10 Febbraio 2016, 18:28
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GELA (CALTANISSETTA)– “Non è una minaccia, ma sappiate che se il tribunale di Gela dovesse accogliere il ricorso straordinario per presunti danni derivanti da un inquinamento industriale, finora privo dell’onere della prova, si metterebbe in discussione il protocollo d’intesa con i suoi investimenti (2,2 miliardi di euro) e la stessa presenza dell’Eni nel territorio”. E’ questo il rischio delineato, stavolta con maggiore fermezza, da Lotario Dittrich, avvocato dell’Eni, durante l’odierna udienza del tribunale civile, presieduto dal giudice Virgilio Dante Bernardi, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta straordinaria degli avvocati Luigi Fontanella e Laura Vassallo, in rappresentanza di 500 cittadini, di fermare gli impianti ancora in marcia al petrolchimico di Gela e le altre attività che starebbero continuando a produrre inquinamento ambientale con effetti nocivi sulla salute della popolazione.
L’Eni però assicura che l’intero stabilimento è fermo da mesi e che “hanno da temere più i milanesi per l’alto tasso micropolveri pm10 che i gelesi per la presenza del petrolchimico”. Tra i ricorrenti figura anche il comune di Gela, il cui legale, Mario Cosenza, ha chiesto a carico dell’Eni l’istituzione di un fondo provvisorio di 80 milioni di euro a sostegno dei lavoratori colpiti dai veleni industriali. Si tratta della “costola” di un altro processo civile che vede le famiglie di una trentina di bambini nati malformati rivendicare il risarcimento dei danni materiali e morali per i loro figli. Stamani, i legali dei lavoratori e del comune hanno presentato documenti e perizie a sostegno delle loro accuse, fermamente respinte dagli avvocati dell’Eni. Il giudice, Bernardi, ha deciso di aggiornare la seduta al 25 febbraio per consentire all’azienda di prendere visione dei nuovi atti, preparare le repliche e a tutti per ulteriori istanze istruttorie. “Comunque finisca questo processo – ha detto in aula l’avvocato Fontanella – avremo vinto perché siamo riusciti a superare l’indifferenza al sistematico scempio ambientale e a sconfiggere la paura della denuncia”.
“Il legale delle società locali di Eni coinvolte, ha precisato che la richiesta di sequestro degli impianti di Gela per un asserito inquinamento ambientale al fine di affidarne la gestione a custodi nominati dal giudice, di cui si discuteva proprio nell’udienza odierna, non solo è infondata in fatto e diritto ma se concessa sarebbe in danno della comunità locale prima ancora che di Eni”. E’ quanto precisa l’azienda in una nota. “Questo – aggiunge – in quanto la indisponibilità dei beni industriali non permetterebbe alle società locali di Eni neppure di far fronte al Protocollo d’intesa siglato di recente. In tal senso il legale Eni, pur sottolineando che le società Eni sono serene che la situazione di inquinamento ambientale a base della richiesta non sussiste o comunque non sia a loro riconducibile, fa presente che il rischio di misure cautelari ove concesse determinerebbero sì un danno alla comunità oltre che ad Eni”
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10 Febbraio 2016, 18:28