15 Dicembre 2013, 06:00
6 min di lettura
CATANIA – Le varianti allo strumento urbanistico per eccellenza, il piano regolatore generale, avrebbero permesso insieme a un collaudato meccanismo basato, secondo l’accusa, su mazzette, affidamenti diretti e amici compiacenti, la creazione di un vero e proprio “sistema Mascali”. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip di Catania Anna Maggiore in merito alla posizione dei due pubblici ufficiali indagati, l’ex sindaco Filippo Monforte e l’ex presidente del Consiglio comunale Biagio Susinni, scrive: “hanno continuato ad utilizzare in modo distorto la “funzione pubblica” per realizzare profitti personali illeciti con modalità invero spregiudicate”, nonostante le precedenti condanne passate in giudicato per abuso d’ufficio, interessi privati in atti d’ufficio e falso, reati commessi negli anni ‘90.
Un vero e proprio modus operandi che negli oltre 20 anni trascorsi non sarebbe mai cambiato. “Al Susinni – si legge ancora nell’ordinanza – sono contestate ben sette fattispecie di corruzione che comprendono un vasto arco temporale dagli anni ‘90 fino al 2012…mentre al Monforte sono contestate tre fattispecie di corruzione di cui una prescritta e le altre due risalenti invece al recente 2011 quando egli ricopriva la carica di Sindaco di Mascali”. Secondo l’accusa sarebbero due in particolare gli episodi corruttivi aggravati dall’aver agevolato gli interessi economici del clan Laudani tramite il referente dell’area pedemontana Alfio Romeo, anch’egli finito in manette martedì scorso. Biagio Susinni è stato sentito venerdì mattina dal Gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia alla presenza dei difensori di fiducia Antonino Lattuca ed Enzo Iofrida.
PRIMO EPISODIO. Per la realizzazione di un albergo di 95 stanze, nell’area adiacente al ristorante “Liperus”, in contrada Terre Morte di Piedimonte Etneo, si sarebbe mosso nel 2009 l’allora presidente del consiglio comunale di Mascali Biagio Susinni. L’affare interesserebbe personalmente il boss Alfio Romeo. Il terreno in questione intestato fittiziamente, secondo l’accusa, alla figlia di Carmelo Nicodemo, anch’egli raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare e ritenuto prestanome del boss dei Laudani, sarebbe in realtà riferibile allo stesso Romeo.
Ma ben due richieste di concessione edilizia vengono rigettate dall’ufficio tecnico comunale di Piedimonte Etneo, prima nel 2002 e poi nel 2005, poiché contrastanti con il vigente piano regolatore. L’area in questione è classificata come zona agricola. Nel 2009 Biagio Susinni, secondo la Procura di Catania, a fronte della promessa di versamento della somma di 5000 euro da parte di Romeo e Nicodemo, si dice pronto ad intervenire sugli organi regionali e comunali competenti per far adottare la necessaria variante al Prg.
Nell’ultima istanza presentata nel 2009 sarebbero state appositamente alterate anche le volumetrie con l’obiettivo, scrive il gip nell’ordinanza, “di far apparire insufficienti le aree disponibili nel piano regolatore vigente”. Nel corso di una conversazione intercettata all’interno del ristorante Liperus nel 2009, Susinni dice a Romeo: “devo fare un atto! …… mi servirebbero 5.000 euro! Come siamo combinati?…”. L’ex presidente del Consiglio comunale insiste: “con coso, con MELO, come siete rimasti? Per fare là? siamo pronti! con il discorso dell’albergo ………. sono stato a Palermo….. ho parlato con il tecnico! Ci sono andato! L’ha detto a lui! L’ho detto….passa! Se partiamo … passa! Cioè, se si imposta … passa! Sia di qua che a Palermo!…”. Romeo gli risponde “lunedì mattina farò di tutto per farle questa cortesia!…………… sempre a disposizione!”
Secondo l’accusa quel denaro sarebbe servito a garantire il buon esito della pratica con l’interessamento di Susinni presso gli organi regionali. Anche secondo il Gip sarebbe evidente “il nesso di corrispettività tra il versamento della somma di denaro richiesta e il compimento dell’atto contrario ai doveri d’ufficio”. Nel 2010 il dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Piedimonte Etneo avalla il progetto e in una nota indirizzata al sindaco chiede l’approvazione di una variante al Prg. Il procedimento amministrativo per la creazione dell’albergo verrà interrotto però nel 2010 dall’arresto di Romeo e dal concomitante sequestro dell’intera area in cui avrebbe dovuto sorgere l’albergo.
SECONDO EPISODIO. La realizzazione del complesso residenziale “Prato del mare” in un terreno di contrada Auzanetto a Mascali è al centro del secondo reato corruttivo aggravato, contestato ad alcuni degli indagati dell’inchiesta “Town hall”. Nei primi anni ’90 Biagio Susinni, allora sindaco di Mascali, avrebbe prospettato al proprietario del terreno in questione la possibilità di un intervento per mutare la destinazione urbanistica dell’area, da agricola ad edificabile. In cambio avrebbe chiesto il 30% del valore dell’immobile. Nel luglio dello stesso anno il consiglio comunale di Mascali e poi la Regione approvano il nuovo Programma di Fabbricazione. Quel terreno viene inserito tra le zone edificabili.
Secondo il gip Susinni e Monforte, quest’ultimo nella veste di presidente del Consiglio comunale di Mascali, intervengono nel procedimento “commettendo un atto contrario ai doveri d’ufficio, pur non essendo necessariamente illegittimo (ovvero geneticamente viziata per essere stata adottata in violazione di legge o di regolamento)”. L’iter si interrompe bruscamente nel marzo del ‘91con l’arresto dei due indagati. Ma 21 anni dopo, secondo l’accusa, Susinni ripropone al proprietario del terreno la vendita dell’immobile ad un suo amico, indicato in Carmelo Nicodemo. Il prezzo pattuito è di 800mila euro. 300mila, secondo la Procura, verrebbero poi versati in contanti da Nicodemo, i restanti 500mila con assegni circolari dell’amministratore unico della Gesim Costruzioni srl, Alfio Luciano Massimino. Sarà proprio quest’ultimo ad assicurare, sempre secondo l’accusa, la cessione di alcuni appartamenti oltreché a Susinni e Monforte, anche a Carmelo Nicodemo, per conto di Alfio Romeo.
Nel 2002 la Gesim Costruzioni s.r.l. ottiene anche le licenze edilizie ed inizia ad edificare il complesso immobiliare composto da 50 appartamenti, ultimando i lavori nel 2006. Quattro alloggi, stando agli accertamenti compiuti dai carabinieri della Compagnia di Giarre, vengono ceduti alla famiglia di Nicodemo e due a Susinni. Alfio Luciano Massimino avrebbe così, secondo l’accusa, onorato gli impegni assunti negli anni ’90 dall’impresa edile gestita all’epoca dalla precedente generazione dei Massimino. Non nel caso di Monforte. Massimino infatti non avrebbe corrisposto all’ex sindaco quanto pattuito. Nel 2009 Monforte si sarebbe rivolto addirittura ad esponenti della criminalità di San Giorgio a Catania per ottenere quanto promessogli. Come risulterebbe da una conversazione intercettata, nella quale Alfio Romeo dice a Carmelo Nicodemo: “mi hanno mandato a chiamare persone di Catania, di San Giorgio, che forse Filippo Monforte si è rivolto a questi qua, questi sono andati a cercare il “cavaliere”…”, nome con il quale veniva chiamato, secondo l’accusa Alfio Luciano Massimino.
E Nicodemo risponde: “ma lui ha chiuso tutte cose con me e con Biagio, non con gli altri…”. E poi prosegue: “La nostra partita è chiusa, la nostra partita è chiusa… ognuno si tira il suo diritto, Alfio, io non è che mi posso mettere a tirare il diritto a Filippo Monforte e a Giovanni Costanzo e a Pippo Pollicina, sto dicendo dei nomi……… io mi posso tirare il mio “filagno” siccome io ero con Biagio, mi sono tirato il mio “filagno” e quello di Biagio”.
La corruzione nel caso di Susinni si sarebbe consumata, secondo l’accusa, tra gli anni 2007 e 2008 con la cessione degli immobili. Per Monforte, invece, sempre secondo la Procura di Catania, nel momento in cui l’ex sindaco si è rivolto agli esponenti della criminalità catanese per ottenere gli immobili promessi. Tesi quest’ultima non condivisa dal Gip, nella cui ordinanza si legge “la promessa non è stata comunque mantenuta sicché il reato si è perfezionato con la sola accettazione della promessa –nella specie risalente agli anni 1990- che identifica il momento di consumazione del reato”. Per questo, prosegue il giudice nell’ordinanza, “nei confronti del Monforte il reato deve intendersi già prescritto”.
Monforte è stato comunque raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere per altri episodi corruttivi.
Pubblicato il
15 Dicembre 2013, 06:00