12 Febbraio 2022, 13:30
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CATANIA – Il blitz scattò nel 2015. La chiamarono operazione ‘Santa Barbara’, da una via di Castiglione di Sicilia dove erano residenti la maggior parte degli arrestati. L’inchiesta svelò come Cosa nostra – il clan Brunetto in questo caso – avesse ‘cercato’ di fare cassa attraverso le estorsioni alle cantine di rosso dell’Etna, alcune tra le più conosciute tra Randazzo e Castiglione. Un modus operandi tradizionale: la bottiglia incendiaria, la richiesta di cercarti l’amico buono, il danneggiamento in caso di mancata risposta, l’avvertimento. E se non c’era il pizzo si offriva il ‘servizio di guardiania’ con un tariffario che oscillava in base alle misure del latifondo. Ma il gruppo di Carmeluccio Oliveri, considerato l’erede di Paolo Brunetto, avrebbe fatto soldi anche con la droga. Le indagini dei carabinieri partono proprio da un summit a Giarre nel 2013 dove è presente proprio il boss.
È arrivato, qualche giorno fa, il verdetto d’appello del processo ordinario e Carmelo Pietro Oliveri, questo il suo nome per esteso, è stato condannato a 22 anni. La Corte d’Appello ha insomma confermato la pesante sentenza di primo grado. Così come ha confermato le pene nei confronti di Giuseppe Calandrino a 15 anni, Salvatore Pantano 7 anni, Alfio Papotto a 12 anni, e Luca Daniele Zappalà a 13 anni. Riformata invece la condanna di Del Popolo, difeso dagli avvocati Michele Pansera e Alessandro Vaccaro, a 10 anni 4 mesi e 10.350 di multa (assolto da un capo di imputazione). Ridotta a 3 anni e 3 mila euro di multa la pena comminata a Gaetano Lomonaco su accordo delle parti, riformata a 7 anni 7 mesi e 7.700 euro di multa nei confronti di Giuseppe Lomonaco. Assoluzione piena per Emilio Aramis, difeso dagli avvocati Enzo Trantino e Mirko La Martina. Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. A quel punto le difese decideranno se ricorrere per Cassazione.
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12 Febbraio 2022, 13:30