30 Ottobre 2017, 17:03
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PALERMO – Alcuni erano già in carcere, altri ci sono finiti con il blitz di stamani. Il loro nome fa capolino nelle storie di pizzo, molte denunciate dalle vittime, ma anche nei progetti di morte che hanno scosso il mandamento di Bagheria.
Damiano D’Ugo, 56 anni, originario di Altavilla Milicia, viene inguaiato dalle dichiarazioni convergenti di tre collaboratori di giustizia: Sergio Flamia, Antonino Zarcone e Vincenzo Gennaro. Zarcone lo piazza nel gruppo di Michele Modica e Franco Lombardo (tutti e due già detenuti) che “volevano fare il salto di qualità, volevano uccidere Pietro Granà perché Pietro Granà bloccava le estorsioni nel territorio, non aveva l’interesse di chiedere mille o duemila euro a villette, quando aveva le forniture di materiale”. Le indagini farebbero emergere il suo ruolo nell’estorsione ai danni di un imprenditore che si occupa di imbottigliamento di acqua minerale. “Lui sapeva che con noi altri non poteva coglionare – diceva Emanuele Cecala, che in carcere c’ finito da un pezzo – mischino non parlava”. L’imprenditore, dunque, avrebbe pagato il pizzo senza denunciare.
Alla famiglia di Altavilla Milicia apparterrebbe anche Vincenzo Urso, 70 anni. Secondo Zarcone, Urso si era ritagliato un ruolo di primo piano nel settore immobiliare. Sarebbe stato lui a decidere a chi e a quale prezzo vendere alcune delle tante villette costruite nell’ultimo decennio nella zona di Bagheria. Gestiva gli affari e incassava una parte del denaro.
Altro personaggio finito in cella è Salvatore Zizzo, 57 anni. Contro di lui non ci sono solo i racconti dei pentiti, ma anche la denuncia di un imprenditore del settore ittico di Santa Flavia che lo ha indicato: sarebbe stato lui ad imporgli il pizzo. Zarcone ha pioi aggiunto di essersi servito di Zizzo anche per l’estorsione ai danni del titolare di un impianto di calcestruzzi di Bagheria. L’imprenditore era uno “che ha sempre pagato, in qualsiasi occasione, in qualsiasi anno”. E il ruolo di Zizzo? Si occupava di “tutta la gestione per quanto riguarda le somme di denaro che doveva dare”. I soldi “sempre Zizzo me li faceva avere a 5, a 4 a 3 mila euro”. Tra il 2008 e il 2011 l’impresa sarebbe stata costretta a sborsare cento mila euro “tenuto conto che tutti i lavori dove andavano pagavano”.
In manette è finito anche Vito Lucio Guagliardo, 55 anni, di Altavilla Milicia, intercettato mentre imponeva, secondo l’accusa con metodo mafioso, l’assunzione del figlio a un imprenditore: “Lo sa che nella vita si perde la pazienza?… non c’è bisogno di vedersi prima ormai qua abbiamo chiarito tutto, lei mi deve solo chiamare e dire, lei viene e facciamo firmare assieme, e suo figlio è messo a tutto il giorno”. Il datore di lavoro, però, lo ha denunciato: “Guagliardo è una cattiva persona”. Anche Nicola Marsala avrebbe cercato di fare assumere un parente da un costruttore, che lo ha denunciato, al quale aveva chiesto anche il 3 per cento su un lavoro ottenuto a Termini Imerese.
Più delicata la posizione di Andrea Fortunato Carbone, 52 anni, che insieme a Michele Modica avrebbe dovuto uccidere il boss Pietro Lo Iacono. Il mandante, almeno così sostiene il pentito Sergio Flamia, sarebbero stato il capomafia di Bagheria Pino Scaduto.
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30 Ottobre 2017, 17:03