15 Aprile 2013, 19:03
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CATANIA- Colpo di scena nel processo d’Appello per l’omicidio della professoressa Antonella Falcidia. Doveva essere il giorno del ritiro in Camera di consiglio per i giudici della prima sezione penale presieduta da Luigi Russo. Le richieste del Pg, Domenico Platania, e le repliche dei legali di Vincenzo Morici hanno invece introdotto nuovi elementi di discussione provocando il rinvio della sentenza. La Corte ha deciso di calendarizzare la decisione per la prima settimana di giugno, suscitando le proteste dei legali di Morici: “Non ne possiamo più di quest’attesa- ha detto Enrico Trantino- che incrina la nostra fiducia nella giustizia” . E la difesa è tornata ad esibire in aula le foto che ritraggono la ricostruzione tridimensionale del luogo del delitto.
“E’ stata ravvisata un’assoluta mancanza di prove e di indizi sulla presenza di estranei nell’appartamento fino al rientro a casa di Morici” ha detto Platania, ripercorrendo le argomentazioni esposte in una memoria depositata il giorno della requisitoria. “Non è stato un omicidio a scopo di rapina- ha continuato il Pg- perché nulla è stato toccato e nessuna traccia di sangue è stata rinvenuta nel pianerottolo o accanto all’ascensore, traccia che un estraneo avrebbe senza dubbio lasciato”. A sostegno della colpevolezza di Morici, il Pg cita poi il coltello da cucina usato per recidere la carotide della vittima e, soprattutto, la testimonianza del collega dell’imputato, il dott. Salvatore Campagna, sulla tempistica del rientro in casa dopo una trasferta a Nicosia.
Proprio sul suo racconto reso due giorni dopo l’omicidio, il 6 dicembre 1993, riposava l’alibi dell’imputato. Ma le deposizioni risalenti al 2006 diedero indicazioni diverse: “Non so spiegare perché, sentito all’epoca- disse Campagna- dichiarai che erano le 22,30. Confermo senza alcun dubbio la circostanza che lasciai il Morici al bivio di Agira tra le 22,00 e le 22,15 del 4 dicembre 1993. Anzi con ogni probabilità dovevano essere le 22,10”. “Rincasando alle 23- ha sottolineato oggi Platania- Morici avrebbe avuto tutto il tempo per compiere il delitto e occultare le prove”. Ma il collegio difensivo non ci sta. “La perizia di Biagio Guardabasso- ha ripetuto Trantino- fondandosi sull’esame della temperatura corporea, ha dimostrato che il delitto è stato compiuto almeno 40 minuti prima delle 23, escludendo la colpevolezza di Morici”.
Nuove perplessità sono state sollevate dagli stessi giudici, stavolta riguardo alla perizia prodotta dal Ris di Messina riguardo alla misura delle calzature la cui impronta si è impressa sul pavimento di via Rosso di San Secondo. “La stima dei Ris- ha detto il giudice Russo- è stata compiuta mediante esame comparativo con la mattonella del pavimento. Solo che l’appartamento è stato nel frattempo venduto e ristrutturato. E’ la mattonella originale o quella nuova?”. Per i legali di Morici la misura della calzatura rilevata dai Ris è diversa da quella dell’imputato: “E’ tra il 42 e il 43 e mezzo, mentre Morici calza il 41”. Per il Pg, invece, sono rilevanti due tracce caratterizzate dall’assenza di sangue rinvenute all’interno di una macchia ematica localizzata sul pavimento. Adiacente ad esse è localizzata la presunta scritta tracciata sulla balza del divano che, secondo i Pm ricorrenti, sarebbe da attribuire alla vittima.
“Quella Morici-Falcidia era ormai una coppia scoppiata- ha spiegato Platania- perciò il fatto che non si sia scoperto il movente del delitto non costituisce un indizio di innocenza per l’imputato”. Ma la tesi del Pg è stata duramente criticata dai difensori: “Questo processo- ha concluso Trantino- è l’esempio di come un processo non dovrebbe essere: mancanza di un movente nelle tesi dell’accusa, indagini approssimative, spettacolarizzazione mediatica”. I legali hanno chiesto una “soluzione riparatrice”, una sentenza assolutoria per Vincenzo Morici. A giugno la parola andrà ai giudici.
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15 Aprile 2013, 19:03