23 Febbraio 2014, 19:13
3 min di lettura
di Nicoletta Castagni (Ansa)
ROMA – Con la morte di Carla Accardi se ne va la grande signora dell’astrazione italiana. Settant’anni di strenua e coraggiosa ricerca artistica dall’immediato dopoguerra, quando fu tra i fondatori di Forma 1 (il manifesto degli astrattisti), passando per la sperimentazione di linguaggi e materiali negli anni ’70 e per la militanza femminista (di cui fu antesignana), fino alla riscoperta a partire dal 2000 della ceramica con la realizzazione di quelle opere monumentali che hanno animato le sue ultime rassegne in Italia e all’estero. Mentre, nel 2011, alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania, ha riproposto il pavimento ‘sonoro’ nato in collaborazione con la rockstar Gianni Nannini, a coronamento di un’attività espositiva da sempre incessante (sono ancora in corso sue personali in numerose gallerie italiane), tanto che proprio in questi giorni stava preparando una mostra in Belgio. Nata a Trapani nel 1924, la Accardi approda giovanissima nella capitale (1946), dove, a soli 22 anni, si trova a condividere amicizia e lavoro con artisti del calibro di Consagra, Dorazio, Turcato, Sanfilippo (che sposa nel ’49), Attardi, Guerrini, Maugeri. Tra i firmatari del manifesto ‘Forma 1′, l’artista diventa presto uno dei punti di riferimenti per l’arte astratta. La sua prima personale è del 1950 alla Galleria Numero di Firenze, quindi espone a Milano, dove era nato il Mac, movimento arte concreta, al cui interno si muove negli anni successivi ideando una sua personalissima cifra. L’astrazione degli esordi trascolora infatti in una poetica del segno, essenzialmente in bianco e nero, etnico e minimale, che la mette in relazione con le ricerche dei maggiori rappresentanti dell’informale. Negli anni ’60 evolve il suo linguaggio e incentra la sperimentazione sul rapporto segno-colore, creando bicromie squillanti e luminescenti, che nel ’64 espone alla Biennale di Venezia, dove è presente con una sala personale.
Nota anche all’estero, grazie a mostre a Londra e New York (negli Usa collabora con Sam Francis, tra i protagonisti dell’espressionismo astratto), punta a dare una visione tridimensionale alla sua opera. Eccola dunque alle prese con installazioni in sicofoil , materiale che le permette di realizzare superfici trasparenti, in modo da accentuare la natura del quadro che si trasforma in diaframma luminoso. Suggestioni che molto influenzeranno in seguito il movimento dell’Arte Povera. La sua produzione artistica si affianca intanto con la militanza femminista, di cui è una pioniera. Con Carla Lonzi (la critica d’arte che l’aveva presentata alla Biennale del ’64) ed Elvira Banotti firma nel 1970 il Manifesto della Rivolta Femminile’, nel quale sono contenuti in nuce tutti gli argomenti d’analisi che il femminismo avrebbe fatto propri: l’attestazione e l’orgoglio della differenza contro la rivendicazione dell’uguaglianza, il rifiuto della complementarità delle donne in qualsiasi ambito della vita, la critica verso l’istituto del matrimonio, il riconoscimento del lavoro delle donne. Problematiche che l’Accardi aveva per prima vissuto sulla propria pelle anche come artista, unica donna in un ambito quasi esclusivamente (e ferocemente) maschile. ”La Accardi – ricorda Achille Bonito Oliva – ha operato in un’epoca di rinnovamento del nostro paese con un linguaggio personale e in un gruppo in cui era l’unica presenza femminile, sempre in un rapporto alla pari con altri pittori anche loro fuori dall’ortodossia”. E’ di nuovo alla Biennale nel ’76, nel ’78 (in tutto ci andrà per otto volte), prima di un’ulteriore svolta negli anni ’80-90, quando intraprende una nuova strada, non più abbandonata, che parte dalla tela grezza da cui emergono, con lapidaria energia, i suoi segni larghi e colorati, con diverse stesure cromatiche che ne determinano l’intensità. Opere bellissime, in cui non viene mai meno la voglia di sperimentare e di stupire, con quei colori fluorescenti, i segni stilizzati che si rincorrono sulla tela o sui materiali piu’ svariati, la trasparenza della plastica. E infine sulla ceramica, alla quale si avvicina con l’aiuto dell’amico Luigi Ontani, che le consente di creare nuove forme piccolissime o monumentali. Nel 1996 è nominata membro dell’Accademia di Brera e nel 1997 fa parte della Commissione per la Biennale di Venezia nel ruolo di consigliere. Nell’ultimo decennio ha ampliato la sua attività espositiva che l’ha vista protagonista di rassegne (nel 2003) al Castello di Rivoli e al Musee de la Ville a Parigi, nel 2004 con una grande personale al Macro.
Pubblicato il
23 Febbraio 2014, 19:13