E li chiamavano onorevoli

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25 Maggio 2009, 17:16

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Gianfranco Micciché

Secondo un celeberrimo aneddoto, l’agguerrita lady Nancy Astor, prima donna eletta al Parlamento britannico, si sarebbe rivolta a Winston Churchill in questi termini: “Sir Winston, se lei fosse mio marito, le metterei il veleno nel caffè”. Il primo ministro le avrebbe risposto, con humour di marca squisitamente british: “Signora, se io fossi suo marito, lo berrei”. Schermaglie verbali tra avversari politici, che nelle ultime settimane hanno caratterizzato anche il dibattito interno al centrodestra siciliano fino a sfociare nel de profundis per il primo governo Lombardo. Il tono e la cifra dello scambio di battute, però, non sono stati esattamente quelli di sir Winston, che probabilmente non si sarebbe mai sognato di dare dello “stigghiolaro” a un avversario politico e non solo per il fatto che le stigghiole non sono pietanza popolare per i sudditi di sua Maestà.
In questi giorni di primo caldo, la guerriglia verbale tra le leve del centrodestra nostrano ha abbondantemente superato il limite del buon gusto, spostando consistentemente l’asticella dell’indicibile in politica. E per come è andata a finire, la sfuriata di Francesco Cascio che aveva definito il governo Lombardo “il peggiore degli ultimi 15 anni” sembra quasi una perla di misuratezza. A lui Lombardo ha risposto prendendosela con gli “ascari della sua stessa maggioranza”.  Ma si era ancora nell’ambito del deja entendu. Il vetriolo si era fatto sentire anche quando Francesco Scoma aveva parlato della necessità di un rimpasto e il governatore aveva commentato definendo, col ghigno sotto i baffi, “una grave perdita” l’ipotesi dell’addio dell’assessore alla Famiglia. Ben più originale la perifrasi con cui Lombardo ha commentato il salto della quaglia del suo referente palermitano Totò Lentini, sedotto dalle sirene del Pdl: “La fretta che abbiamo usato nella selezione della classe dirigente, ci ha costretti a sottrarre elementi all’uscierato e a importanti professioni come quella dello stigghiolaro“. Chapeau.

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Ma siccome più scuro di mezzanotte alle volte può fare, l’escalation dell’insulto non s’è fermata qua. E nel weekend un esponente del governo nazionale, ovvero il focoso Gianfranco Miccichè, si è riferito al coordinatore del suo partito in Sicilia, parlandone come di un “farabutto” che “dice minchiate”. Alla salute. Al confronto le dichiarazioni dell’altro forzista Innocenzo Leontini che poche ore prima aveva accusato il compagno di partito Michele Cimino di “sfiorare il ridicolo” suonano come un buffetto affettuoso. Era dai tempi del poco rimpianto Alberto Acierno, che definì un illustre politico aennino “una flatulenza della politica” che i signori che un tempo si chiamavano “onorevoli” non si spingevano tanto in là. Alla fine si è arrivati al redde rationem di stamattina. Ma con due settimane piene di campagna elettorale ancora davanti c’è da aspettarsi ancora qualche perla degna della casa del Grande fratello.

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25 Maggio 2009, 17:16

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