L’ex Chimica Arenella abbandonata | Tra spettri di spie e canili lager

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05 Marzo 2017, 19:17

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Le “case dei fantasmi” sono stabilimenti industriali ai bordi delle strade e alle periferie delle città siciliane. Sorgono in mezzo al nulla o accanto a palazzi nuovissimi, circondate dal verde o ai margini di centri commerciali. Sono inserite nel paesaggio da talmente tanto tempo che ci siamo abituati alla loro presenza. Spesso sono abbandonate e ci chiediamo cosa siano state e quale sarà il loro destino, mentre a volte vivono ancora, ma nascondono storie del passato che aspettano di essere raccontate. Questa quinta puntata ci riporta a Palermo, in una fabbrica il cui destino è stato intrecciato a intrighi internazionali e di alta finanza.

Il sottomarino tedesco che il pomeriggio del 31 gennaio 1918 attaccò la Chimica Arenella emerse in mezzo alle barche da pesca, ferme nella nebbia per pescare sardine. Arrivò fino a meno di un chilometro dalla costa, stese una vela per mimetizzare il periscopio e iniziò a sparare con un pezzo d’artiglieria verso la fabbrica. I primi colpi finirono su Monte Pellegrino, ma tiri più precisi si abbatterono più volte sull’edificio dell’anidride solforosa e sulla ciminiera, prima che un marinaio italiano in licenza riuscisse a dare l’allarme. Quando le batterie italiane risposero al fuoco il sottomarino ammainò la vela e, tranquillo com’era arrivato, sparì.

Del bombardamento tedesco all’Arenella si parlò poco, all’epoca, dato non si voleva pubblicizzare un episodio bellico imbarazzante per gli italiani. Ma fu l’ultimo atto di un intrigo internazionale che aveva al centro la Chimica Arenella, ex Fabbrica Chimica Italiana Goldenberg. Il blocco di quattordici edifici industriali in stile liberty nella zona nord di Palermo, subito dopo la tonnara Florio, oggi è abbandonato e non si sa bene che farne, ma una volta era il più grande produttore mondiale di acido citrico e acido solforico, che venivano caricati usando un pontile privato in cui non c’erano controlli doganali. Proprio questa grandezza, e il modo in cui era stato possibile ottenerla, fu però la causa della sua stessa fine.

I primi anni del novecento erano quelli in cui gli imprenditori stranieri, approfittando del ritardo nell’industrializzazione italiana, venivano a investire al sud. La Sicilia faceva gola per le sue miniere di zolfo e per gli agrumi, da cui si poteva produrre l’acido citrico, e per questo un gruppo di imprenditori tedeschi investì in una fabbrica chimica cercando di strappare alla neonata Camera Agrumaria prezzi bassi sul citrato prodotto in Sicilia. Palermo fu scelta perché agli imprenditori tedeschi non dispiaceva piazzarsi nel quartier generale dei Florio, e con l’acquisto, per centomila lire di allora, di terreni incolti nei pressi della tonnara dell’Arenella si poté costruire il primo nucleo dello stabilimento Fabbrica Chimica Italiana Goldberg. La produzione di acido solforico e di acido citrico partì nel 1913, con qualche problema legato alla cronica mancanza d’acqua che rallentava la produzione, soprattutto d’estate.

La grande occasione per la Goldberg arrivò con la prima guerra mondiale, durante la quale si gonfiò la domanda mondiale di acido citrico, usato soprattutto come disinfettante negli ospedali. L’ingresso dell’Italia nel conflitto contro la Germania, però, causò i primi problemi e indusse la dirigenza a cambiare il nome della fabbrica in Chimica Arenella e a ridimensionare qualsiasi presenza tedesca al suo interno. Circolavano infatti voci su una scarsa lealtà verso lo sforzo bellico dell’Italia, e la paura era che lo stabilimento passasse sotto amministrazione controllata.

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Le accuse erano pesanti: spionaggio e contrabbando di zolfo verso un paese nemico. Una campagna stampa condotta sul Giornale di Sicilia dal parlamentare Aurelio Drago accusò la dirigenza dello stabilimento di spedire zolfo in Germania passando dalla Svizzera, e di usare il pontile privato per ricevere pezzi di navi da guerra. Alcune lettere non firmate insinuarono che la Chimica Arenella, completamente chiusa a qualsiasi ispezione dall’inizio della guerra, fosse una base segreta per sottomarini tedeschi, ma alle voci non si diede mai seguito, dato che la campagna stampa finì quando Drago ottenne delle quote nella fabbrica. L’attacco del sottomarino nel gennaio 1918 fu, si disse allora, il modo escogitato dal governo tedesco per smentire le accuse di spionaggio, dimostrando che all’Arenella non c’era nessuna base segreta. Secondo altri storici fu un errore del comandante del sottomarino, che non aveva ricevuto gli ordini con cui il comando tedesco ordinava di risparmiare la Chimica Arenella nonostante fosse la fabbrica di un paese nemico.

L’invenzione di metodi più efficienti per la sintesi dell’acido citrico tolse grossi pezzi di mercato alla Chimica Arenella per tutti gli anni venti. La continua battaglia tra palermitani e tedeschi per la supremazia nel gruppo dirigente creò confusione e ritardi fino a che lo stabilimento non dovette chiudere, lasciando centinaia di famiglie sul lastrico. Un tentativo di risollevare la fabbrica fu fatto con la cessione nel 1940 al gruppo zuccheriero Montesi, che la fece rivivere passando a produrre anche lievito di birra, ma la concorrenza e la mancanza di investimenti costrinsero a chiudere definitivamente lo stabilimento nel 1965.

Da allora i quattordici edifici della Chimica Arenella sono in stato di abbandono e invasi dai rifiuti, eccetto gli spazi occupati da piccole imprese nautiche. Dal 1998 sono passati al comune di Palermo e sono al centro di un continuo dibattito su quale potrebbe essere la loro destinazione, con progetti che periodicamente propongono di trasformare i padiglioni in incubatori di impresa o in strutture turistiche che sfruttino la vicinanza con il mare. Nel tempo non sono mancati i finanziamenti, con, tra gli altri, i 6 milioni e mezzo di euro di fondi europei stanziati per mettere in sicurezza la torre d’acqua, che non vennero però utilizzati per il fallimento della ditta appaltatrice. Lo stesso comune di Palermo ha finanziato diversi progetti per attrarre investimenti privati, ma l’area è talmente grande che è difficile pensare a come sfruttarla al meglio.

La Chimica Arenella è rispuntata nelle cronache cittadine nel 2016, perché è stata raggiunta dagli incendi di Monte Pellegrino scatenando l’allarme per la combustione dei rifiuti sparsi tra i padiglioni. Pochi mesi dopo si è scoperto che nell’edificio del lievito c’era un vero e proprio lager per cani, tenuti lì dentro non si sa da chi in stato di denutrizione avanzato. Una volta la fabbrica era la punta avanzata di una città proiettata verso il mondo, mentre oggi chiunque può entrare nello stabilimento, piazzare una porta e un lucchetto e darsi da fare.

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05 Marzo 2017, 19:17

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