24 Aprile 2018, 06:02
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PALERMO – È entrata snella, ma è uscita obesa. La Finanziaria regionale siciliana, dentro le stanze della Commissione bilancio, ha preso chili su chili. Cioè articoli su articoli. Frutto degli emendamenti piovuti sul testo di base. Fanno 120. Erano 35. E’ il prezzo da pagare per una maggioranza che non c’è.
Ma è anche, a guardar bene, il segno dell’irresponsabilità di molti deputati regionali. Che anche stavolta, come se ogni volta non fosse abbastanza, si sono impegnati nel piazzare bandierine qua e là, come segno del proprio “interesse per il territorio”. Appesantendo così tanto il disegno di legge inizialmente esitato dal governo da renderne proibitiva l’ascesa verso l’approvazione. Bisognerà infatti marciare al ritmo di circa trenta articoli al giorno per arrivare entro i termini fissati dalla legge. Trenta al giorno. Quando a volte, in Assemblea regionale si è riusciti a perdere una intera giornata per la discussione in un solo articolo.
Siamo, insomma, alle solite. E se il capogruppo del Pd Giuseppe Lupo ha potuto opportunamente parlare di “coriandoli” – lanciati, però, anche da molti dei suoi colleghi Dem – sarebbe forse più adeguato il termine di “briciole” sparse lungo il sentiero della legge di stabilità, giusto per far contento questo o quel deputato. Per assicurarsi, insomma, un po’ di benevolenza in occasione del voto.
E così, la bulimia della politica ha prodotto questo “mostro”. Una legge di stabilità nata già in ritardo e con una fisionomia iniziale del tutto diversa da quella mostrata dopo il trattamento in commissione. In quel testo, infatti, ecco piovere di tutto, come se la nostalgia per la vecchia e ricca “Tabella H” fosse stata compensata da questo filo rosso di prebende più o meno “particolari” teso lungo il disegno di legge. Già, perché questa, tecnicismo per tecnicismo, è la prima nota che stona. La legge, infatti, per sua natura dovrebbe essere “generale”. E invece, a dare una occhiata ai 120 articoli trovi finanziamenti per singoli Comuni, per singoli Teatri, per singole manifestazioni sportive. Ma fosse solo questo, appunto, si parlerebbe solo di briciole.
È quantomeno curioso, infatti, che nella Finanziaria siano finite norme di ogni tipo quando, invece, dal testo originario erano state legittimamente “stralciate” alcune norme di riforma come quelle che prevedono l’accorpamento di Irfis, Ircac e Crias o quella che prevede la “chiusura” degli Iacp. Insomma, quelle, trattandosi di norme di natura “ordinamentale”, sono finite – giustamente – fuori da un testo che dovrebbe essere essenzialmente “finanziario”. Ma nel frattempo in quel testo ne sono arrivate tante altre che di finanziario hanno poco o nulla: dai redditi di libertà ai premi per le “Bandiere blu”, dalle deroghe per assumere, al ripopolamento dei conigli selvatici.
E dire che in qualche caso nel recentissimo passato, organi “terzi” come la Corte dei conti avevano messo in guardia chiaramente la Regione. È il caso, ad esempio, proprio del tema delle stabilizzazioni, come quella che dovrebbe portare nell’universo della Regione, circa 2.500 precari ex Pip. Anche nell’ultimo giudizio di parifica, ad esempio, la Corte ha rilevato come il settore pubblico sia stato piegato, attraverso un uso distorto delle politiche assunzionali, a supplire all’incapacità del tessuto produttivo di assorbire la forza lavoro espressa nella regione. “Da qui – sottolinea la Corte – la chiusura alle opportunità di reclutamento attraverso le ordinarie procedure concorsuali e meritocratiche, sostituite da lunghi e complessi percorsi di stabilizzazione del personale precario, tuttora condizionanti, con il conseguente innalzamento dell’età anagrafica del personale in servizio e un’inevitabile frattura generazionale, oltre all’evidente vulnus ai valori costituzionali che regolano l’accesso al pubblico impiego e garantiscono il buon andamento della pubblica amministrazione”. Una “frattura” con le giovani generazioni, appunto, che vedono chiudersi i varchi per le possibili assunzioni, da stabilizzazioni generalizzate nel settore pubblico. Mentre altre migliaia di precari, legittimamente di fronte all’andazzo, chiedono: “Perché loro sì e noi no?”.
Del resto, nella legge di stabilità o nel collegato, ecco spuntare persino deroghe al blocco delle assunzioni (è il caso dell’Arpa), su cui i magistrati contabili già in passato – e anche in occasione di quella Parifica – sollevarono forti critiche. Insieme a queste, come detto, le stabilizzazioni tra i Forestali e nuovi innesti nel Corpo Forestale. Proprio alcuni dei tasti dolenti toccati dalla Corte, in riferimento all’impatto dei costi del personale “allocato presso strutture o organismi esterni, indirettamente sostenuti dalla Regione”. In particolare, sottolineavano i giudici: “spiccano gli oneri per il personale assunto dal Corpo forestale regionale (6.497 contratti) e dagli uffici periferici del Dipartimento regionale dello sviluppo rurale (16.990 contratti), pari a un costo complessivo di circa 253 milioni di euro”. E a questi, come detto vanno aggiunti i numeri sulle Partecipate, dove lavorano – senza aver superato alcun concorso – oltre 7.100 persone. A questi, la maggioranza che non c’è e che ha firmato quell’emendamento vuole aggiungere i 2.500 ex Pip, oltre a far ingrossare un albo di aspiranti neo-assunti provenienti da società liquidate. Ce né per tutti, e in fondo sono tutti contenti. Anche se su molte di quelle norme potrebbe calare la mannaia dell’impugnativa statale. Ma per quello si vedrà, intanto approda a Sala d’Ercole la legge del “compromesso”, di quell’accordo più o meno tacito per consentire alla Finanziaria un passaggio più o meno agevole in Aula. Quella Finanziaria arrivata snella all’Ars, ma ingrassata presto a causa dei soliti, vecchi vizi della politica.
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24 Aprile 2018, 06:02