23 Dicembre 2015, 14:00
2 min di lettura
CATANIA- E’ scomparso dopo una lunga malattia il magistrato Giuseppe Gennaro, punta di diamante della Procura etnea, già presidente dell’Anm, che ha sostenuto l’accusa nelle più importanti inchieste celebrate a Catania.
Sue le indagini sui Cavalieri del lavoro catanesi, per non parlare della maxi inchiesta sul sistema degli appalti dell’Ufficio speciale emergenza traffico. Gennaro è stato tra i titolari dell’inchiesta che ha portato alla condanna di Raffaele Lombardo per concorso esterno in associazione mafiosa.
Intellettuale elegante e illuminato, giurista di altissimo profilo, Giuseppe Gennaro lascia un vuoto incolmabile nel palazzo di giustizia etneo. I funerali si svolgeranno domani alle 12 nella chiesa Madre di San Giovanni La Punta.
VIDEO: Gennaro parla della mafia catanese
Le reazioni.
L’Associazione Nazionale Magistrati di Catania ricorda Giuseppe Gennaro “che è stato per lunghi anni presidente nazionali le cui doti di rigore morale, eleganza e ingegno costituiscono un patrimonio che non verrà disperso”.
Enzo Bianco. “Catania rende omaggio a questo coraggioso magistrato che per oltre quarant’anni si è battuto a Catania per la Giustizia”. Lo ha detto il sindaco di Catania Enzo Bianco commentando la notizia della morte, a 73 anni, di Giuseppe Gennaro.
Bianco ha tracciato un ritratto professionale del magistrato, “che era stato Procuratore aggiunto di Catania, curando le più importanti inchieste di mafia, compresa quella sull’omicidio di Giuseppe Fava arrivando a individuare il suo assassino” e ricordando come “Alcuni contrastarono ingiustamente e duramente il giudice Gennaro, che era un vero galantuomo”.
Parlando di “autentica e profonda amicizia personale” nei confronti del magistrato, il Sindaco si è poi soffermato sul suo impegno prima, a metà degli anni Novanta, come componente del Consiglio Superiore della Magistratura, e, poi, a partire dal 2000, per due volte come presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati.
“Gennaro – ha detto Bianco – seppe tenere la barra dritta in un momento in cui gli scontri tra malapolitica e magistratura erano particolarmente duri. E lo fece, come era nel suo carattere, con onestà e fermezza. Doti che gli consentirono di agire a Catania con vigore soprattutto nei periodi bui in cui la mafia uccideva ed era nel pieno della sua forza. La nostra città gli deve molto e lo ringrazia”.
Pubblicato il
23 Dicembre 2015, 14:00