10 Maggio 2012, 15:42
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C’era il fango a Saponara quel giorno. Inghiottì corpi e case. Piera Vinci fu investita dall’alluvione, il 22 novembre scorso. Luca, suo figlio, morì. Aveva dieci anni. E’ il bambino sorridente della foto. Noi avevamo già visto Giampilieri dopo la furia dell’acqua, secondo il registro del mestiere di cronista. Una lunga distesa marrone. Le macchine smembrate e sporche. Una girandola colorata su un balcone diroccato. Avevamo assaggiato una pasta a Messina, prima di immergerci nel lutto. Un’auto dei carabinieri all’imbocco del paese devastato. Il confine. Da lì, da quella porta, si passava in un altro mondo, in una terra di persone con lo sguardo sgranato. Tutto ciò che in tempi di quiete riporta alla tranquillità familiare giaceva, scosso, visibile o invisibile. Visibile nei volti di pietra della gente, nelle macerie. Invisibile nella cappa che premeva dal basso. Nessuno la sapeva indicare. Eppure c’era. A Saponara lo stesso.
Il 22 novembre morì Luca Vinci, il bambino di Piera. Morirono Giuseppe e Luigi Valla. Avevano ventotto e cinquantacinque anni. L’abitudine e la pelle provocano una reazione urticante maggiore quando muore un bimbo. Forse non è nemmeno giusto. Anche un uomo anziano considera la morte un grave torto e la sente ancora più infame se è accompagnata dalla noncuranza del prossimo: aveva ottant’anni, che volete. Il sole, il mare e il respiro mancano a tutti in eguale misura. A prescindere dall’età, la nostra vita è un gioco per scherzare con la fine e con il suo pensiero. La nostra pietà per i defunti ha un fondo di fastidio. Noi esistiamo. La commozione trabocca quando muore una piccola creatura, perché l’evento illumina la fragilità del cammino. Sbriciola le nostre sicurezze. Muoiono i bambini, i vecchi, i giovani, gli anziani, le donne, gli uomini, i cani, coloro che abbiamo amato, quelli di cui non ce n’è mai fregato niente. Balliamo accanto alla paura. Allora, socchiudiamo gli occhi. Parliamo con noi stessi. Cerchiamo chi abbiamo amato in riva al mare. Tentiamo di chiacchierare, credendo che qualcuno ci guardi, ci ascolti. E non sappiamo se il sussurro nel silenzio è una voce, o se è solo il bisogno di una voce. Vogliamo una risposta.
C’era il fango a Saponara. Inghiottì corpi e case. Piera Vinci fu investita dall’alluvione, il 22 novembre scorso. Luca, suo figlio, morì. Aveva dieci anni. E’ il bimbo che sorride nella foto.
Piera ha messo al mondo una bambina. Quel giorno d’acqua e disperazione era incinta e temette di perderla. Oggi è nata Letizia. Pesa quasi tre chili. Papà e mamma sono immersi nel silenzio, assai più lieve del fango. Hanno solo bisbigliato: siamo felici. Nella voce appena nata di Letizia non c’è la risposta che imploriamo, c’è una domanda in più. Come fa il dolore diventare felicità? E questa domanda è la nostra speranza più grande.
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10 Maggio 2012, 15:42