17 Luglio 2019, 19:17
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ROMA – “A Marsala non ci sono mafiosi o cosche mafiose in collegamento con Trapani o Palermo: qui c’è Costa Nostra. A Marsala c’è la mafia”. Lo afferma in audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia l’11 dicembre 1986 a Trapani, Paolo Borsellino, nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, ufficio nel quale si era insediato da appena tre mesi. “A Marsala, ritroviamo anche Bontade Giovanni, Stefano Bontade, Gallina Stefano, tutti i Madonia, famiglia mafiosa di Palermo; tutti si trovano in questo complesso residenziale con il proprio nome e cognome”, fa notare il magistrato.
“E’ una mia convinzione, basata però su dati di fatto, che la zona di Marsala sia diventata una specie di “santuario” delle cosche mafiose. Mi sono chiesto come mai Provenzano Bernardo JL, Riina Salvatore, capi riconosciuti di Cosa nostra, hanno l’uno parenti e l’altro grandi proprietà terriere a Castelvetrano”. “Il fratello di Riina Salvatore abita a Mazara del Vallo da circa 20 anni e, per una certa situazione riguardante le forze di polizia, pur sapendo che si recava ogni settimana a Corleone, non era mai stato fatto un pedinamento. E’ chiaro che Riina Salvatore, che ha dei figli che non si sa dove siano, un contatto con il mondo esterno, con la vita civile, deve pure tenerlo! Niente di strano che lo tenga attraverso il fratello, sul quale non si era fatto alcun accertamento. Io ho rilevato l’esigenza di farlo”. “A Marsala io sospetto, con la mia esperienza e con quello che posso capire, si ha una specie di santuario delle organizzazioni criminali mafiose di Palermo, cioè di Cosa nostra: sarebbe necessaria la presenza di uno staff investigativo e la possibilità di controllare il territorio. Allo staff investigativo si sopperisce con gente – che,ogni tanto in Italia si ha la fortuna di trovare – che sa lavorare e che una giornata di 24 ore la fa diventare di 48”. “Per la verità a Mazara del Vallo vi sono ottimi funzionari di polizia, i quali, con i mezzi a disposizione, le indagini le sanno fare. Però, i mezzi a disposizione quali sono, signor Presidente?”, chiede Borsellino.
“Sarebbero necessarie diverse ore per protestare contro la situazione di Marsala: mi sono trovato immediatamente a dover affrontare una assoluta smobilitazione della procura della Repubblica. Quando sono arrivato erano già stati trasferiti tutti i miei sostituti ed in questo momento ne trattengo, in regime di proroga, soltanto uno. A gennaio, solo uno di questi verrà sostituito. E’ chiaro che una situazione del genere non è quella che mi aspettavo, anche perché confidavo che il Consiglio superiore della magistratura provvedesse ad una immediata sostituzione”. Lo afferma in audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia nel dicembre 1986 a Trapani, Paolo Borsellino, nella sua qualità di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala, ufficio nel quale si era insediato da appena tre mesi. Il magistrato lamenta il fatto che, “malgrado il Consiglio superiore avesse approvato una risoluzione circa la particolare attenzione del Consiglio stesso nei confronti delle province interessate dal fenomeno mafioso, in realtà, poi, nella pratica attuazione dei fatti questa attenzione non c’è stata, in quanto furono messi a concorso due posti di sostituto procuratore di Marsala, ed essendo stata presentata una sola domanda della stessa persona per i due posti scattò il principio in base al quale, non essendovi legittimazione, in quanto l’interessato era da meno di due anni nella sede dalla quale desiderava essere trasferito, bisognava operare una comparazione tra le esigenze delle due sedi. Il Consiglio ritenne che le esigenze del tribunale di Mondovì (non ricordo bene la città) fossero più pressanti di quelle della procura della Repubblica di Marsala “tanto c’è Borsellino; se la sbrighi lui da solo!”. Borsellino è abituato a lavorare, ma non sa fare miracoli”, conclude. (ANSA).
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17 Luglio 2019, 19:17