16 Settembre 2020, 05:25
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PALERMO – Il tribunale del Riesame accoglie parzialmente il ricorso della Procura e ordina gli arresti domiciliari per Vincenzo Li Calzi, uno degli indagati dell’inchiesta sulla corruzione nella sanità siciliana.
La misura cautelare resta “sospesa” perché la difesa farà ricorso in Cassazione, ma si tratta comunque di un passaggio delicato. I pm avrebbero voluto mandarlo in carcere, ma il giudice per le indagini preliminari respinse la richiesta. Da qui il ricorso. L’ultima parola spetta ai supremi giudici.
Li Calzi, braccio destro dell’imprenditore Salvatore Manganaro, è un avvocato di Canicattì. Il suo nome è legato a uno dei temi principali dell’inchiesta della Procura di Palermo. Esiste un archivio che contiene i segreti di quello che i pm definiscono “un comitato d’affari della sanità”. Un archivio che i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno trovato, sequestrato e iniziato a decriptare.
Fabio Damiani, manager dell’Asp di Trapani ed ex responsabile della Centrale unica di committenza che gestiva gli appalti in Sicilia e il “faccendiere” Salvatore Manganaro erano molto guardinghi.
L’archivio è composto da quattro Nas, Network Attached Storage, dispositivi collegati alla rete la cui funzione è quella di consentire agli utenti di accedere e condividere i file che vi vengono caricati.
L’avvocato Li Calzi nelle conversazioni intercettate si mostrava preoccupatissimo. Nel settembre 2019 parlava con l’ingegnere e progettista Antonio Lodato. “Sii… tu in galera, ma che cazzo, non puoi finire in galera… impossibile, per questo non devi… tu, qua… – diceva l’ingegnere in un momento di sconforto di Li Calzi che aveva deciso di mollare tutto – quale società può stare qua?”.
Li Calzi: “Hc e il trust”. Lodato: “… e tu qua devi avere i documenti di HC e il trust… e quando s’arricampa e suona qualcuno e non ti piace… intanto prendi gli hard disk e i tiri dda in capo… che trovano? Niente registrato…tutto togliamo… unne o Nas (dov’è in il Nas)? Stacchi il cavo di rete e hai finito. Punto. Devi però… non devi dormire qua… trovati casa dove vai a dormire”.
Il perno centrale del sistema ideato da Manganaro era il “The MH Holding Trust”, di cui Li Calzi risulta essere il trustee, costituito nel 2016. Il trust è un rapporto giuridico nel quale una persona amministra e controlla dei beni per conto di terzi, che ne sono beneficiari. Attorno alla figura di Li Calzi ruoterebbe una serie di società: Datamed di Milano, Greensolution di Palermo, l’associazione sportiva MH Motorsport di Canicattì (l’unica della quale Manganaro risulta formalmente rappresentante legale), Easy Spine, Mh Investimenti e Healthcare Innovation, tutte con sede a Palermo.
Si tratta di società di forniture medicali, ma anche di progettazione, sviluppo ed efficientamento energetico, informatizzazione aziendale, attraverso cui Manganaro, e dunque secondo l’accusa Damiani, avrebbero ottenuto commesse pubbliche in mezza Sicilia.
Ed ecco il cuore delle indagini ancora in corso. Manganaro ha fatto delle ammissioni ai magistrati. La sua credibilità, però, deve essere ancora vagliata. Per farlo si sta setacciando una molte di contratti. Complicato ma non impossibile orientarsi in quello che lo steso Manganaro definisce “sottobosco”, popolato da “facilitatori” che si muovono per conto delle imprese e incassano “10 mila euro al mese per fare andare le cose bene”; da funzionari e dirigenti amministrativi che chiudono un occhio quando vengono espletate le gare e concessi affidamenti diretti; da medici compiacenti.
Il racconto di Manganaro parte dalla stagione dell’ex manager dell’Asp 6 di Palermo Salvatore Cirignotta e giunge fino ai giorni nostri.
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16 Settembre 2020, 05:25