26 Novembre 2015, 18:35
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PALERMO – Alla fine, nel 2020, ad andarsene saranno in 4.580. Quasi uno su tre. Con un risparmio che però la Regione non è ancora in grado di prevedere. I prepensionamenti dei regionali con le regole pre-Fornero, varati in primavera, entrano nella fase operativa: l’11 novembre, quando è scaduto il termine ultimo per candidarsi alla pensione, al dipartimento Personale erano arrivate 4.580 domande, che adesso dovranno essere elaborate e scaglionate per anni. “Gli uffici – garantisce la dirigente del dipartimento, Luciana Giammanco – saranno in grado di elaborare i dettagli, con il calcolo complessivo dei risparmi, entro i primi giorni di dicembre”.
Intanto, per cominciare, ci sono i dati aggregati. Dati che, per dire la verità, comprendono anche una piccola porzione di pensionamenti “naturali”, insomma di lavoratori che sono semplicemente arrivati a fine carriera e che quindi non accedono al prepensionamento agevolato. Tutti gli altri subiranno una piccola riduzione dell’assegno: il 10 per cento dello stipendio per chi lascia mamma Regione subito, il 15 per cento per chi lo farà nei quattro anni successivi. Il Tfr, invece, sarà pagato a scadenza naturale, cioè nel momento in cui la pensione sarebbe dovuta scattare se questa finestra non fosse esistita.
Un’occasione che, comunque, non è stata garantita a tutti. Per chiudere subito la carriera alle dipendenze di Palazzo d’Orléans e schivare le norme introdotte dalla Finanziaria, che ha equiparato le pensioni a quelle degli statali, erano necessari i requisiti previsti prima della riforma Fornero: 65 anni e 3 mesi di età e 20 anni di contributi versati, oppure almeno 61 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi. In quest’ultimo caso, però, la somma fra anni di età e anni di contributi doveva superare “quota 97”. “La logica – spiega Giammanco – è invogliare i dipendenti ad andare in pensione. Nell’ultimo giudizio di parifica, ma in realtà anche nei precedenti, la Corte dei Conti ci ha ricordato che la Regione ha un organico molto ampio, frutto di politiche vecchie. Adesso è il momento di tagliare”.
Stando all’ultimo report della Regione, i dipendenti sono 16.719. I dati, aggiornati al 31 dicembre dell’anno scorso, parlano chiaro: 29 direttori generali, 1.709 dirigenti, 14.799 dipendenti inquadrati nelle quattro categorie “standard”, 151 contrattisti e 31 dipendenti di altro genere. “Bisogna dire – osserva Giammanco – che abbiamo così tanto personale perché lo Statuto ci delega funzioni che altre Regioni non hanno. Insomma: è naturale che la Sicilia abbia più dipendenti”. Per pagare loro gli stipendi, la Regione spende ogni anno poco meno di un miliardo: il dato 2014, inclusi i dipendenti delle Terme di Sciacca e Acireale, ammonta a 960 milioni e 393 mila euro. Alla fine della cura dimagrante, i dipendenti saranno invece poco più di dodicimila. Appunto, poco più di due terzi dei numeri attuali.
Il risparmio, però, non sarà di un terzo, cioè di 300 milioni. E qui si entra un po’ nel tecnico: dal punto di vista pensionistico la Regione ha infatti due tipi di dipendenti, quelli assunti fino al 1986 e quelli che hanno vinto concorsi banditi dopo quell’anno. Per i primi i contributi non venivano versati alla Regione, ma allo Stato: a pagare la pensione, però, sarà sia in un caso che nell’altro Palazzo d’Orléans, che quindi con i secondi avrà un risparmio maggiore. “Un terzo del personale – chiarisce la dirigente – è entrato prima del 1986, e molti dei dipendenti che oggi vanno in pensione fanno parte di quella categoria. Il risparmio, comunque, avrà dimensioni importanti”. Se non altro per snellire l’immagine di una “mamma Regione” dall’organico sovrabbondante. Per uno su tre la cura dimagrante è appena cominciata.
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26 Novembre 2015, 18:35