08 Febbraio 2011, 10:13
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(rp) Qual è la differenza tra l’evidente malinconia di Delio Rossi e la tristezza sovrabbondante di Francesco Guidolin, entrambi bravissimi mister? Il secondo si lascia sopraffare dal suo limite. E’ un ipocondriaco della felicità. Vince, ma ha paura di perdere. E’ in zona Champions, ma parla di salvezza. Vorrebbe sorridere, ma non ci riesce. Invece il nostro Delio affronta i suoi struggimenti con un’ironia a fior di labbra, con una saggezza che lo rendono simile a una decalcomania sottile, a un personaggio letterario. E’ sufficiente pensare che ha la stessa età – più qualche mese – di Zenga. Walter potrebbe interpretare il figlio scavezzacollo di Delio. Delio starebbe bene nei panni di Geppetto che attende Pinocchio, nel ventre del pescecane.
A chi scrive Delio Rossi sta simpatico per questo: per il suo essere un uomo, senza pretendere di apparire altro. Non un condottiero alla Baldini, né un enigma alla Ballardini, né un giocoso saltimbanco come Zenga. Delio è il signor Rossi. Uno che si incontra davanti alla porta dell’ascensore condominiale, come in un campo di calcio, tanto non fa differenza. Un uomo da impermeabile. Il vicino di casa di cui non sai nulla, ma che saluti con rispetto e con un affetto che non ha spiegazione, perchè lo senti.
In un mondo sincero, basterebbe il senso della misura del signor Rossi per desiderare di non perderlo mai. Basterebbero i suoi contenuti veri che, fatalmente, si trasformano in un gioco che mantiene le sue promesse. Fa parte della lealtà del personaggio verso se stesso. Ma Zamparini non ama le persone troppo normali, specialmente se gli contendono il posto nel cuore dei tifosi. Così, ciao Delio. Ciao. Anticipiamo il saluto. Non saremo alla stazione col fazzoletto in mano, quando andrai via. Ci farebbe troppo male.
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08 Febbraio 2011, 10:13