04 Maggio 2014, 05:02
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La primavera è arrivata anche nella casa di Laura, grazie al sostegno dei catanesi, coinvolti in una vera e propria maratona, nella quale ha corso anche Salvo La Rosa e la trasmissione “Insieme”. Adesso la giovane studentessa catanese, rimasta colpita durante una folle sparatoria a due passi dal’università, si sta concentrando per costruire un futuro migliore.
Siamo stati con lei un pomeriggio di pochi giorni addietro ed è stato emozionante vedere gli occhi lucidi di Laura nel momento in cui il lenzuolo che custodiva la tela dipinta dal catanese Claudio Arezzo di Trifiletti veniva dallo stesso scoperta. Un appuntamento al buio – per così dire – ma sembra che i due, Laura e Claudio, si conoscano da sempre. Claudio porta con sé la tela lungo le strade di città, a piedi. L’ultima passeggiata en plein air prima di <trovare casa>. La vista di una tela molto grande che ondeggia secondo il vento pomeridiano incuriosisce i passanti e qualcuno, prontamente chiede di dare un aiuto. Claudio e la sua arte, respirano a pieni polmoni, prima di raggiungere la meta. “Lungo il tragitto – racconta Claudio – ho osservato il cielo, quasi interrogandolo. Chissà come sarà conoscerla – mi sono chiesto. E’ un onore ricevere le attenzioni dei tuoi occhi così vivi, così veri. Sono gli occhi di una figura quasi santa” – conclude timidamente, osservando Laura.
E una luce piena, radiosa in quel momento riempie il soggiorno di casa Salafia, alla presenza dei genitori, commossi dell’affetto ancora una volta dimostrato alla figliola, e di Marcello, colui che si prende cura di Laura quotidianamente. Imprints è una tela imponente, 180 x 140 le cui dimensioni impongono una riflessione circa la scelta della parete che le darà ospitalità. E invece la risposta è chiara immediatamente a tutti: la parete posta di fronte la camera da letto, fino a ieri occupata da una stampa raffigurante Charlie Chaplin. Una tela che trasuda passione, che esprime un travaglio interiore. Su cui è raccontato un lungo viaggio, che ha un inizio ma non una fine. “Ognuno di noi può vedere in esso qualcosa, dipende dallo stato d’animo del momento. Quasi per gioco, elenchiamo gli oggetti che ci appaiono. E sono tanti, tutti diversi. Io vedo un leone – evidenzia l’autore – simbolo di forza che rappresenta la tua persona”.
Laura sorride e aggiunge: “Un leone che a volte ruggisce e a volte dorme, in un’alternanza faticosa. Che non può progettare ma, semplicemente, gioire dell’istante che vive”. Molto ancora scoprirà Laura in quel quadro chiacchierone che potrà farle compagnia nei momenti di sconforto. “Nel tempo – afferma Claudio guardandola dritto negli occhi – riuscirai a cogliere il significato più intimo di questo progetto”. Già. Perché <Imprints> nasce all’indomani di un calpestio da parte dei catanesi in visita al Chiostro dei Minoriti, in occasione del Pop Up market di qualche settimana fa. La storia della tela testimonia la volontà dei catanesi di stringere forte Laura, sostenendola per l’offesa subita, ingiustamente. Due sole opere di Claudio Arezzo sono state realizzate a Catania e una di queste spetta, di diritto, a lei. I colori pastello del rosa e del lilla caratterizzano l’opera e sono i preferiti di Laura. Ma Claudio lo apprende solo quel pomeriggio. Per la verità, in fase di realizzazione, non era al corrente che ‘Imprints Catania’ fosse proprio per lei. La richiesta di una performance cittadina segna l’inizio. Poi, tutto il resto è affidato al caso. “Un legno che è caduto nel fiume – afferma Claudio – come il pensiero di omaggiarla a Laura”.
Vibrazioni, anime che si incontrano. Impronte umane. Claudio si avvicina alla tela e, mostrandone il retro, racconta: “Dopo quella realizzata a New York, su questa tela è impresso il maggior numero di impronte umane”. Domenica scorsa, infatti, una lunga telefonata tra me e Claudio. Si parla del più e del meno, con voli pindarici che solo con l’amico-artista riesco a fare. Ci salutiamo, soddisfatti, con la promessa di incontrarci per inaugurare la <stagione delle granite>. Trascorrono pochi minuti quando ha inizio una seconda conversazione. “Ti è venuta voglia di pistacchio o gelsi? – esordisco ridacchiando.
“Voglio incontrare Laura Salafia, di cui tanto mi hai parlato. Ho un regalo per lei”. “Perché proprio a me – racconta flebilmente Laura. Me lo sono chiesto tante volte. Chissà perché un artista di cui avevo letto tante pagine desiderava incontrarmi. Ero sorpresa e, lo ammetto, anche un po’ incuriosita. Oggi ne capisco la ragione: c’è un flusso di energia molto forte che ci stiamo scambiando”. Buio e luce. Luce e buio. In un’alternanza imperfetta scandita dal tempo. Contrasti violenti visibili agli animi più sensibili, come quello dell’amica Laura. “Ognuno di noi – afferma dolcemente – porta la sofferenza dentro. E’il modo in cui riusciamo ad affrontarla che ci contraddistingue. C’è chi la affronta e chi, invece, rimane intrappolato. In fondo, ci troviamo dentro una ragnatela e dobbiamo fare il buco, altrimenti resteremo intrappolati. Perché anche la sofferenza ha un suo spazio vitale e noi dobbiamo cercare di rintanarla quanto più possibile, senza rancore né sentimento di odio”.
Una pillola di saggezza prima di salutarci. “Namastè” – pronuncia Claudio. E via, lungo le due rampe di scale che ci separano dal portone. Osserviamo il montascale, trionfale nella sua posizione e ci guardiamo negli occhi. Non occorre proferire parola. Un moto d’orgoglio si scatena dentro. Tutti insieme, siciliani e non solo, ce l’abbiamo fatta. Adesso non ci resta che aspettare l’arrivo di giornate calde ed assolate per incontrare Laura, grata e commossa per l’impegno assunto e portato a termine, lungo le vie della città.
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04 Maggio 2014, 05:02