La verità dei presunti killer | Ecco i verbali degli interrogatori

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05 Marzo 2016, 06:02

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PALERMO – Un testimone lo ha visto scendere dal suo Suv e fare fuoco: “Farneticazioni”. I colpi di pistola? “Non so cosa dire, non ho parole. Non ho sentito alcuna esplosione di arma da fuoco e non ho visto nessuna Fiat 500 parcheggiata sulla strada”.

Carlo Gregoli e la moglie Adele Velardo respingono al mittente le accuse di essere i killer di Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, freddati due giorni fa in via Falsomiele, appena scesi da una Fiat 500 L. Non sono i mostri della porta accanto che hanno svestito gli abiti della quotidiana normalità per indossare quello di due spietati assassini.

Ed è la loro normalità che tentano di fare emergere durante gli interrogatori resi davanti ai poliziotti della Squadra mobile. La telecamera li ha inquadrati mentre si allontanavo in macchina dalla loro abitazione. “Alle 7.30 mia moglie è uscita di casa per accompagnare mio figlio a scuola – racconta lui che di mestiere fa il geometra ai servizi cimiteriali del Comune – . Rientrata verso le 9 siamo usciti con la Toyota Land Cruiser”.

Secondo l’accusa, pochissimo tempo dopo, sono tornati indietro per mettere a segno il loro piano di morte. Hanno visto casualmente le vittime? Giravano armati nell’attesa di incrociarli? Avevano un appuntamento? Gli interrogativi aperti sono tanti. Di certo la macchina torna indietro: “Giunti a metà della via Valenza, per via di un malessere di mia moglie, siamo rientrati a casa”. E sul punto la moglie casalinga spiega: “Ultimamente soffro di problemi di pressione, unitamente a mio marito sono uscita di casa intorno alle 9 per recarmi alla vicina farmacia, ma dopo avere percorso un paio di chilometri mi sono accorto che ero senza soldi e che mi era venuto il ciclo mestruale e abbiamo fatto immediato rientro a casa”.

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Ed ora c’è l’episodio più anomalo. Perché per raggiungere la propria abitazione i coniugi, percorrendo la via Falsomiele, avrebbero dovuto immettersi in una piccola stradina. Ed invece hanno tirato dritto. Non solo: un minuto e mezzo dopo ecco che nelle immagini si vede il Suv che fa retromarcia. In quei novanta secondi sarebbe avvenuto il duplice omicidio.

Sulla manovra in retromarcia le versioni di marito e moglie non coincidono: “Non so spiegare perché giunto all’altezza del bivio che conduce alla mia abitazione – racconta il marito – abbia proseguito e non so spiegare perché dopo un minuto e mezzo sono rientrato a retromarcia…”. Una spiegazione, invece, la fornisce la donna: “… ricordo che mio marito mi stava richiamando perché dimentico sempre tutto… ricordo ora che abbiamo fatto retromarcia ma forse ciò è avvenuto perché mio marito ha sbagliato strada…”. Poi, rivela un particolare del marito: “…. assume farmaci antidepressivi dal 2013 è stato in cura da un dottore”.

Infine, entrambi dicono di conoscere appena Vincenzo Bontà. Gregoli spiega che “conoscevo il signor Bontà in quanto credo fosse imparentato con un mio cugino, mentre non conoscevo affatto l’altra vittima… di fronte il cancello che delimita la mia proprietà c’è un agrumeto riconducibile agli eredi di Stefano e Giovanni Bontate (sono il padre e lo zio della moglie di Bontà, boss della vecchia mafia ed entrambi assassinati)… mi è capitato di vedere Vincenzo Bontà in quel fondo quindi ritengo che una parte fosse a lui in uso… ci incontravamo e ci salutavamo e basta”. Dello steso tenore le frasi della donna: “… non conosco il signor Bontà l’ho sentito nominare in quanto parente di miei parenti”.

Gli investigatori sono certi che siano gli assassini. Gli indagati negano. E il loro legale, l’avvocato Aldo Caruso, parla di “situazioni anomale ancora da chiarire”. Forse è un modo per dire che la strana retromarcia sia stata dettata dalla paura di avere visto qualcosa che non dovevano vedere? La stessa paura che ora li spinge a negare nonostante la pesantissima accusa che gli è caduta addosso? Strategia difensiva di fronte alla schiacciante testimonianza di un passante che non lascerebbe spazio ad alcun dubbio? 

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05 Marzo 2016, 06:02

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