20 Dicembre 2016, 11:31
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CATANIA- Diritti costituzionali e esecuzione della pena, un binomio che in Italia spesso non trova corretta applicazione: è questo il caso del cosiddetto ergastolo ostativo, una pena che impedisce l’accesso ai benefici penitenziari. Se n’è discusso all’incontro dibattito organizzato ieri dalla Camera penale di Catania “Serafino Famà” presso l’aula magna del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania. Una riflessione che ha preso le mosse dalla proiezione del documentario “Spes contra spem” di Ambrogio Crespi – che ha raccolto le testimonianze dirette degli ergastolani – ed è arrivata fino alla condizione in cui versano le carceri italiane: realtà diverse che restituiscono un quadro fatto di poche strutture modello e di tanti istituti che invece restano in stato emergenziale.
“In questi anni molte cose sono cambiate – ha commentato il presidente della Camera penale Enrico Trantino – ma c’è ancora molto da fare. Noi avvocati siamo fortemente legati ai valori della Costituzione e per questo ci battiamo per quello che è realizzabile e quello che è perfettibile. L’ergastolo ostativo non fa altro che tradire la finalità rieducativa della pena poiché nega la possibilità a chi ha compiuto certi reati e a certe condizioni di poter individuare un percorso che possa consentirgli di tornare in libertà, costringendo queste persone a vivere un’esistenza priva di prospettive”. “In primo luogo si tratta di una battaglia culturale – come ha strenuamente sostenuto durante il suo intervento Salvatore Aleo, professore di Diritto penale e autore del libro Dal Carcere. Autoriflessione sulla pena – che deve essere combattuta anche e soprattutto all’interno del campo battuto dagli operatori del diritto. È necessario capovolgere la prospettiva e rendersi conto che la realtà descritta nel documentario di Crespi è un esempio virtuoso ma rappresenta una goccia nel mare dei circa duecento istituti in Italia”.
Di tenore opposto le considerazioni di Maria Brucale, avvocato del foro di Roma e componente del direttivo Nessuno tocchi Caino: “In questo momento nel nostro paese l’attenzione verso questi temi è alta grazie anche all’azione del ministro della Giustizia Andrea Orlando, da sempre sensibile ai temi del carcere e dell’ergastolo ostativo in particolare. Io sono positiva da questo punto di vista – ha continuato – è vero che ci sono delle realtà carcerarie totalmente diverse tra loro, alcune virtuose come Opera di Milano e altre in cui si vivono condizioni di barbarie. Il clima è ancora difficilissimo poiché il giustizialismo domina ancora nella società civile e penso che la strada da percorrere sia quella dei ricorsi alla Corte Costituzionale e alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.
“Spesso si banalizza il discorso riconducendo il tema della condizione dei detenuti a una questione di edilizia carceraria- ha puntualizzato Luca Mirone, avvocato della Camera Penale di Catania e responsabile dell’Osservatorio Carceri “Nino Geraci”- individuando la costruzione di nuove carceri come la soluzione ai problemi. La questione è molto più ampia, ed è sì di natura culturale ma anche tecnica come ci dimostra l’esempio dell’ergastolo ostativo, a nostro avviso uno strumento penale che sta totalmente al di fuori dal perimetro costituzionale”. Al dibattito è intervenuto anche il “decano” dei penalisti catanesi Enzo Trantino che ha fornito ulteriori spunti di riflessione per avviare un percorso di sensibilizzazione su questi temi che possa estendersi oltre lo steccato degli addetti ai lavori.
“Noi ci stiamo battendo affinché si acquisisca intanto il senso culturale di quello che sosteniamo – ha affermato in chiusura Enrico Trantino – anche perché uno Stato che rinuncia alle garanzie e si accanisce contro chi ha sbagliato è uno Stato che confessa di essere debole. Noi vorremmo far comprendere all’opinione pubblica che non è attraverso la vendetta che si punisce il reato, bensì attraverso una pena che dev’essere giusta ma che deve anche consentire dei percorsi di riabilitazione. È un problema della legge, i giudici la applicano, e noi ci auguriamo che sia la Cedu sia la Corte Costituzionale cambino orientamento: La Corte europea sostiene che in realtà non si tratta di un ergastolo perpetuo perché di fatto è sempre possibile concedere la grazia, ma questa – ha sottolineato Trantino – è una grandissima ipocrisia, mentre la Corte Costituzionale ancor peggio afferma che grazie alla collaborazione si possono ottenere quei benefici che altrimenti sono preclusi: ti faccio uscire se tu fai entrare altri in carcere. E questo è inaccettabile”.
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20 Dicembre 2016, 11:31