29 Gennaio 2024, 05:01
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CATANIA – Se di sviluppo del porto di Catania si deve parlare, allora lo si faccia con quello che già si ha. E non con quello che, in prospettiva, bisognerebbe comprare o espropriare. Sono bastate queste due frasi, non proprio letterali, per chiudere la porta in faccia al più grande progetto di allargamento dell’infrastruttura catanese che si sia pensato da anni, quello che coinvolge l’ex cementeria Italcementi di via Domenico Tempio. Un ecomostro che sorge dentro a un’area di sei ettari sul quale ha messo le mani la famiglia Caruso di Paternò. Secondo quanto risulta a questa testata, l’allargamento delle pertinenze del porto oltre via Tempio è stato escluso dalle ipotesi del nuovo piano regolatore portuale del capoluogo etneo.
Quasi un anno fa, ad aprile 2023, LiveSicilia.it aveva rivelato gli interessi degli imprenditori Caruso sul cementificio di fronte al porto di Catania. Un vuoto urbano, di cui le cronache si sono occupate per gli sgomberi di clochard e per lo stato di abbandono in cui versa da anni. E che, secondo quanto appreso da questa testata, è al centro di un grandioso progetto di riqualificazione che, nelle intenzioni di chi l’ha messo in piedi, doveva coinvolgere anche le istituzioni pubbliche: il Comune di Catania e l’Autorità di sistema portuale del mare di Sicilia orientale.
Il piano prevede la trasformazione dell’ex Italcementi in un polo congressuale, attorniato da aree verdi aperte ai cittadini, alberghi e ristoranti collegati tra loro con ponti aerei. Un immaginario avveniristico, degno delle città europee coi migliori legami con il mare. Un futuro possibile con l’investimento economico dei privati e la collaborazione delle amministrazioni locali.
Nella scheda di presentazione dell’idea, appaiono i nomi di diversi professionisti catanesi. Tra i quali il commercialista Antonio Pogliese: attualmente sotto processo per bancarotta fraudolenta, accusa che ha sempre respinto, è il padre dell’ex sindaco e adesso senatore di Fratelli d’Italia Salvo. Pogliese senior si è occupato di immaginare i benefici per il pubblico dalle interlocuzioni coi privati.
E, in particolare, con l’Autorità portuale. Le aree industriali al di là di via Domenico Tempio, proprio di fronte al porto, già nei documenti di programmazione strategica redatti dalla stessa Autorità portuale tra la fine del 2020 e la primavera del 2022, vengono indicate come le più adatte per la realizzazione di un “distripark“. Vale a dire: un polo logistico. Un’area retroportuale dove fare transitare e sostare i mezzi pesanti che quotidianamente attraversano il porto di Catania. Nelle ipotesi, c’era perfino un collegamento sopraelevato tra l’ex cementeria e l’area portuale. Una rivoluzione che, come confermato dal presidente dell’Autorità portuale Francesco Di Sarcina a questo giornale, avrebbe reso necessario un acquisto dei terreni. O, quantomeno, un esproprio.
Una opzione che si sarebbe tradotta in un introito di denaro per la Ex Cem srl, la società della galassia Caruso proprietaria della cementeria dismessa. I nomi dei fratelli Emanuele Gaetano Caruso (classe 1967) e Gaetano Caruso (classe 1969) non sono nuovi alle cronache: Emanuele è stato condannato insieme alla compagna (la siracusana Daniela Pisasale) a quattro anni di reclusione, in primo grado e col rito abbreviato, per una faccenda di corruzione alla discarica di Bellolampo, a Palermo. Nel lontano 2004, ai fratelli vengono sequestrati i beni e vengono coinvolti in un’inchiesta di mafia. L’accusa non regge. I beni vengono restituiti e tre gradi di giudizio confermano il proscioglimento degli imprenditori paternesi. Altro che carnefici, erano vittime, diranno i giudici.
Nella presunta corruzione a Bellolampo è coinvolta una delle più note aziende della galassia Caruso: la Rem srl, amministrata da Giuseppe Maria Santangelo e da Andrea Domenico Rendo, nipote del più noto Cavaliere del lavoro Mario Rendo. I due – Santangelo e Rendo – sono indagati per deposito incontrollato di rifiuti in un’inchiesta che riguarda l’impianto di compostaggio della Rem, l’ex macello in contrada Milisinni, all’estremo margine della zona industriale di Catania. La procura di Catania ha chiuso il fascicolo nell’autunno 2023.
Al di là delle inchieste giudiziarie, però, i progetti di famiglia sono innumerevoli. E sempre di alto livello: dal polo logistico di Eurospin, tra il fiume Simeto e la tangenziale di Catania, al grande impianto per il trattamento dei terreni contaminati e dei liquami contenenti idrocarburi che, entro agosto 2025, dovrà vedere la luce in contrada Grotte San Giorgio.
In questo multiforme universo di attività, almeno una ha intanto subito un primo stop. Il distripark per la logistica dell’area commerciale del porto di Catania non si farà. Nonostante fosse contenuto nei piani di sviluppo dell’Autorità portuale, secondo quanto risulta a questa testata è stato escluso dai progetti che costituiranno l’ossatura del prossimo piano regolatore del porto di Catania.
Non è stato considerato, cioè, tra le possibilità di espansione delle aree portuali. Né incluso tra i progetti legati al miglioramento del movimento dei mezzi pesanti in entrata e in uscita dal porto etneo. Un primo freno a quelle “speculazioni vecchio stile” temute dalla Cgil etnea che, prima tra le organizzazioni sindacali, ha acceso i fari sull’ex Italcementi e sulla rilevanza pubblica di un progetto così impegnativo.
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29 Gennaio 2024, 05:01