31 Agosto 2017, 06:04
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PALERMO – Il campo largo è un campo da guerra. La grande coalizione che doveva portare in carrozza fin dentro Palazzo d’Orleans il candidato del centrosinistra somiglia alla tavolata dei parenti serpenti. A una giostra degli odi incrociati, delle antipatie personali che diventano politica.
Crocetta contro Orlando
Le ultime rivendicazioni sono freschissime. Sono quelle del presidente della Regione Rosario Crocetta che ha puntato il dito in maniera durissima da un lato contro alcuni dirigenti del Partito democratico (non era difficile intravedere, tra le parole del governatore, la sagoma del sottosegretario Davide Faraone), dall’altro contro il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: “Parla contro i professionisti della politica, ma poi fa gli accordi a tavolino con i professionisti della politica”. E ancora: “Lo schema di Orlando era noto già in occasione delle Comunali: è andato a Roma per farsi candidare dal Pd per poi dire che aveva fatto tutto da solo. Ora il modello Palermo non serve, serve il modello Sicilia”. Ed è proprio quel modello, in effetti, a vacillare sotto i colpi che giungono da più parti. Quel progetto, cioè, che avrebbe dovuto tirare dentro in una esperienza apparentemente civica, più partiti possibili: dal Pd alla Sinistra italiana, dai bersaniani di Articolo 1 ai moderati di Alfano e D’Alia, fino appunto alla lista dei territori di Leoluca Orlando.
Orlando e Cardinale contro Crocetta
Un progetto, però, lo ha ribadito a più riprese lo stesso sindaco di Palermo, che doveva basarsi sulla “discontinuità” rispetto al governo di Rosario Crocetta. Un richiamo alla “rottura” che era stato fatto proprio, in effetti, anche da Sicilia Futura di Totò Cardinale e dai renziani siculi del Pd. Insomma, con questi presupposti non era nemmeno così difficile prevedere la presa di posizione di un governatore dal quale tutti prendono le distanze in ogni situazione, fuorché in giunta, dove invece gli assessori del Pd e di Sicilia Futura, oltre a quello che fa capo ad Alfano, restano saldamente sulla propria poltrona. Discontinuità sì, ma con criterio, ci mancherebbe. Che la campagna elettorale, se guidi un assessorato, si percorre un po’ più comodi.
Il governatore contro Faraone e Cardinale
È l’ipocrisia della coalizione in cui tutti devono stare insieme per forza. Le parole di Crocetta nei confronti del Pd, che suonano come un aut aut, una dichiarazione di guerra, non sono certamente meno pesanti di quelle espresse a più riprese dallo stesso Davide Faraone: “Sostenere Crocetta alle Regionali? Sarei da Tso” ha detto più volte. Mentre in tanti, compresi i big siciliani di Sicilia Futura avevano parlato di “esperienza chiusa” e da dimenticare. E agli uomini di Cardinale, Crocetta ha inviato un messaggio anche ieri: “Il mio Megafono? Perché non parlate mai di Cardinale che si è fatto un vero e proprio partito?”. Quel “Sicilia Futura” che secondo Crocetta recita il ruolo di corrente del Pd. Uno scontro a distanza che potrebbe accendersi anche sulla composizione delle liste nel collegio Enna-Caltanissetta per le prossime Politiche. Una questione non così distante dalle beghe di questi giorni in cui le questioni regionali e quelle nazionali camminano spesso una a fianco all’altra.
La diplomazia al lavoro
Liti continue, dentro questa coalizione, a volte personali, andate avanti per anni a periodi alterni ed emerse in tutta la loro virulenza nel momento in cui andavano sciolti gli ultimi nodi. La grande alleanza, insomma, è al massimo un insieme di pezzi che a fatica stanno in equilibrio. In queste ore, il segretario regionale del Pd Fausto Raciti e, pare, lo stesso Matteo Renzi, stanno lavorano per provare a tenere dentro tutti. In qualche modo. Ed evitare così che si arrivi a un terzo candidato del centrosinistra.
Strappo a sinistra, il problema Alfano
Già, perché un secondo candidato c’è già. Che il nome sia quello di Claudio Fava o di un altro esponente della sinistra alternativa al Pd, sarà comunque il frutto di un’altra lite tutta interna alla coalizione impossibile: il veto di Sinistra Italiana e Mdp-Articolo 1 nei confronti di Angelino Alfano ha finito per spaccare ulteriormente il fronte, mettendo in difficoltà lo stesso Orlando. E restringendo, quantomeno, l’ampio spettro delle forze che avrebbe dovuto comporre la coalizione da “Modello Palermo”.
E la stessa decisione di candidare Micari sta a sua volta creando nuove fratture all’interno di Alternativa popolare, il partito di Alfano. Già in occasione delle amministrative, un pezzo del partito, quello che fa capo al coordinatore regionale Francesco Cascio, aveva deciso di lavorare al fianco di Fabrizio Ferrandelli, certificando la presa di distanze da Orlando. E così, adesso, un’area degli alfaniani rischia di migrare verso i lidi del centrodestra, proprio per dissociarsi da un’operazione che vede come regista il sindaco di Palermo. Come se non bastasse, nel Pd qualcuno ha proposto un ticket Micari-Crocetta. Notizia che ha fatto sobbalzare altri alfaniani: “Questo è troppo. A queste condizioni non ci sediamo nemmeno”. Uno strappo nello strappo, questo, che sarebbe anche tutto interno a quella che era “Area popolare”, cioè la formazione politica che aveva unito gli ex Udc di Casini e il partito di Alfano. Proprio Pierferdinando Casini, insieme a Gianpiero D’Alia, ha infatti dato il proprio via libera alla candidatura di Micari. Ma lo stesso partito, appena pochi mesi fa, aveva deciso di lasciare polemicamente il governo regionale dopo la lite tra il governatore e l’ex assessore Giovanni Pistorio e in occasione dell’ultima direzione del Pd aveva anche chiesto, tra i punti fermi per costruire l’alleanza che Crocetta non fosse “il capo di una futura coalizione”. Una coalizione nella quale già litigano tutti. Prima ancora di arrivare al governo.
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31 Agosto 2017, 06:04