31 Marzo 2013, 08:03
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Tenuto in un piccolo vaso, un pesce rimane di dimensioni ridotte. In un vaso più grande il pesce raddoppia o triplica le sue dimensioni. La credenza, la fede, sono come il pesce e sta a noi decidere se vogliamo una boccia con un piccolo pesce o un acquario. Oggi avere fede è più difficile che mai. Progresso scientifico, istruzione ma anche (pessime) esperienze di vita ci hanno resi cinici abitanti di un mondo senza magia. Qui non si ha più il tempo per chiedersi se il lieto fine esista ancora e ci costruiamo realtà alternative basate sulle nostre stesse esigenze e preoccupazioni, concludendo con lo scegliere se credere o no in qualcosa. Nella nostra personale visione delle cose decidiamo cosa sia buono o cattivo, reale o irreale, adattando di volta in volta la risposta al nostro stato d’animo. Questo ci permette di sentirci forti, avvolti in una cortina di miscredenza e riserva, ci permette di poter dire, domani, ‘non ci ho mai creduto’. Come se importasse a qualcuno.
Cento, mille volte nel corso della vita ci troviamo al bivio davanti al quale necessariamente dobbiamo scegliere se avere fede o meno in qualcuno, in qualcosa. Chi si appella alla mente, chi sragiona ragionando sulle cose, non possiede altra forza che la rinuncia. Gli occhi di una persona che non ha difficoltà a vedere la magia sono quelli pieni di luce, sono quelli di chi nelle ultime sere non ha sorriso quando ha sentito dire che affacciata al campanile c’è una donna che prega. Tolta la curiosità, tolto il misticismo, tolta l’ignoranza o il segno della croce fatto dando le spalle al mosaico del Basile, si sta parlando di una scelta. Questa scelta non riguarda solo il rapporto che si ha con la religione o, più probabilmente, l’assenza di esso. Ho sentito personalmente alcune persone dire ‘più sei stupido e più sarai felice.’ immagino che la stupidità sia una garanzia perché non ti obbliga ad interrogarti su nulla. Invece, un’intelligenza nella media o una cultura universitaria ti costringono a rigirare e ricamare e scomporre qualsiasi cosa fino a trovarne finalmente il brutto, così da essere preparati al peggio.
L’approccio scettico alla vita ti consente di sapere perfettamente cosa è vero e cosa non lo è, il perché di un qualunque fenomeno, perché qualcosa finirà o nascerà. Siamo pronti a ogni evenienza, soprattutto, chiaramente, a quelle negative. Siamo al sicuro, dentro la nostra corazza, stiamo ben lontani dalle brutture del mondo, dalle cattiverie della gente e dai pali in faccia che il futuro ha in serbo per noi, trovando anche cinque minuti per ridere di chi vede il mondo da altre prospettive, più belle. Attenzione, lo so bene che la sagoma sul campanile non è altro che un gioco di luci, ma credo ugualmente che qualcuno lì in mezzo abbia visto in quelle luci una donna pregare e lo scintillio nei loro occhi mi ha fatto venire voglia di essere anche io un po’ più stupida. Volevo quell’emozione, la desideravo, ma non è arrivata se non attraverso l’ardore di chi avevo intorno.
Filtrare le cose, vedere il bello, il magico, non significa essere ottusi e non è detto che si debba farlo sempre. Basta essere pronti a vederla, sapere che esiste, la magia delle cose. I sogni del resto non si costruiscono sul sospetto della ragione. Non ha basi solide e farebbe franare tutto con la prima pioggia. Restare lì a rinunciare prima del tempo è rinunciare a credere anche a quel poco di magia che la nostra epoca ci consente di saper riconoscere. È come leggere la trama di un film prima di andarlo a vedere, come andare a guardare le ultime due pagine del romanzo, o camminare a piedi indossando il casco, o non assaggiare un cibo nuovo, o uscire con l’ombrello aperto in maggio. Certo, potrebbe piovere, potrebbe venir giù acqua a secchiate per giorni e giorni manco fosse una punizione divina, ma anche no, e comunque così ti stai perdendo uno strepitoso cielo azzurro.
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31 Marzo 2013, 08:03