24 Agosto 2017, 15:59
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PALERMO – Potrebbe essere lui l’uomo in grado di mettere tutti d’accordo. Di sanare se non tutte, molte delle tensioni interne al centrosinistra. Sottotraccia, infatti, si lavora per convincere Nino Caleca. L’avvocato palermitano potrebbe davvero essere il candidato della coalizione. Il nome del penalista era stato indicato da Live Sicilia già una settimana fa e in queste ore è stato rilanciato anche dal Corriere della Sera.
Di Caleca si parla, anche se nessuno vuole parlarne. Troppo alto il rischio di “bruciare” un candidato nel falò delle vanità e delle ambizioni personali del centrosinistra. Troppo fresca la “scottatura” del mancato sì di Piero Grasso.
Ma di Caleca si parla, in queste ore caldissime in cui il Partito democratico inizia un po’ a raffreddare l’idea Micari, inizialmente sposata nella convinzione di poter costruire una alleanza non larga, ma larghissima. Il “no” delle sinistre, però, a un progetto politico che comprenda gli uomini di Alfano, ha rotto il giocattolo. E lo stesso Orlando oggi si trova sospeso, tra la necessità di garantire il mantenimento di un asse importante anche al Comune (quello con Sinistra Italiana) e quella di portare a compimento l’ideale “simil-civico” del “Modello Palermo”.
La candidatura dell’avvocato, però, potrebbe spingere il resto della coalizione ad andare avanti comunque. Sono tanti, infatti, gli ingredienti che rendono Caleca un candidato sotto certi aspetti ideale. A cominciare dal fatto che il suo nome sia stato proposto al Pd proprio da esponenti moderati indecisi sulla strada da percorrere: tornare nel centrodestra o proseguire l’esperienza al fianco dei Dem? In questo senso, la candidatura di Caleca potrebbe essere decisiva per compattare i partiti di Alfano e D’Alia. Tutti insieme, in quel caso, con due risultati evidenti: puntellare la coalizione e togliere un po’ di acqua a quella del centrodestra.
Nino Caleca, poi, è assai gradito ad altri importanti alleati del Pd. Si tratta in particolare degli uomini di Sicilia Futura. Con loro, in questi mesi, Caleca – coinvolto in politica negli ultimi anni da Lino Leanza che lo indicò nella giunta regionale – ha intensificato i rapporti su quella strada che conduce la forza politica di Totò Cardinale fin nei piani alti del renzismo italiano. In particolare, stretti sono stati negli ultimi tempi i rapporti col ministro Luca Lotti, uno dei fedelissimi del segretario nazionale del partito.
E ovviamente, quindi, Caleca non può che essere gradito, anzi graditissimo ai renziani del Pd. Non a caso, proprio l’avvocato è stato scelto dieci mesi fa per guidare in Sicilia la campagna per il “sì” al referendum costituzionale. Una partita finita male, ma che ha visto Caleca spendersi in prima persona per una vicenda politica decisiva per il destino del Pd di Renzi. Lo stesso Davide Faraone ha invitato Caleca a intervenire alle “Leopolde sicule”, a conferma di questa sintonia.
L’avvocato, del resto, porta in dote un’altra “qualità”. Pur essendo stato uno degli assessori di Rosario Crocetta, l’avvocato potrebbe incarnare alla perfezione quel senso di “discontinuità” col vecchio governo, richiesto a gran voce e da più parti. Caleca infatti andò via dal governo, sbattendo la porta, nei giorni in cui a lasciare la giunta era anche Lucia Borsellino. “C’è il rischio del ritorno del passato”, denunciò. E tornò quindi alla sua professione.
Che non l’ha mai, però, realmente allontanato dai potenti della politica e della burocrazia. Caleca infatti è o è stato nel corso degli anni, tra gli altri, l’avvocato difensore del leader della Confindustria siciliana Antonello Montante, del Segretario generale di Palazzo d’Orleans Patrizia Monterosso e, come in tanti ricordano, dell’ex ministro Calogero Marino e dell’ex governatore Totò Cuffaro. Una esperienza puramente professionale, in tanti si affrettano a precisare. Ma che potrebbe, in realtà, rappresentare un ulteriore motivo di gradimento per un mondo più “moderato”.
Nonostante la storia politica di Caleca affondi altrove. Come annota il Corriere della Sera, infatti, “Caleca da giovane ha militato fra le fila del Pci ed è stato da dirigente di Botteghe Oscure al fianco di Pio La Torre, assassinato poi nell’aprile del 1982”. L’avvocato ha anche lavorato al fianco del politico che prima di ogni altro aveva capito che per sconfiggere davvero la mafia bisognava svuotarne i forzieri, colpendo i patrimoni. Al delitto La Torre Caleca ha dedicato anni interi di studio. Insieme al presidente della Lega Coop, Elio Sanfilippo, il penalista fu anche autore del saggio “Perché è stato ucciso Pio La Torre?”.
Un background di sinistra che è rintracciabile persino nella carriera professionale di Caleca, già avvocato dello studio di Salvo Riela che fu anche deputato comunista negli anni ‘70 insieme a Enrico Berlinguer. Una “filiera” che portava allo studio di via Catania dell’avvocato Nino Sorgi, che per il giornale L’Ora curò in quegli anni anche le prime scottanti inchieste sui rapporti tra mafia e politica. Una storia che potrebbe, magari, convincere anche le forze politiche che attualmente appaiono scettiche di fronte all’ipotesi Micari.
Del resto, già in occasione delle amministrative di Palermo, la coalizione di centrosinistra aveva “sondato” la disponibilità di Caleca. Ma l’avvocato in quell’occasione ha garbatamente declinato l’invito, anche a causa dei diversi impegni professionali, compreso quello relativo alla nomina all’interno della prestigiosa commissione paritetica Stato-Regione. Caleca in queste ore “dribbla” le indiscrezioni: “Non parlo… non c’è nulla ora”. Ma il candidato “perfetto”, alla fine, in tanti iniziano a crederlo, potrebbe essere proprio lui.
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