È un Palermo incerottato - Live Sicilia

È un Palermo incerottato

Nella prestazione offerta a 'San Siro' contro il Milan delle creste la formazione rosanero ci mette il solito cuore rimediando però solo botte. E la B è ormai ad un passo.

IL PROCESSO DEL LUNEDì
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Col mento vistosamente incerottato, Fabbrini incarna alla perfezione questo Palermo, colpito, anzi strapazzato per l’ennesima volta più dai suoi arcinoti limiti tecnici e caratteriali che dal valore dell’avversario, un modesto Milan, che è così maldisposto e arruffone che, attacca attacca, ma stenta perfino a tirare in porta. E le sole due volte che ci riesce, deve aiutarlo il Palermo, con due interventi maldestri (voglio essere generoso) di Aronica. Già, Aronica, l’unico palermitano della squadra e, per anzianità di servizio, il più esperto giocatore rosa in campo. Ma il calcio sa essere crudele e sceglie sempre le sue vittime tra quelli che non te l’aspetteresti mai. Proprio il più navigato dei giocatori rosanero commette i due errori marchiani che “costringono” il Milan prima a passare in vantaggio (calcio di rigore) poi a raddoppiare. E sempre con Balotelli, certo non un Balotelli stratosferico, tipo Italia-Germania dell’ultimo Europeo, ma sempre un giocatore di classe, capace di sfruttare il poco o tanto che la partita gli mette a disposizione.

Ma dicevo di Fabbrini e il suo mento spaccato, senza che l’arbitro fischiasse la punizione per il Palermo: “Tanto a che gli serve?” – si sarà chiesto il dinoccolato Peruzzo di Schio . Come dire che pur contro un Milan tenero come un grissino (come scontasse ancora gli effetti della quaterna subita dal Barcellona), il Palermo ha solo ruminato calcio, senza mai rendersi veramente pericoloso, tranne che in un contropiede, interrotto da Zapata con un intervento al limite dell’area, che avrebbe potuto meritare il cartellino rosso: ad esser severi col Milan e generosi, molto generosi col Palermo. Ipotesi entrambe surreali, perché un Peruzzo qualsiasi, in casa del Milan, non gli fa certo uno sgarbo, solo per compiacere alla cenerentola del campionato. Se lo meritasse, almeno, quest’ultima, invece di continuare a giochicchiare come fosse già salva e non gliene potesse fregar di meno se perde un’altra partita, senza neanche sudarsela. Di più, anzi di peggio: senza neanche provarci veramente.

Cioè senza dannarsi l’anima, senza sputare sangue e veleno, senza… vergogna. E so di essere pesante, ma – come diceva il grande Totò – ogni limite ha la sua pazienza e la mia ha esalato l’ultimo respiro domenica scorsa, immediatamente dopo il rigore della vittoria del Siena al “Barbera”.

Limiti tecnici implacabili e limiti caratteriali, un gran bel mix per andare spediti in serie B e non potere neanche imprecare alla malasorte. Che c’entra come i cavoli a merenda (mi si scusi l’ennesima “citazione colta”, dopo quella del principe De Curtis, ma mi succede quando devo sparare a zero contro la mia squadra del cuore e non so dove sbattere la testa, per trovarle un appiglio qualsiasi), visto il livello tecnico del Palermo davvero modesto: cambia pure l’allenatore ogni due –tre partite, cambia pure i sette undicesimi della squadra, quel che ne viene fuori è sempre di una mediocrità sconfortante. Da ultimo posto in classifica, appunto. E lo dico sin da questa estate, dopo il fuggi fuggi generale degli ultimi baluardi del Palermo che fu (Migliaccio, Balzaretti, solo per citarne alcuni), cui subentrarono – oh quante volte l’abbiamo ripetuto! – i vari Ujkani, Garcia, Morganella, Von Bergen: tutti ragazzi di buona volontà e poco altro. Con rispetto parlando, perché quello è sacro e non mi permetterei mai di infierire, perché per me le persone vengono prima dei professionisti. Sempre, nel bene e nel male. Questo tourbillon di allenatori non è servito a nulla, tranne suscitare l’ilarità dell’Italia calcistica, dal nord al sud: certo non ha giovato in alcun modo alla squadra, costretta a ricominciare quattro volte con un allenatore, un metodo di preparazione e un sistema di gioco sempre diverso: da Sannino a Gasperini; da Gasperini a Malesani; da Malesani di nuovo a Gasperini e da Gasperini di nuovo a Sannino. Io dico che ci stanno perdendo la testa non solo i giocatori ma pure gli allenatori, costretti di volta in volta a ricominciare un discorso avviato e sempre interrotto.

E spesso non una sola volta (leggi Gasperini e, ora, leggi pure Sannino). Appunto, Sannino, l’ultimo arrivato, che poi sarebbe … il primo: si è ripresentato con il 3-5-2 di gasperiniana memoria, ma con un tocco solo suo: il ritorno di Donati a centrocampo. Che poi sarebbe il suo ruolo naturale e collaudato, se nel frattempo non se ne fosse dimenticato, costretto com’è stato per mesi e mesi a “reinventarsi” come centrale di difesa. Che confusione, ragazzi! Un caos indescrivibile che ha aggravato irrimediabilmente i già avvilenti limiti tecnici e caratteriali della squadra. Se poi a cinque dall’inizio ci metti il fallo, tanto vistoso quanto inutile, del più esperto della truppa rosanero – Aronica – e passi in svantaggio su rigore (il nono di questa disgraziatissima stagione, col Palermo secondo solo al Parma, che ne ha subito uno in più) il quadro si completa da sé: è fatta, è serie B, qui non ci vogliono, conviene farcene una ragione tutti, tifosi, dirigenti e tecnici e resettare il tutto per la prossima stagione di B. Intanto un colpetto l’ha dato Sannino, rispolverando, seppure negli ultimi minuti e quindi tardivamente, Viola, che era stato dimenticato in tribuna col Siena da Gasperini, anche se ormai in panchina ci puoi mettere anche dodici rincalzi, pronti a subentrare.

Un colpetto, dicevo, ma già sa di preparazione dalla prossima stagione di B, quando un giovane di talento come Viola, regista arretrato dai piedi buoni, può riscattarsi alla grande e dimostrare che averlo tutti trattato per quasi un’intera stagione ( e malgrado la mediocrità generale e nel suo ruolo in particolare) come un giocatore inutile alla causa rosanero, sia stato una delle “sviste” più gravi fra le tante registrate finora. Che si lasci lavorare in pace Sannino per queste ultime nove partite da giocare, che non si inventino super ritorni speciali, non ne abbiamo bisogno: ora serve solo riordinare le idee e finire con dignità questo campionato. Possibilmente rialzando la testa con qualche bella vittoria. Per il rispetto che merita la maglia che indossano, questi giocatori, ce lo devono, dal primo all’ultimo, da capitan Miccoli all’ultima riserva. E io spero, anzi mi sbilancio una volta di più: io credo che proprio tutti, da capitan Miccoli all’ultima riserva, da domenica 30 marzo contro la Roma giocheranno col sangue agli occhi e, dove non arriveranno con la tecnica e il tocco sopraffino, compenseranno col cuore. Finalmente, col cuore. Incerottati sì, come Fabbrini ieri, alla fine, ma spernacchiati mai più: noi tifosi, quelli veri, quelli che ci sono sempre, nel bene e nel male, non lo meritiamo.


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