03 Febbraio 2011, 10:09
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E’ cominciata a Firenze l’udienza del processo per le stragi del ’93. E’ chiamato a deporre Gaspare Spatuzza. Unico imputato è il boss Francesco Tagliavia. ”Che sia un buongiorno per tutti..” ha esordito il pentito dopo aver preso posto nell’aula bunker. Spatuzza ha detto che intende rispondere alle domande dei pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi.
‘‘Sono arrivato in questa città, a Firenze, da terrorista, il nostro obbiettivo era colpirla nel cuore e ci siamo riusciti” sono state le sue prime parole. ”Oggi dopo 18 anni vengo come uomo e soprattutto come pentito – ha aggiunto Spatuzza – e intendo chiedere perdono che può non essere accettato, che può essere strumentalizzato ma dovevo farlo”.
Francesco Tagliavia “l’ho visto per la prima volta nell’86-87, periodo in cui eravamo partecipi per spingere il Partito socialista. C’è stato un incontro politico in Sant’Erasmo, in un ristorantino in via del Tiro a segno”. Questo il racconto del primo incontro di Spatuzza con Francesco Tagliavia, unico imputato nel processo. Spatuzza ne parla rispondendo alle domande del pm Giuseppe Nicolosi. ”Non era una persona comune, l’ho capito subito – ha aggiunto Spatuzza parlando di Tagliavia – , quel giorno era tutto vestito di nero, non so se gli era morto il fratello. Negli anni seguenti abbiamo poi fatto degli omicidi insieme”.
Dopo l’attentato di Firenze, Francesco Tagliavia avrebbe mandato a dire a Giuseppe Graviano di fermare le stragi, ha raccontato Spatuzza. Dopo l’attentato in via dei Georgofili a Firenze, “ci sono in atto dei doppi attentati – ha raccontato Spatuzza -, a Roma e a Milano. Me lo comunicò Lo Nigro. E qui iniziano i preparativi, macinatura e quant’altro. In questa fase, Lo Nigro mi comunica che Tagliavia vuole un incontro che avviene durante un’udienza nel tribunale di Palermo, nel quale siamo entrati da un ingresso secondario. Noto Francesco Tagliavia sul banco degli imputati, quando siamo entrati ha guardato noi e ci siamo salutati. Qui avviene il colloquio tra Tagliavia e Lo Nigro. Tagliavia mi manda un bacio a distanza muovendo il polso ‘a martello’: è un gesto in codice, è un bacio diretto a Giuseppe Graviano, che da bambino era soprannominato ‘martello’. Tagliavia in quel modo voleva far sapere a ‘madre natura’, altro soprannome di Giuseppe Graviano come boss, di bloccare tutta la fase dei Bingo, cioé come chiamavamo gli attentati”. “Io non me l’aspettavo – aggiunge Spatuzza – e non sono a conoscenza di come pervenne questo messaggio a Graviano. Per quanto mi riguarda, la questione stragista andò avanti”.
Il pentito Gaspare Spatuzza ha raccontato stamani nell’aula di Firenze che Giuseppe Graviano “menziona” Berlusconi, in un incontro, dopo le stragi, in cui lo stesso Graviano avrebbe detto: “abbiamo ottenuto tutto”. “Ci incontriamo – racconta Spatuzza, riferendosi a Graviano -, lui era gioioso, mi disse che avevamo ottenuto tutto grazie alla serietà di queste persone che non erano come quei quattro socialisti che ci avevano venduto nel 1988. Lui menziona nello specifico la persona di Berlusconi. Io gli dissi se era la persona di Canale 5 e lui me lo confermò e mi disse che c’era anche un suo compaesano, Marcello Dell’Utri”.
“Giuseppe Graviano mi disse: ‘Berlusconi e Dell’Utri sono gli interlocutori, attraverso queste persone ci siamo messi il Paese nelle mani””. Lo ha detto deponendo al processo di Firenze sulle stragi del ’93 il pentito Gaspare Spatuzza in relazione ad un incontro da lui avuto con il boss Giuseppe Graviano a Roma.
Sul fallito attentato nei pressi dello stadio Olimpico di Roma, per uccidere decine di carabinieri, il pentito Gaspare Spatuzza ha riferito che “dopo che Giuseppe Graviano notò una mia debolezza durante una riunione mi disse che ‘ci si deve portare dietro un po’ di morti, così chi si deve muovere si dia una mossà”. “Una situazione – ha continuato Spatuzza – che, secondo Giuseppe Graviano, se fosse andata a buon fine ne avremmo tratto tutti dei benefici, a partire dai carcerati”. L’attentato all’Olimpico però fallì perché l’autobomba non esplose.
In un incontro con altri mafiosi, Pietro Romeo e Francesco Giuliano, Gaspare Spatuzza ha raccontato di averli dovuto tranquillizzare dicendo che i Graviano “avevano puntato molto su questo soggetto politico che si stava formando, Forza Italia e Berlusconi”. Spatuzza l’ha detto ricordando che, in particolare Giuliano, alcuni esprimevano dubbi sull’opportunità delle stragi. “Così in una confidenza a tutti e due, Romeo e Giuliano, dissi a entrambi per tranquillizzarli che ‘siamo in mani buone, siccome era nato questo soggetto politico che si chiama Forza Italia”. L’incontro ci fu dopo l’arresto di Graviano e l’affermazione di Spatuzza “come reggente – ha spiegato il pentito – della famiglia di Brancaccio”. L’udienza è ripresa dopo una pausa di circa mezz’ora.
“Per quello che mi riguarda, nell’ ottica criminale, Capaci ci appartiene, via D’Amelio ci appartiene. Ma su Firenze, Milano e Roma entriamo in una storia diversa, è un terreno che non ci appartiene. Cosa Nostra non è così imbecille da andare in guerra senza le spalle coperte”. Lo ha detto il pentito Gaspare Spatuzza, oggi a Firenze, nella sua deposizione al processo sulle stragi del ’93 spiegando quanto aveva riferito di aver confidato a Graviano e Lo Nigro sul fatto che le morti di quelle stragi ”non ci appartengono”. “Dissi della bambina – ha detto Spatuzza spiegando perché definiva quelle vittime ‘morti che non appartengono’-, che poi non era una ma erano due, ma io l’ho saputo più tardi, questo era il nostro malessere tra noi: la piccola Nadia (Nencioni n.d.r), di cui ho saputo in questi ultimi anni, e l’altra è la sorella Caterina”.
Spatuzza, sempre ricordando quelle confidenze con Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Graviano, ha ribadito rispondendo al pm Alessandro Crini che “Giuseppe Graviano disse che era meglio che ci portassimo dietro un po’ di morti, così diamo una smossa, così chi si deve muovere si muove”. “In realtà Giuseppe Graviano aveva capito la mia debolezza di esprimere dei dubbi – ha aggiunto – sulle stragi che avevamo fatto. Per me, Graviano rappresentava ‘mio padre’, altrimenti sarei stato zitto perché nei rapporti tra mafiosi queste cose non si possono dire tanto più se sono state fatte o decise” dai boss. Spatuzza ha specificato che Graviano era ‘un padre’, nonostante siano pressoché coetanei, “nel senso che io gli ho dato la mia vita, l’ho messa nelle sue mani anche se solo un pazzo può pensare di andare dietro a Graviano. Per noi lui era paragonabile a ‘madre natura’, era il signore nel suo carisma, pensate quindi che mente perversa abbiamo avuto”.
Si è conclusa alle 17.20 nell’aula bunker di Firenze l’udienza in cui ha deposto come testimone il pentito Gaspare Spatuzza nell’ambito del processo per le stragi mafiose del 1993. Spatuzza ha risposto oggi alle domande dei pm Alessandro Crini e Giuseppe Nicolosi e alle parti civili. Il contro esame della difesa di Tagliavia, oggi appena avviato, proseguirà nella prossima udienza, fissata per il 9 febbraio.
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03 Febbraio 2011, 10:09