16 Gennaio 2014, 17:45
2 min di lettura
(rp) Dicono che sia morto Salvatore Balistreri. E purtroppo è vero. In tanti conoscevano la sua tenacia: il coraggio che portava in giro su una sedia a rotelle. Aveva 63 anni. Era tra i fondatori dell’Associazione Siciliana Medullolesi Spinali. Diceva di sè, nel profilo dell’associazione: “Dal 1971 mi sono battuto da volontario a tutti i livelli istituzionali, locali ed internazionali per dare voce a chi non ce l’ha. Il mio impegno continua, affinché si possano realizzare sia Villa delle Ginestre che le Unità Spinali per la diagnosi, cura e riabilitazine dei medullolesi, e ancora per poter ottenere un’assistenza globale domiciliare, un trasporto adeguato e tutto quello che necessita ai para-tetraplegici in forma di pari opportunità”.
La sua è stata una battaglia lunga e faticosa, come tutte le lotte delle persone che definiamo “diversamente abili”, non trovando un altro modo per raccontare come le escludiamo dalla nostra vita. Salvatore bussava alle porte dei giornali, chiedeva di essere ascoltato. Siccome in tema di diritti era un tipo cocciuto, anche se avevi pagine da chiudere o pezzi ‘più importanti’ da scrivere, non era semplice congedarlo. Si aggrappava a ogni sia pure minima forma di disponibilità del suo interlocutore: a uno sguardo, a una mezza parola. E da quella mezza parola e da quello sguardo, strappava una promessa: d’accordo scriveremo. Che poi era un impegno serio. Per un ‘biondino’, per il collaboratore di un quotidiano alle prime armi, mantenerla significava inerpicarsi fino alla scrivania di un indaffarato caposervizio e tentare di spiegargli che fra le notizie del giorno sarebbe stato giusto trovare spazio alla voce piccola, ma niente affatto debole, di Totò Balistreri.
E Totò viaggiava con la sua carrozzina contro i mulini a vento. Contro il viso voltato di chi disabile non è, di chi non ha quel problema in famiglia. E viaggiava, pur di far comprendere che la disabilità non è solo un destino cinico e baro. E’ una relazione. Se spiani la via intorno a una carrozzina, i piedi resteranno congelati, però le ruote avranno una direzione. La cappa di oppressione nel petto sarà un po’ più lieve.
Per anni Salvatore ha viaggiato. Per anni non si è dato per vinto. E’ mancato per una crisi respiratoria. Il fiato non l’ha più aiutato ed è morto, lasciando sulla strada l’impronta del suo cuore.
Pubblicato il
16 Gennaio 2014, 17:45