18 Novembre 2012, 07:00
5 min di lettura
CATANIA – L’appuntamento fissato per l’intervista è alle 16.50. Né un minuto in più. Né uno in meno. Un insolito orario “smezzato” scelto direttamente dall’intervistato quasi a voler confermare quel senso di profonda precisione e praticità smarrito oggi dalla politica. L’avvocato Enzo Trantino è il simbolo della destra catanese. Nelle piazze di mezza Sicilia dove si celebravano i suoi comizi, l’arringa scattava prima che Trantino aprisse bocca, nella bolgia del momento ogni tanto partiva puntuale e ad effetto qualche locuzione in latino che, incredibilmente, arrivava a comprendere benissimo anche chi tra quella folla di gente le “scuole alte” non le aveva mai praticate. Erano i tempi che precedevano tangentopoli. Quelli che, subito dopo, videro sorgere quasi dal niente, il centrodestra dell’egida Berlusconi-Fini: con Catania che ebbe un ruolo centrale nelle dinamiche della politica regionale e nazionale. Enzo Trantino in Parlamento c’è stato per 34 anni di fila e da molti suoi ormai ex colleghi della politica è tuttora “inseguito” per ricevere ora un consiglio ora una lettura non banale dei fatti di Palazzo. Il suo rimane un giudizio impietoso sull’attuale classe dirigente.
Avvocato Trantino come se la passa il “suo” centrodestra?
Beh, lo chiede a me che vengo da una esperienza politica bellissima che era fatta di durissimi scontri ed anche di contrapposizioni drastiche: ma tutto nella civiltà e nella coerenza.
Parla dell’Msi?
Dell’Msi prima e di An dopo. La caduta delle ideologie è stata deleteria. I contrasti interni erano il sale: non mi risulta che ci fosse mai stata una devianza all’esterno come, invece, avviene oggi dove viene raccontato tutto quello che accade dentro ai partiti.
E come da altre parti, Catania non è da meno.
Ma certo. Perché oggi tutti entrano in politica per mestiere e non per vocazione. La rissa è all’ordine del giorno: e, quindi, cosa vuole che ne venga di positivo?.
Lei è d’accordo che, a tutti i livelli e con i dovuti distinguo, vi sia attualmente una classe dirigente non all’altezza?
Ma guardi: c’è un germogliare inverosimile di statisti. Nella politica di oggi chi fa il consigliere comunale si crede assessore o sindaco; chi fa l’assessore o il sindaco si crede un onorevole. E poi c’è un carrierismo brutale impossibile da tollerare. Noi della mia generazione li abbiamo saliti gli scalini. E sa una cosa?
Prego.
Noi quegli scalini li abbiamo saliti ad uno ad uno, senza salti a piè pari o scorciatoie. Attaccavamo manifesti; passavamo le notti fuori ed il giorno eravamo puntualmente a lavorare; preparavamo comizi: alla fine c’era una selezione naturale e chi meritava andava avanti. E mi creda: non era la Repubblica di Platone. E di certo, non era nemmeno quello al quale assistiamo oggi.
A Catania, intanto, ci si prepara già per le amministrative di primavera e magari qualcuno Le chiederà di correre per le primarie del centrodestra, lo sa?
Di nuovo?
Beh, no: di nuovo no perché le primarie per scegliere il candidato sindaco sarebbero un fatto assolutamente estraneo al centrodestra.
Le dico, invece, che tutti abbiamo dimenticato che nel 1993…
Ovvero, quando Lei fu candidato a sindaco della città?
Esatto. Nel 1993, sotto i portici del Corso Sicilia, venivano registrate le dichiarazioni d’intento dei cittadini. Io non dico che ero il migliore ma fui quello in assoluto più votato. E’ stato tutto dimenticato ma questa intervista mi permette di ricordarlo.
Quindi lei è favorevole alle primarie?
Dipende da come le si organizza. Oggi, ormai, partecipare alle primarie è come partecipare alle partite amichevoli.
E come bisognerebbe organizzarle?
Intanto, andrebbe recuperato lo spirito: ritornare alle origini. Comprendere che quando si amministra la cosa pubblica si ha a che fare con le vite delle persone e non con la soddisfazione della propria ambizione. E’ da qui che si deve ricominciare.
Ragionamento che non fa una piega. Senta, che ne pensa dell’operato di Raffaele Stancanelli?
Stancanelli è una persona perbene ed ha lavorato bene. E lo dico in considerazione del fatto che oggi fare il sindaco non è difficile: è impossibile. E’ più facile fare il ministro che il sindaco, mi creda.
Stancanelli va riconfermato, quindi? Lo sa che si fanno anche altri nomi?
Io non entro nel merito dei nomi perché, se mi permette, i nomi che vengono fatti posso affermare, per dirla alla Lina Wertmuller, che “sono tutti figli miei”.
Chissà che, in mezzo al calderone del toto-candidato, non spunti anche il suo nome.
Io sono lontano dalla politica dal 2006. Per cui…
Magari lo farebbe per recuperare quello spirito di cui parlava prima.
Le confesso che a vedere il centrodestra in queste condizioni provo tanta amarezza. Più in generale, questa è un’epoca miserabile che non appartiene agli uomini: vengono commessi sempre gli stessi errori. Che amarezza, davvero. E dire che basterebbe una ricetta semplice ma efficace: tornare alla ragionevolezza per servire gli altri e non pretendere nulla per sé.
Lo sa che sul fronte opposto, quello di centrosinistra, si parla di una possibile candidatura di Enzo Bianco?
I ritorni sono sempre pericolosi. E poi, quando si è lasciato una cosa per farne un’altra si devono avere i meriti per ritornare. Non siamo in un albergo con le porte girevoli.
Allude alla scelta che Bianco fece a suo tempo di lasciare Palazzo degli Elefanti per gli Interni?
Questo è un discorso che vale in generale: non ci sono ruoli di Serie A o di Serie B. Io non ne faccio una questione di politica ma di responsabilità.
Senta, mi dice perché Nello Musumeci non è presidente della Regione al posto di Rosario Crocetta?
Per almeno due motivi che, se vuole, le elenco.
Dica.
Musumeci ha condotto una campagna elettorale sulla concretezza senza raccontare favole. Ha detto la verità e per questo è stato messo in cattiva luce. Il secondo motivo è che attorno a lui non c’è stato un grande gioco di squadra: tranne a Catania e Palermo, ognuno ha fatto la corsa al voto per sé stesso. E’ questo quello che è accaduto
Ma se oggi Le chiedessero di ritornare in campo?
Gli chiederei di parlar d’altro. Io che conosco le regole della gratitudine so che “abbiamo già dato”. E poi, vuole mettere? Ho ritrovato tante cose belle: scrivo, dedico molto più tempo alla famiglia, vivo lo studio con meno frenesia. Tutte cose che non hanno prezzo.
Eppure, si fa fatica ad immaginarLa fuori dal dibattito della politica catanese.
Gliel’ho detto che sono amareggiato, no? Preferisco pensare che da questo buio nascerà qualcosa di bello. Per tutti. Non solo per Catania.
Pubblicato il
18 Novembre 2012, 07:00