10 Giugno 2022, 17:01
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Nelle amministrative del 2018 a Catania votò poco più del 53% dei catanesi, a Messina andò meglio con il 65% ma al ballottaggio si mosse solo il 39,23% degli elettori. A Palermo nel 2017 si registrò un’affluenza del 52,60%, alle regionali, nello stesso anno, il dato più sconfortante, si recò ai seggi appena il 46,76% degli aventi diritto. Sono numeri che dovrebbero togliere il sonno ai leader politici, almeno a quei pochi rimasti con un accenno di senso di responsabilità.
La percezione, al contrario, è un’altra, si ha l’impressione che ormai il forte astensionismo, anche in elezioni teoricamente “più vicine” alla gente, sia diventato un elemento del paesaggio, una dinamica fisiologica della nostra democrazia. Invece, di fisiologico non c’è proprio nulla, c’è piuttosto una preoccupante crescita della disaffezione alla politica e della sfiducia verso le stesse istituzioni. In una parola, abbiamo una democrazia malata.
Quando si ha la fortuna del diritto al voto, un diritto costato a noi italiani una guerra, tanto sangue e tanti lutti, e lo si tratta come l’opportunità di acquistare un paio di scarpe oppure no la colpa non è del cittadino, la colpa è di chi ha ridotto la nobile arte della politica nello squallido mercato del potere e dei privilegi, ciò nella costante indifferenza verso i principi fondamentali della nostra Costituzione che impongono un’attenzione alta dei partiti e dei rappresentanti del popolo ai bisogni e agli interessi della collettività.
Non ci sono all’orizzonte decisi segnali di inversione di tendenza. La cattiva politica, che opera trasversalmente, complici, sia chiaro, i cattivi elettori, ancora spadroneggia, le logiche di palazzo imperano e, addirittura, pare si debba pure avere a che fare con candidati collusi e certamente con manovre di condizionamento della politica da parte di personaggi condannati per reati di mafia di cui faremmo volentieri a meno (di tali personaggi e delle manovre).
Si intravede un barlume di speranza per le regionali in Sicilia di fine anno. Sembrerebbe che il centro sinistra, finalmente e celermente, abbia fissato a breve le primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Regione. L’auspicio è che non scoppino improvvisamente polemiche e litigi, specialmente tra PD e M5S, e che individuato il candidato si parli subito di programmi andando nei territori, tra le persone in carne e ossa.
A destra, è noto, lo scontro tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Forza Italia (al suo interno divisa) sulla ricandidatura di Nello Musumeci si fa sempre più aspro. Chissà, forse servono un’altra missione siciliana di Marcello dell’Utri e i consigli di Totò Cuffaro per ricompattare il centro destra com’è accaduto a Palermo con il candidato a sindaco Roberto Lagalla.
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10 Giugno 2022, 17:01