Sulla lite per il Megafono |si spacca il duo “CracoLumia”

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23 Luglio 2013, 06:00

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PALERMO – Nella scorsa legislatura erano così in simbiosi che avversari e detrattori per attaccarli li appalleavano con un unico nome, “Cracolumia”, crasi che saldando i loro cognomi suonava quasi come il nome di una creatura mitologica. Sono lontani quei momenti, direbbe il cantante di Zocca. Oggi, le strade di Beppe Lumia e Antonello Cracolici sembrano divaricarsi irreparabilmente. Solidissima coppia negli anni dell’avvicinamento del Pd siciliano al governo di Raffaele Lombardo, il senatore di Termini e l’allora capogruppo all’Ars furono in quel controverso periodo i principali registi dell’operazione che portò – i due lo rivendicano con orgoglio da allora – alla disgregazione dell’invincibile centrodestra isolano. Un tandem robusto che per lungo tempo ha marciato spedito, condizionando la linea del partito. Tra successi e sconfitte. Tra i primi, i tanti passaggi delicati nel dibattito interno al partito, in cui Cracolici e Lumia seppero portare anche i compagni più riottosi sulle proprie posizioni, sfidando a viso aperto anche i niet della segreteria nazionale, e poi la storica vittoria di Rosario Crocetta alle regionali, con una candidatura nata in estate, da principio come una sfida al resto del partito e della coalizione, passando per la vittoria del loro candidato Fabrizio Ferrandelli alle primarie palermitane contro Rita Borsellino. Non mancarono i passi falsi. Come la sconfitta al congresso, quando il duo corse con la candidatura di Beppe Lumia contro Giiseppe Lupo e contro il candidato bersaniano appoggiato da Roma, Bernardo Mattarella. O come la disfatta del tentativo di silurare lo stesso Lupo con una sfiducia che naufragò clamorosamente.

Altri tempi. Oggi, tra i due ex compagni di viaggio c’è di mezzo il Megafono, il progetto portato avanti da Lumia e Rosario Crocetta, che ha portato scompiglio nel Pd. E che ha spinto Cracolici, in sintonia con le altre correnti del Partito democratico, ad assumere posizioni intransigenti contro la “doppia militanza” dei dirigenti che si dividono tra i due partiti. Una doppia militanza che Cracolici, con un’efficace trovata retorica, ha accostato al concetto di “bigamia”. Un allontanamento, quello che si è consumato tra la coppia democrat protagonista della precedente legislatura, che ha preso le mosse già dalle prime battute dell’era Crocetta. In particolare con la formazione del governo, che non ha premiato gli uomini più vicini a Cracolici e che ha avvicinato sempre di più Lumia a Crocetta. Tra i due, il governatore gelese e il senatore termitano, la sintonia è antica e pare inattaccabile. “Vediamo quanto durerà questo governo”, disse Cracolici commentando la genesi della giunta crocettiana, manifestando da subito le sue perplessità.

Il resto è storia recente. E arriva allo scontro, durissimo, delle ultime ore. Che ha avuto il suo apice nella direzione di sabato scorso. Lumia e Crocetta hanno tenuto il punto, contrattaccando, e difendendo le ragioni del progetto Megafono nella logica di un partito “che si apre alla società senza chiudersi in sé stesso” e votando contro il documento approvato dal partito. Cracolici e le altre correnti, ricompattate dopo mesi di schermaglie, si sono invece espressi per la linea dura.

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È questa clamorosa separazione una delle immagini simbolo della spaccatura interna al Pd. Una polemica, quella legata al Megafono, che non accenna a placarsi e che ieri ha conosciuto l’ennesima puntata, con il botta e risposta tra Faraone e Forzese e con l’uscita di Tonino Russo che ha tirato fuori il moduli per il tesseramento al movimento crocettiano.

Intanto, oggi sulla vicenda si attende un pronunciamento della commissione di garanzia, l’organismo nazionale del partito, presieduto da Luigi Berlinguer, chiamato in causa da un ricorso di Mirello Crisafulli. È possibile che la commissione si limiti ad annunciare l’intenzione di procedere a delle audizioni. Ma non è escluso, invece, se la documentazione sarà ritenuta sufficiente, che si arrivi a un pronunciamento definitivo. L’impressione diffusa nel partito siciliano è che non sarà domani il giorno della decisione di Roma. “Si tratta di sancire un principio dello statuto – commenta lo stesso Crisafulli –. E cioè che non si può militare in due partiti. Su questo la direzione di sabato è stata esplicita. E alla prossima riunione di direzione è chiaro che se, non hanno deciso, questi dirigenti non possono partecipare”. Crocetta dal canto suo sembra già pronto al “peggio”: “Se vogliono cacciarmi lo facciano pure, se vogliono farmi passare per un eretico, io da sempre sono stato un eretico”, ha detto ieri al governatore.

 

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23 Luglio 2013, 06:00

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