizzone. Voi avete cotto, servito e mangiato la pietanza e noi siamo solo spettatori. I nostri emendamenti sono stati sistematicamente bocciati o dichiarati inammissibili. La tanto invocata specialità della nostra regione quale strumento per far valere le peculiarità della Sicilia – affermano i deputati 5 Stelle – è stata mandata in soffitta dal Parlamento, che decide invece di essere speciale rispetto al resto delle regioni sul mantenimento dei privilegi. Il Palazzo vince ancora su tutto e su tutti e così si tiene fermo l’agganciamento al Senato, mentre il decreto Monti per amor di pace diventa una cifra al momento indecifrabile: 11.100 per indennità e diaria, la cui determinazione viene demandata al Consiglio di presidenza dal quale il movimento 5 Stelle rimane ancora escluso. Chissà perché. Non indifferente sarà infatti quale parte costituirà la diaria esente da tasse e quale parte l’indennità invece tassata. Nessuna rendicontazione sulla diaria che verrà così erogata così come accade ad oggi a prescindere dalle effettive spese sostenute dal deputato per il vitto e l’alloggio a Palermo. L’unica soddisfazione – aggiungono – è l’allineamento a quanto stabilito in conferenza Stato-Regioni per quanto concerne le spese dei gruppi parlamentari che da 2400 mensili passano ad 700 euro mensili per deputato. Nessun tetto massimo agli stipendi del personale della Regione e dell’Assemblea, come voluto dal Movimento, viene posto in essere, come se il costo del funzionamento della macchina burocratica regionale fosse legato ai compensi dei deputati che anche in questa circostanza sono stati bravi ad aggirare l’ostacolo. Solo una timida riduzione del 10% quale contenimento della predetta spesa, cifra ancora più bassa di quella voluta dallo stesso Savona”.

“Se il Movimento cinque stelle vuole davvero partecipare a una rivoluzione – la replica di Ardizzone – martedì voti questa legge. Da oggi, questo Parlamento è più forte e più autorevole”. “Chiederemo al presidente dell’Ars – hanno contrattaccato i grillini – in quale parte del regolamento è previsto che un solo deputato, cioè il presidente Savona, riscriva da solo una norma, senza chiamare in causa gli altri componenti? In base alla risposta di Ardizzone, decideremo”. Se ne riparlerà martedì. Ma il più è fatto. Il taglio agli onorevoli stipendi, incredibile ma vero, è realtà.

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La lunga giornata della “Spending review”

19.08 E’ stato approvato l’articolo 2 della norma sulla “spending review”, quello riguardante gli stipendi dei deputati. E’ passata la norma che fissa a 11.100 euro lordi le indennità dei parlamentari (con una riduzione di circa seimila euro lordi). Lo stesso limite fissato dal decreto Monti. In questo modo, gli stipendi dei deputati siciliani sono parificati a quelli dei consiglieri delle altre Regioni. Fissato il limite anche per il presidente della Regione (13.700 euro). Gli assessori guadagneranno quanto i deputati, a prescindere dal fatto che siano eletti o “tecnici”.

Gli scontri inizieranno subito. Fin dall’articolo uno. Fin dal momento in cui Sala d’Ercole dovrà dare un nome, un’identità alla norma finora comunemente indicata come legge sulla “Spending review”. Lo scontro in Aula, fin dall’articolo. Perché mai come in questo caso, la forma fa rima con la sostanza. Il ddl frutto della commissione presieduta da Riccardo Savona e oggetto di una parziale, ma non sostanziale, riscrittura in prima commissione, è nato con l’intento originario di applicare il “decreto Monti” sulle spese della politica. Ma i deputati di quella commissione hanno finito per ignorare quel decreto. Cancellandone i riferimenti persino dal primo dei 14 articoli del testo. Quello riguardante le finalità della norma. Finalità coincidenti col decreto nazionale (razionalizzazione e contenimento della spesa), ma che tengono come punto di riferimento non quel decreto, bensì lo Statuto siciliano. “Così difendiamo le prerogative dell’autonomia siciliana”, spiegarono i parlamentari.

Una spiegazione che evidentemente non ha convinto il Movimento cinque stelle. Ma non solo loro. I grillini, infatti, con un proprio emendamento al primo articolo chiedono di introdurre un formale riferimento al decreto Monti. Un’idea, come detto, che inizia a farsi strada all’Ars. E che ha già “convinto” altri deputati: quelli del centrodestra Falcone, Pogliese, Vinciullo e Assenza, che hanno presentato un emendamento identico.

Gli stipendi dei deputati e degli assessori
Ma il “cuore” della norma è all’articolo due: “Trattamento economico dei deputati regionali e dei componenti della Giunta regionale”. Da dove si parte? Il testo approdato in Aula ignora le somme fissate dal decreto Monti: un massimo di 11.100 euro lordi per i deputati e di 13.700 euro lordi per il presidente della Regione. E, semmai, interviene riducendo del 20% l’indennità attuale dei deputati. Portandola, così, a circa 15 mila euro lordi. Nella riscrittura di Savona, poi, si puntualizza che “non si procederà ad alcun adeguamento dell’importo dell’indennità e della diaria spettante ai deputati”. Le soglie fissate dal “Monti”, insomma, resteranno congelate fino a nuove elezioni. Sarà poi l’Ars a fissare le cosiddette “indennità di funzione”. Quei gettoni extra che vanno a chi svolge, nel palazzo incarichi ulteriori come quelli di presidente dell’Assemblea, vice presidente, membri del consiglio di presidenza, presidenti di Commissioni. Sarà l’Ars, quindi, a decidere. La norma fissa solo un tetto massimo di 2.700 euro mensili: l’indennità che andrà al presidente dell’Ars. Su quella indennità (circa 17.500 euro lordi, quindi) verrà ricalcato lo stipendio del presidente della Regione. Nessuna carica in più è prevista per i deputati chiamati in giunta. Stesso stipendio per gli assessori “tecnici” (che quindi guadagnerebbero quanto un parlamentare, senza alcuna indennità di funzione ulteriore).

Ma sull’ultimo punto, alcuni deputati vorrebbero tagliare un po’ di più. Come nel caso dell’emendamento presentato dai deputati Falcone, Pogliese, Vinciullo e Assenza: ““Noi proponiamo che questa – spiega Falcone – sia pari alla metà dell’indennità di deputato più un’indennità di funzione pari a quella dei presidenti di commissione”. In “soldoni” l’indennità dovrebbe essere più che dimezzata, scendendo a circa 8 mila euro lordi. Ma sul tema “indennità” i grillini rilanciano: non basta prevedere una riduzione o un tetto massimo, visto che alcune somme sono tassabili e altre no. Così, ecco la controproposta del Movimento cinque stelle. Intanto, la cancellazione dell’automatismo – che rimarrebbe tale, nella proposta di Savona – col trattamento economico dei senatori, inoltre una vera e propria tabella: 5 mila euro lordi di indennità, una diaria massima di 3.500 euro ma con l’obbligo della rendicontazione delle spese e indennità di funzione solo per il presidente dell’Assemblea (2 mila euro lordi). Via, quindi, tutti gli extrabonus per i deputati “graduati”. Nella proposta “a cinque stelle”, il governatore dovrà guadagnare quanto il presidente dell’Assemblea. Gli assessori quanto i deputati. Senza distinzione tra “tecnici” e onorevoli.

Gettoni di presenza e pubblicazione degli onorevoli redditi
L’articolo 3 disciplina la partecipazione dei deputati e dei componenti del governo a “commissioni, organi di enti di qualsiasi tipo. La norma uscita dalla commissione dispone la “gratuità” di queste prestazioni “straordinarie”. “La partecipazione – si legge – non può prevedere la corresponsione di indennità, gettoni di presenza, rimborsi e compensi comunque denominati”. Ma in questo caso, lo stesso presidente della commissione, Riccardo Savona, ci ha ripensato. E con un emendamento chiede che venga soppressa, semplicemente, la parolina “non” da quel passaggio. Una modifica chirurgica, ma sostanziale, come è evidente. Altri deputati, come Ruggirello, Sammartino, Sudano hanno invece chiesto di cassare la parola “commissioni”. Vuoi vedere che tolgono davvero le indennità di funzione per i componenti delle commissioni parlamentari? Meglio non correre questo rischio. L’articolo successivo, invece, disciplina la pubblicità dello stato patrimoniale di deputati e assessori. Comprese le notizie su quote di partecipazione nelle società, titoli di Stato. A qualche parlamentare, come Falcone, Pogliese, Vinciullo e Assenza questa norma non piace. E con un emendamento ne chiedono la soppressione. L’articolo cinque prevede invece le sanzioni per le “assenze ingiustificate” in Aula e in Commissione di deputati e assessori regionali. Su questa norma pare esserci un sostanziale accordo. Il questore Ruggirello prova anche a fissare l’entità della “multa”: il 15% dell’indennità.

Finanziamenti per il funzionamento e il personale dei gruppi
Una parte della legge esitata dalla commissione speciale, poi, ruota attorno al nodo dei contributi ai gruppi parlamentari di Palazzo dei Normanni e alle spese per il personale dell’Assemblea. Se da un lato la bozza della legge prevede che spese per i gruppi e per i dipendenti siano separate e decurtate del 20 per cento, dall’altro gli articoli che disciplinano queste norme potrebbero essere modificati sostanzialmente dagli emendamenti dei singoli parlamentari. Nel dettaglio, all’articolo 6, che prevede che i contributi in favore dei gruppi siano destinati alle sole spese organizzative e di funzionamento, sono state presentate diverse proposte di modifica, tra le quali proprio la riscrittura. L’emendamento a firma Savona prevede che il contributo annuale alle spese dei gruppi sia calcolato sommando l’importo di 5 mila euro per ogni deputato più 0,05 centesimi moltiplicati per la popolazione della Regione. Esattamente come previsto dal decreto Monti. Poi si passa al contributo per le spese del personale. Anche qui, Savona firma un emendamento che recepisce il decreto nazionale, anche se inizialmente la bozza votata dalla sua commissione prevedeva che il contributo restasse in vigore. Adesso, invece, potrebbe essere sostituito dalla norma che – “fatti salvi i contratti in essere” – , dalla prossima legislatura assegna un contributo ad ogni deputato per l’assunzione di un solo collaboratore “di categoria D e con posizione economica D6). Una proposta alla quale molti sono contrari, perché comporterebbe il licenziamento di buona parte del personale cosiddetto stabilizzato. In 27, infatti, (primo firmatario Toto Cordaro) hanno firmato un emendamento che prevede il mantenimento del contributo per le spese del personale, ma c’è anche la proposta di istituire un bacino ad esaurimento che comprenda i cosiddetti stabilizzati (Lentini) e quella di Gucciardi e Cracolici che assicura ai gruppi un contributo per l’utilizzo “del personale in servizio titolare di rapporti contrattuali con i gruppi”. Tutte proposte di modifica che potrebbero rivelarsi ‘inutili’ dal momento che la norma sul personale potrebbe essere stralciata dalla legge. Una lunga lista di emendamenti, firmati da Movimento 5 Stelle, Gucciardi e Cracolici, Falcone e anche Savona, punta invece alla soppressione dell’articolo 8 della legge, che decurta il contributo ai gruppi e alle spese per i dipendenti del 20 per cento.

Assegni di solidarietà e vitalizi
L’articolo 10 dispone la soppressione dell’assegno di solidarietà per i deputati. Al termine del mandato, infatti, ogni deputato riceve dal Fondo di solidarietà un assegno pari all’80% dell’importo lordo di una mensilità dell’indennità moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettivo (o frazioni non inferiori ai sei mesi). Per questo motivo, al deputato viene mensilmente trattenuto il 6,7% della propria indennità lorda. Sulla soppressione di questo assegno, solo poche voci discordanti: quelle dei deputati del Megafono Di Giacinto e Oddo, e quella della parlamentare Udc Anselmo. L’articolo successivo riguarda i vitalizi per i deputati. Viene confermato il ricorso al sistema contributivo. Ma i deputati del Movimento cinque stelle hanno anche proposta l’esclusione del beneficio per i condannati per mafia.

Il personale dell’Assemblea
L’articolo sul quale è piovuto il maggior numero di emendamenti, però, è il 12. Quello che riguarda i tagli sulle spese di funzionamento e sui costi del personale dell’Assemblea regionale. Il ddl era nato con la proposta di ridurre del 20% i costi nel triennio dal 2014 al 2016. Nella riscrittura, il risparmio è individuato sarà “non inferiore al 10%”. Prevista anche la riduzione della pianta organica di Palazzo dei Normanni. Proprio sulla “percentuale” del taglio da apportare, ecco una serie di emendamenti del Movimento cinque stelle che chiede di ridurre del 30% o del 50% le spese del Palazzo. Ma quegli emendamenti sarebbero già inammissibili: inciderebbero sul funzionamento stesso dell’Assemblea regionale. Come dire: va bene la Spending review, ma non esageriamo.

Pubblicato il

11 Dicembre 2013, 17:46

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