04 Settembre 2017, 14:10
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PALERMO – Un parte del suo partito, in Sicilia, non vuole sostenere Micari e pensa di andare via. Il Pd, a Roma, non intende fare patti elettorali col suo partito. E così, la strada davanti ad Angelino Alfano e alla sua forza politica è sempre più in salita. Le pendenze, adesso, rischiano di farsi insostenibili. E Alternativa popolare corre il pericolo di essere alternativa solo a se stessa e di trovarsi a metà di questa scalata. Né a destra né a sinistra. Né “con”, né “contro”. E con un po’ di dirigenti e militanti in fuga verso il centrodestra.
L’ultimo segnale, nell’Isola, in queste ore caldissime, è quello lanciato da un dirigente assai influente a Palermo. Pietro Alongi, ex assessore provinciale ed eletto all’Ars cinque anni fa con oltre cinquemila voti, ammette di essere oggi “molto critico nei confronti della candidatura del rettore Fabrizio Micari. Serviva – spiega Alongi – una candidatura di centro, un moderato in grado di allargare il bacino del consenso verso destra e sinistra”. E così, adesso, si entra nella fase delle scelte: “Sto valutando”, spiega Alongi. Insomma, la tentazione di lasciare il partito adesso è forte. Un sentimento che non pare affatto isolato. Per tanti motivi. Uno dei meno entusiasti ad appoggiare l’accordo col centrosinistra è il coordinatore regionale Francesco Cascio. Una posizione nota, la sua. Anche perché quel candidato “civico” è stato scelto, voluto e proposto – senza il coinvolgimento degli uomini di Ap – da Leoluca Orlando, contro il quale Cascio ha deciso di schierarsi alle ultime elezioni amministrative di Palermo, anche a costo di prendere una strada diversa da quella dei compagni di partito che nel frattempo lavoravano al progetto “ibrido” della lista col Pd. Una scelta premiata dall’elettorato, visto che la lista composta da Cascio insieme a Marianna Caronia ha ottenuto molti consensi.
E quella lista e quell’esperienza rischiano di rappresentare un termometro. Qualche big alfaniano, infatti, oggi si sbilancia, affermando che almeno “il settanta per cento degli elettori di Ap” sarebbe incline a votare a destra, “a sostegno di Nello Musumeci”. Insomma, la gente di Ap vuole andare dall’altra parte. E insieme alla gente, molti dirigenti locali. Anche per motivazioni pratiche, oltre che politiche. La coalizione di centrosinistra, oggi, stando ai sondaggi appare quella più debole. E la nuova configurazione di Sala d’Ercole, che vedrà ridurre da 90 a 70 i suoi deputati potrebbe rappresentare una difficoltà in più. “Se non raggiungiamo almeno il sette, otto per cento – si sfoga un politico di Ap – rischiano di non scattare i seggi all’Ars ad esempio né a Trapani, né a Siracusa”. Anche a questa considerazione potrebbe essere legato il malumore di altri deputati regionali, come Giovanni Lo Sciuto e Vincenzo Vinciullo.
Qualcuno poi rimprovera al leader Angelino Alfano e ai big nazionali di aver gestito malissimo la questione Regionali. Per molti Ap, infatti, il partito avrebbe dovuto lanciare, in autonomia, la candidatura dell’eurodeputato Giovanni La Via, attendendo che il resto del centrosinistra, ma anche – precisa qualche alfaniano – pezzi moderati del centrodestra, convergessero su quel nome. “Avremmo avuto un ruolo centrale, così invece siamo ai margini”. Con un’aggravante: sono tanti, ormai, gli esponenti di Alternativa popolare che temono il “sacrificio” della dirigenza locale. Consensi e storie politiche che sarebbero messe sul “piatto” di un patto “romano” utile a preservare e blindare le poltrone dei leader nazionali: di Alfano e pochi altri.
Ma anche quello potrebbe alla fine essere un calcolo sbagliato. E anche in quel caso, i conti potrebbero non tornare. Almeno stando alle parole del presidente del Partito democratico Matteo Orfini, che ha nettamente diviso il destino delle elezioni regionali siciliane da quello delle politiche: “Ciascuno si misurerà con le proprie forze – ha detto intervistato da Repubblica – e poi le alleanze si costruiranno il giorno dopo, in base ai risultati. E se un elettore di centrosinistra vuole avere garanzie che non ci sia il rischio di larghe intese o di maggioranze spurie ha un solo modo: votare il Pd e aiutarlo a raggiungere il premio di maggioranza”. Niente patti con Angelino. Che rischia adesso seriamente di restare fuori da tutto. E con un partito dimezzato.
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04 Settembre 2017, 14:10