19 Gennaio 2016, 15:35
3 min di lettura
PALERMO – Diversificazione delle fonti energetiche, politiche lungimiranti sull’immigrazione e pressioni sui partner economici perché facciano progressi sul fronte delle riforme, piuttosto che guerre per rovesciare i regimi. È l’opinione di Gawdat Bahgat, professore presso il Near East South Asia Center for Strategic Studies (NESA) della National Defense University di Washington, DC. Esperto in questioni mediorientali, Bahgat, d’origine egiziana, ha tenuto oggi pomeriggio un seminario alla facoltà di Scienze politiche sul tema della sicurezza energetica. “Ci sono grandi cambiamenti degli scenari, è un’occasione importante condividere l’esperienza americana e quella europea e promuovere la cooperazione”, dice Bahgat, in Italia per un tour che lo ha visto a Venezia, Milano, Roma, Palermo e Firenze.
Tema caldissimo quello dell’energia. Legato a doppio filo con la questione mediorientale. E quindi con le tensioni e le paure che si affacciano sempre più sull’Occidente. “L’Europa sta facendo meglio del resto del mondo – commenta Bahgat -. In un mio libro mi sono concentrato su energie rinnovabili e nucleare. Sono un grande sostenitore dell’energia rinnovabili naturali. E in Europa questo è un tema molto sentito. Più del 50 per cento dell’energia elettrica in Danimarca è generata da energia rinnovabile. Su questi temi la cooperazione con gli Usa è fondamentale, sulla scorta dell’accordo sui cambiamenti climatici di Parigi. E va detto che l’amministrazione Obama ha fatto più di qualsiasi altro su questo fronte”.
Sicurezza energetica significa indipendenza energetica dal Medio Oriente? “I politici dicono che dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dal Medio Oriente – commenta Bahgat -. Questo è solo per metà vero secondo me, perché comunque viviamo in un’economia globalizzata con una forte interdipendenza. Tutti i Paesi importano ed esportano, non si può arrivare all’indipendenza. Certo si può incrementare la propria autonomia per essere più liberi, non essere intimiditi, ma, di nuovo, questo non significa indipendenza”.
Intanto il prezzo del greggio continua a calare. Con quali conseguenze? “Ci sono sempre stati vari cicli di up and down nel prezzo del petrolio, ma qualcuno pensa che stavolta la situazione sia diversa. Io credo che non dovremmo essere troppo esaltati per questo: un basso livello del prezzo del petrolio per un lungo periodo destabilizzerebbe i paesi produttori, le cui economie dipendono molto dal greggio. E per questo noi occidentali dovremmo bilanciare la situazione, visto che molti di quei paesi parlano di diversificare le loro economie,. È bene per loro ed è bene per noi, che dobbiamo incoraggiare investimenti, formazione, conoscenza. Altrimenti rafforzeremo gli estremisti”. Con conseguenze che non si limitano al terrorismo. “Le faccio un esempio. In Europa c’è molta attenzione al tema dell’immigrazione clandestina. In Libano il 25 per cento della popolazione è fatta da rifugiati e immigarti. Se salta il Libano che succede in Europa? Chiudere le porte e basta alla lunga non è una buona strada. Se si ragiona nel lungo periodo emergono soluzioni diverse”. Che non passano dai cambi di regime già sperimentati con esiti a volte disatrose, vedi Libia. “Il cambio di regime è un processo molto confuso e disordinato. Io credo che la cosa da fare per l’Occidente sia esercitare delle pressioni sui regimi con cui si intrattengono rapporti economici, e pressioni anche dure, per le riforme. Era forse questa la strada da percorrere con Gheddafi e Saddam. Il percorso delle riforme funziona, basti pensare all’Iran che oggi non crea certo i problemi che creava negli anni Ottanta. È una strada più conveniente in termini di vite umane e prezzo da pagare. E Stati Uniti ed Europa hanno i mezzi per farlo, i nostri muscoli economici sono convincenti”.
In Sicilia intanto si torna a parlare di petrolio, di nuove trivellazioni. Tra le polemiche. “La cosa che ho imparato è: diversificazione. Non approvvigionarsi di una sola fonte di energia. Ogni fonte ha i suoi vantaggi e svantaggi. Bisogna usare un po’ di tutto, nucleare incluso. Non posso dire chi ha ragione e chi no, ma la Francia e un Paese leader in Europa, e ha il nucleare. Il 70 per cento dell’energia francese è generata dal nucleare”.
Pubblicato il
19 Gennaio 2016, 15:35