01 Ottobre 2018, 18:36
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PALERMO – “Mi sono dimesso, sì, ma non lo avrei mai fatto di mia spontanea volontà. Me lo hanno chiesto e non ho potuto fare altrimenti”. L’amarezza dell’ormai ex presidente dell’Esa Nicola Caldarone è più che evidente mentre racconta il suo ultimo giorno all’Ente sviluppo agricolo che ha guidato per sette mesi. Un incarico che però – lo riconosce lui stesso – dal primo giorno ha avuto una data di scadenza ben impressa in calce: non tanto quella del 1 ottobre, giorno in cui le dimissioni di Caldarone sono diventate esecutive, quanto quella della soppressione definitiva dell’ente, da tempo caldeggiata dal governo regionale. E in questa direzione è già pronta la “successione”.
“Quando mi sono insediato – racconta Caldarone – me lo dissero chiaramente che sarei rimasto soltanto per poco. Quindi, quando qualche giorno fa è arrivata la chiamata con cui si sollecitavano le mie dimissioni, non ho replicato e ho fatto quello che mi hanno chiesto. Conosco la politica e Musumeci è il mio presidente, quindi non avevo scelta”. A nulla è valso nemmeno l’intervento del presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, “big sponsor” di Caldarone: “Gli devo molto, ma ho lasciato anche in accordo con Forza Italia. Sebbene io sia stato scelto per questo posto in qualità di dirigente dell’Assessorato all’Agricoltura (dove ricopre il ruolo di capo di gabinetto vicario, n.d.r.) e non perché vicino a Forza Italia – dice l’ex presidente dell’Esa -. Proprio perché sono un dipendente regionale il mio compenso è stato anche dimezzato: invece dei 50 mila euro lordi all’anno previsti, la mia retribuzione è stata di 25 mila euro: per poco più di mille euro al mese mi sono impegnato al massimo per questo ente e per tutti i suoi dipendenti”. Al personale, Caldarone ha annunciato che l’assessorato erogherà all’Esa l’intera seconda semestralità, più gli arretrati che l’ente non ha mai ricevuto perché non erano stati approvati i bilanci degli ultimi dieci anni. In arrivo otto milioni di euro, serviranno a pagare gli stipendi ai dipendenti.
Quello che Caldarone non dice chiaramente, ma che si evince dal suo racconto, è che, “considerando il buon lavoro svolto, con dieci anni di bilanci approvati in sette mesi”, la speranza fosse ormai quella di un ripensamento da parte della giunta, un tentativo di rilanciare l’Esa piuttosto che sopprimerlo. E invece no.
Ma dire che il governo “caldeggia” la chiusura dell’Esa è un eufemismo. Il presidente della Regione Nello Musumeci ne ha fatto un cavallo di battaglia durante la campagna elettorale e lo ha ribadito ancora in un accorato video di qualche mese fa, dove ha definito l’Ente per lo Sviluppo agricolo come “l’ultimo carrozzone della Prima Repubbblica” prima di “avvisare” gli alleati di maggioranza – che avevano spalleggiato le opposizioni per far saltare la norma dalla Finanziaria, e poi dal Collegato – che l’opzione era chiusura dell’Esa o tutti a casa.
Cuore dell'”operazione Esa” sarebbe soprattutto il patrimonio dell’ente: un ingente patrimonio, costituito da immobili e terreni. “Inestimabile”, come lo definisce Caldarone.
Nella corsa verso la soppressione, a succedere a Nicola Caldarone dovrebbe arrivare una fedelissima di Nello Musumeci: il nome, privo ancora dell’ufficialità, è quello di Daniela Lo Cascio, che ha già ricoperto diversi ruoli nell’amministrazione regionale e che dovrebbe adesso prendere in mano le redini della liquidazione dell’ente, traghettando il salvabile presso un nuovo dipartimento dell’Assessorato all’Agricoltura, guidato da Edy Bandiera.
“L’esperienza insegna che i cambi al vertice degli enti, producono comprensibili periodi di rallentamento delle attività e dell’azione, stasi che riteniamo l’Esa non possa permettersi”, scrivono la Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil in una nota indirizzata a Musumeci e a Bandiera. “Senza esprimere improvvide valutazioni a priori – proseguono – ci auguriamo che le scelte che il Governo intenderà fare, siano in linea con il rilancio dell’Esa e non vengano vanificate le poche ma certamente positive cose fatte, dando di contro maggiore impulso propositivo, nell’interesse principale della nostra terra, dei lavoratori e del mondo agricolo che rappresentiamo”. I sindacati hanno perorato anche la causa di Caldarone: “Senza voler travalicare i limiti che ci competono, vogliamo evidenziare che nell’ultimo periodo, con l’attuale presidenza abbiamo avviato relazioni sindacali, volte a migliorare, valorizzare e rilanciare un ente che può dare tanto alla Sicilia e ai siciliani, oltre ad aver affrontato problemi contrattuali e occupazionali che da tempo aspettano una risposta”.
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01 Ottobre 2018, 18:36