22 Aprile 2011, 19:30
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C’è un primo riscontro alle parole del geologo Giovanni Barbagallo sul termovalorizzatore di Paternò. Barbagallo, infatti, aveva raccontato ai magistrati che ad eseguire i lavori di sbancamento nell’area sarebbe stata la ditta riconducibile ai fratelli Basilotta, uno dei quali, Vincenzo, è stato condannato in primo grado per associazione mafiosa. C’è una foto che LiveSicilia può mostrarvi in esclusiva che prova che quando dice Barbagallo era vero: i subappalti legati all’inceneritore erano stati assegnati all’“Impresa F.lli Basilotta spa”, proprio l’azienda citata dal geologo autonomista, che è stato consulente per la costruzione dell’impianto.
A lui, come rivela il numero in edicola di “S” Catania, si sarebbe rivolto Raffaele Lombardo. Lo scopo, secondo Barbagallo, era quello di favorire la nascita dell’inceneritore nella zona industriale di Catania, come prevedeva il bando originario. Fra i soci c’era l’industriale Alessandro Di Bella, vicino secondo Barbagallo al senatore del Pdl Pino Firrarello.
Cosa nostra aveva cercato di entrare a gamba tesa nell’affare. Nelle intercettazioni Enzo Aiello e Giovanni Barbagallo ne parlano ampiamente: “Invece una cosa, io ti volevo parlare – esordisce il capomafia Aiello – Di Bella ha il parco eolico con la Provincia di Enna”. “Di Bella chi?”, risponde Barbagallo. “Quello dell’inceneritore – spiega Aiello – Con lui, con Di Bella, ha il parco eolico qua, perché non ti muovi ddocu?!”. Secondo i pm dell’operazione Iblis, “Aiello invitava Barbagallo a contattare Di Bella” tramite Mariano Incarbone, “altro imprenditore a disposizione dell’associazione mafiosa”, che a “S” ha fatto sapere di “non aver mai incontrato Vincenzo Aiello” e di attendere con serenità il responso della magistratura dopo la liberazione dagli arresti domiciliari.
Proprio a Di Bella è intestata la Db Group, un’azienda che si trova nel territorio di Paternò. La sua cava, prima di essere scelta per ospitare uno dei termovalorizzatori previsti dal piano rifiuti varato dal governo Cuffaro, è stata utilizzata per anni per trasformare in mattoni i rifiuti pericolosi provenienti anche dai petrolchimici siciliani, ma a lungo è rimasta a disposizione degli allevatori per il pascolo. Al pascolo del bestiame fra i rifiuti tossici è dedicata la video-inchiesta di “S” per LiveSicilia: la cava, adesso, è stata bonificata dopo essere finita sotto sequestro su disposizione della Procura di Catania, secondo la quale nell’area di contrada Cannizzola sarebbero avvenute “gravi violazioni della normativa in materia ambientale e delle autorizzazioni regionali in precedenza rilasciate”. Un ciclo produttivo “condotto in difformità delle autorizzazioni e senza i necessari accorgimenti intesi ad evitare le dispersioni nell’ambiente dei rifiuti utilizzati, per loro natura estremamente pulverulenti (come il borotalco)” che avrebbe provocato “seri pericoli di contaminazione dei suoli limitrofi”.
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22 Aprile 2011, 19:30