Ecco come si vive in cella| L’iniziativa di ‘Carcere possibile’

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03 Novembre 2013, 12:25

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PALERMO – Una cella 3×3, spazio vitale appena sufficiente per una sola persona, trasformata in dimora per circa otto detenuti. Quando va bene. Già perchè, spesso, il numero supera di gran lunga le aspettative e allora si passa al gioco sadico del “riempi finchè è possibile”. Peccato che le “cose” con cui riempire i metri quadri di superficie disponibile siano in realtà esseri umani.

La precaria condizione di vivibilità dei detenuti in Italia, il paese con le carceri più sovraffollate dell’Unione europea, è uno dei nodi più difficili da dirimere ancora oggi nello Stivale. Convivenza forzata, spazi angusti e insufficienti, aria viziata, carenze igieniche con i servizi igienici posti, spesso, a pochi centimetri dal piano cottura e dalle brande. Insomma chi sta dietro le sbarre deve adattarsi e accettare passivamente la situazione. E’ questa l’immagine che traspare dopo aver trascorso pochi minuti all’interno della cella simulata in piazza Castelnuovo, a Palermo, dall’associazione “Il Carcere Possibile” in cui il respiro manca e sembra di soffocare. Tutto in barba all’articolo 27 della Costituzione italiana, dunque, secondo il quale “le pene non devono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

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“I detenuti sono uomini non numeri”, lo ripetono in tanti, ci si riempie la bocca. Poi, però, lasciando da parte le belle parole e osservando da vicino la situazione ci si accorge che il quadro generale del problema è davvero inquietante. La difficoltà maggiore è proprio quella di dividere la superficie e l’aria a disposizione. E cosi scattano i turni per dormire e, perfino, quelli per rimanere alzati. “I detenuti in piedi devono avvicendarsi con quelli che stanno a letto – spiega Silvano Bartolomei, avvocato della camera penale di Palermo e membro dell’associazione “Il Carcere Possibile” -. Dobbiamo sensibilizzare le istituzioni, far capire che il problema che ci troviamo di fronte non è da sottovalutare e va risolto nell’immediato”. L’obiettivo della onlus è quindi quello di portare all’esterno la voce dei detenuti e sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema del sovraffollamento delle carceri. “La cosa più devastante è quella di avere la tazza nella stessa stanza – prosegue -, la privacy viene violentata costantemente. I condannati devono espiare la pena, è vero, ma non dovrebbe mai essere calpestata quella dignità che tutti gli uomini hanno e che durante un periodo detentivo spesso e volentiri devono sacrificare. E’ inaudito tutto questo”. E così il livello di decessi all’interno delle carceri registra livelli sempre più drammatici. “Gli atti di autolesionismo sono sempre più diffusi – conclude Bartolomei -. I detenuti più fragili, non riuscendo a reggere lo stress e non sopportando più le condizioni di vita a cui sono costretti, arrivano a compiere il gesto estremo del suicidio”. Dal 2000 a oggi sono 2.170 i morti dietro le sbarre di cui oltre un terzo, 778, per suicidio.

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03 Novembre 2013, 12:25

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