Catania

Mafia e assetti dei clan: due anni dopo la sparatoria di Librino

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11 Agosto 2022, 06:35

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CATANIA – Sono passati due anni dalla guerra armata al viale Grimaldi di Catania. Anzi sono passati due anni e tre giorni. La sera dell’8 agosto 2020 a Librino si è scatenato l’inferno: i Cursoti Milanesi da una parte e i Cappello dall’altra hanno sparato. Il bilancio è stato devastante: due morti e sette feriti. Enzo Scalia e Luciano D’Alessandro sono stati trovati dai soccorsi sulle curve del civico 18: in quella lingua d’asfalto che porta in via del Maggiolino, fino a quel giorno tempio incontrastato dei Sanfilippo, affiliati ai Milanesi di Ciccio e Carmelo ‘pasta ca sassa Distefano.

In questi 24 mesi, soprattutto grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, è stato possibile ricostruire minuto per minuto quello che è accaduto in quel ‘pomeriggio’ di fuoco. Martino, Michael e Ninni Sanfilippo hanno descritto nei minimi particolari l’assalto armato dei Cappello che volevano ‘vendicare’ il pestaggio di Gaetano Nobile da parte di Carmelo Distefano, il boss del Viale. C’erano tutti i vertici del Cappello (da poco condannati in abbreviato) a bordo della flotta di motorini che cercavano di ‘chiudere i conti’: Massimiliano Cappello, fratello del capomafia Turi, Rocco Ferrara, storico vertice del clan, Salvuccio jr Lombardo, figlio di Salvatore ‘u ciuraru. E come ha raccontato Carmelo Liistro, ultimamente, da tutte e due le parti ci sarebbe stata la volontà di continuare la ‘guerra’.
Solo l’intervento ‘degli anziani’ dei Cappello ha placato Rocco Ferrara che poi è finito sotto processo lo scorso anno assieme agli altri imputati, tra cui i Cursoti Milanesi, nell’ambito dell’inchiesta Centauri. Ma inoltre dietro le sbarre i Distefano sarebbero stati in qualche modo allontanati dal gruppo criminale creato da Jimmy, ormai deceduto, e Nuccio Miano. L’attacco frontale da parte dei due figli di Gaetano ‘Tano Sventra’ Distefano non è stato gradito dai vecchi boss visto che Turi Cappello è stato alleato dei Miano nella guerra contro i Mazzei. Anche se, c’è da dire, che la tensione tra i ‘pasta ca sassa’ e i Cappello non è scoppiata all’improvviso ma risale almeno a un decennio addietro. C’è stato anche un tentativo di uccidere Orazio Pardo, uomo di rilievo alla fine degli anni 2000 nelle file dei Cappello.

Ma se questo è il passato, quale è il presente? Nel frattempo sono cambiati gli equilibri mafiosi e gli assetti anche interni dei clan. Le teste di serie, i boss carismatici con esperienza criminale insomma, sono quasi tutti in carcere. Non ci sono stati morti ammazzati in questi due anni, tranne la lupara bianca all’interno del gruppo Nizza dei Santapaola con l’omicidio di Enzo Timonieri nel febbraio 2021. Ma è solo un caso, perché da mesi ci sono sparatorie, ‘stese’ alla napoletana, gambizzati. Le tensioni per lo spaccio si risolvono con le rivoltelle. Ma anche, come nel caso della rissa all’Ecs Dogana, per un torto subito (nel sottofondo pare esserci una diatriba tra gruppi mafiosi: Cappello e Mazzei). Nella maggior parte dei casi le pistolettate hanno avuto lo scopo di dare un avvertimento. Però nell’agguato di Monte Po di qualche settimana fa chi ha sparato ad altezza uomo voleva uccidere. Pochi centimetri hanno fatto fallire il piano di sangue. Insomma non è ancora tempo di abbassare la guardia.

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11 Agosto 2022, 06:35

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