Ecco l’ordinanza del Gip: |”Finalità sconosciuta per 9 milioni”

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09 Maggio 2013, 16:44

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Catania- Serviranno ancora 150 giorni di indagine per chiarire la posizione di Antonio Scavone, senatore autonomista sotto inchiesta dal 2008 con l’accusa di abuso d’ufficio per l’assegnazione dei budget ai laboratori d’analisi privati e per la mancata redistribuzione delle economie ricavate dalle stesse strutture. Diversa la sorte dei componenti dell’Unità Operativa a cui erano demandate le verifiche sul possesso e la permanenza dei requisiti di accreditamento da parte delle strutture sanitarie. Entro il 10 maggio la Procura, su ordine del Gip, dovrà rinviare a giudizio per falso in atto pubblico Rosario Di Stefano, Salvatore Benedetto, Maria Eloisa Campo, Antonina Longo e Francesco Blanco. Ma il Gip ha tirato in ballo anche Domenico Barbagallo, fino ad oggi non indagato, braccio destro di Gaetano Sirna e direttore sanitario dell’Azienda Sanitaria: “Avallata la legittimità dell’attività illecita”.

SCAVONE- L’ordinanza emessa dal Gip Marina Rizza lo scorso 30 aprile ha ribaltato le sorti della vicenda, a due anni dalla richiesta di archiviazione firmata dai sostituti procuratori Barbara Tiziana Laudani e Alessandro La Rosa. Ai consulenti dei Pm il Giudice ha chiesto di accertare l’impiego effettivo dei fondi pubblici risparmiati dalle strutture sanitarie convenzionate e in pre- accreditamento che nella provincia etnea si erano aggiudicate i budget più elevati. Le stime parlano di euro 9.261.435,83 per il 2005 e di euro 8.164.874,61 per l’anno successivo. “Il consulente del Pm- scrive il giudice Rizza- ha rilevato l’impossibilità di accertare la destinazione delle economie individuate all’interno di ciascuna branca specialistica”. Ma è proprio sul carattere discrezionale o obbligatorio dell’intervento del direttore generale che ricade uno dei maggiori rilievi apposti alle tesi dei Pm. “Non persuade – si legge nell’ordinanza- quanto affermato dall’indagato Scavone in sede di interrogatorio a proposito della semplice possibilità per i Direttori delle Aziende di redistribuire le economie di spesa”. Il Giudice si richiama in merito a un Decreto assessoriale del 2005: “Non si lascia ai direttori generali la mera facoltà di decidere ad libitum se impiegare o meno le economie di spesa realizzate, ma al contrario si indicano i criteri per la redistribuzione specifica di tali risorse che i direttori generali hanno il potere- dovere di operare”. Bocciata anche la tesi dei Pm riguardo al carattere “virtuale” degli stanziamenti assegnati a ciascuna struttura. Secondo la richiesta di archiviazione, infatti, i budget sarebbe coinciso con una semplice previsione di spesa implicando la corresponsione materiale solo delle somme realmente fatturate dalle strutture. “Il budget medesimo- scrive il Gip- costituisce una posta in bilancio con destinazione specifica e vincolata.”. Proprio per questa valutazione, secondo la dott.ssa Rizza, le economie di spesa non distribuite secondo i criteri previsti dal decreto assessoriale n. 10963 del 2005 avrebbero dovuto rientrare nella disponibilità della Regione. “A sua volta, la Regione- conclude in merito l’ordinanza- avrebbe dovuto per l’esercizio successivo ridistribuirle destinandole ad altre articolazioni territoriali”.

Il legale di Scavone, Carmelo Galati, ha respinto l’interpretazione del Gip: “La Regione avrebbe dovuto fare un decreto entro l’anno per la redistribuzione delle economie nell’esercizio di bilancio dell’anno in corso. E le economie sono state riaggregate nel budget dell’Asp”. Spetterà ora ai consulenti della pubblica accusa chiarire questi aspetti, acquisendo le schede contabili analitiche delle singole strutture, accertando il calcolo delle economie di spesa da esse ricavate e verificando la loro effettiva destinazione. Per quanto riguarda la difformità dei budget assegnati alle singole strutture, invece, il Giudice ha accolto quasi alla lettera le motivazioni addotte dai magistrati nel chiedere l’archiviazione. Se per i denuncianti si sarebbero “immotivatamente favoriti laboratori con budget particolarmente elevati a fronte di bacini di utenza limitati, assegnando ad altre strutture budget inadeguati a fronte di bacini di utenza in crescita”, il Gip elenca le normative di settore che gli indagati si sarebbero limitati a seguire. E nel riconoscere che “nessuna censura può muoversi nei confronti del Dirigente dell’Asp 3 di Catania, né dei funzionari addetti all’elaborazione dei budgets individuali”, l’ordinanza attribuisce l’assegnazione delle risorse disponibili ad “una totale assenza di programmazione”.

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L’UNITA’ OPERATIVA- I Pm avevano chiesto l’archiviazione anche per i cinque funzionari dell’Ausl 3 incaricati di vagliare i requisiti delle strutture sanitarie. All’organismo diretto da Rosario Di Stefano spettava di acquisire la documentazione e di compiere i sopralluoghi, valutando i requisiti logistici dei laboratori. Secondo le risultanze delle indagini, invece, i membri dell’Unità Operativa semplice non avrebbero compiuto un sopralluogo effettivo all’interno delle strutture limitandosi ad acquisire, in visita presso le stesse, la documentazione richiesta a corredo delle istanze di accreditamento. Alla fine, però, avrebbero compilato i rapporti di verifica attestando l’avvenuto sopralluogo e il suo esito positivo.“Risulta accertato- scrive il Gip- come numerose strutture ammesse all’accreditamento fossero in realtà del tutto carenti dei requisiti essenziali”. L’Unità Operativa, secondo il Giudice, “era sorta con il preordinato intento di non effettuare alcuna verifica sostanziale, per addivenire all’esito finale di operare un accreditamento indiscriminato delle strutture”. Nel disporre l’imputazione coatta per i funzionari, il Giudice ha tirato in ballo Domenico Barbagallo, oggi direttore sanitario dell’Asp di Catania, ma allora Direttore del Settore Igiene e Sanità Pubblica della Ausl. Contattato da LiveSiciliaCatania, Barbagallo ha respinto ogni accusa, sostenendo di non essere a conoscenza di indagini a suo carico. Secondo il Gip, il 2 agosto 2007 il Dirigente generale dell’Assessorato Sanitario Regionale trasmetteva ai Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione la richiesta di trasmissione in copia conforme dei rapporti di verifica “con allegata dichiarazione del direttore del Dipartimento di Prevenzione che le verifiche siano state effettivamente svolte dai componenti dell’Unità Operativa”. Con nota di risposta dell’11 ottobre 2007, sottoscritta proprio da Barbagallo, si trasmetteva l’elenco delle strutture sottoposte a verifica da parte dell’Unità e si attestava che le verifiche erano state effettuate. Il Gip definisce la dichiarazione “falsa” e conclude: “Barbagallo ha pertanto suffragato e avallato la legittimità della complessiva, preordinata e generalizzata illecita attività in concreto posta in essere dai componenti dell’Unità concorrendo a realizzare l’illecito obiettivo perseguito quale risultato finale della condotta medesima”.

 

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