17 Maggio 2017, 06:01
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PALERMO – Non basta sorprendere un detenuto agli arresti domiciliari sulle scale del palazzo per mandarlo in cella. Il codice di procedura penale prima obbligava il giudice ad aggravare subito la misura cautelare. Ormai è entrata in vigore una modifica e si deve valutare discrezionalmente se il il fatto sia o meno di lieve entità. Il provvedimento non va più tarato solo ed esclusivamente sulle esigenze cautelari.
L’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo (il collegio è composto da Antonella Consiglio, Giuseppina Cipolla ed Emilio Alparone) inciderà nelle decisioni future. Il caso in esame è quello che riguarda Vittorio Di Maio, finito in carcere lo scorso ottobre con l’accusa di avere fatto parte di banda di rapinatori che assaltava le banche e se la prendeva pure con i turisti in visita al mercato Ballarò. Cinque le persone arrestate dagli agenti della Squadra mobile, tra cui Emanuele Rubino sotto accusa per il tentato omicidio di Yusupha Susso, un giovane gambiano ferito con un colpi di pistola alla testa perché aveva reagito alle angherie dei picciotti di Ballarò.
Il 26 marzo scorso suona l’allarme del braccialetto elettronico messo alla caviglia di Di Maio. I poliziotti si recano nell’abitazione. Citofonano due volte senza fortuna, fino a quando un residente apre il portone dello stabile e notano due persone sulle scale. Uno è Di Maio che, però, sta facendo rientro in casa.
Il suo legale, l’avvocato Vincenzo Pillitteri, invoca la modifica del codice e spiega che si è trattato di un allontanamento “minimo” visto che l’uomo è rimasto all’interno del palazzo e stava parlando con un altro residente dell’edificio. Il Riesame gli ha dato ragione sottolineando che il fatto “non costituisce indice di una sua radicale insofferenza alle prescrizioni”. Dunque gli arresti domiciliari bastano a fare fronte alle esigenze cautelari.
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17 Maggio 2017, 06:01