14 Ottobre 2013, 10:01
2 min di lettura
ACIREALE. Nel corso della notte scorsa i Carabinieri della Compagnia di Acireale hanno dato esecuzione a cinque provvedimenti restrittivi emessi dal G.I.P. di Catania su richiesta della Procura della Repubblica nei confronti di altrettante persone, di cui quattro ritenute appartenenti ad un’associazione per delinquere dedita all’usura nel territorio di Acireale e Aci Sant’Antonio. L’associazione ruotava attorno ad un unico nucleo familiare era composta da Camillo Fichera di anni 81, capo dell’ organizzazione , Rosario Fichera di anni 51, figlio del capo, C.C. di anni 76 e T.M.C. di anni 41. È stato tratto in arresto anche S.O. di anni 31, solo per il reato di usura, in quanto il soggetto non è ritenuto appartenente all’associazione.
Le indagini inizialmente erano state avviate per individuare i complici con cui Rosario Fichera aveva commesso una rapina presso la filiale di Ragalna della Banca Popolare di Lodi, hanno consentito di accertare con chiarezza i lineamenti di un’associazione per delinquere dedita alla concessione di prestiti a favore di privati o titolari di attività artigianali e commerciali, sui quali gravavano tassi usurari che arrivavano toccare soglie oscillanti tra il 10 ed il 20% al mese (120-240% annuo), con punte, in un caso specifico, anche del 20% al giorno, ovvero il 600% al mese. Il capo indiscusso, l’anziano Camillo Fichera, in base ai “clienti”, decideva il tasso da applicare ai prestiti elargiti; attorno a lui ruotavano le figure degli altri associati, in primis il figlio Rosario, che si occupava soprattutto di gestire le riscossioni.
I problemi per le vittime scattavano in caso di mancati o ritardati pagamenti; era in questi casi che entrava in gioco il Rosario Fichera il quale, anche dal carcere, mandava le sue donne, ovvero la moglie e la madre, a riscuotere direttamente presso gli esercizi gestiti dalle vittime o a casa delle stesse. In alcune circostanze, per le riscossioni, il 51enne si avvaleva di altri personaggi esterni all’associazione, che concorrevano nel reato solo per singole operazioni.
Le donne, dal canto loro, giocavano un ruolo di esecutrici di ordini, disposizioni ricevute in primis dal Capo, e poi dal figlio. I loro compiti erano sia relativi alle riscossioni dei crediti dovuti dai cattivi pagatori o dai ritardatari, che relativi alla pattuizione delle condizioni dei prestiti. Da sottolineare le cause che hanno spinto le vittime a entrare nella morsa degli “strozzini”: bisogni personali della famiglia, difficoltà economiche delle attività che gestiscono e, cosa da non sottovalutare, l’indebitamento dovuto al vizio del gioco.
Pubblicato il
14 Ottobre 2013, 10:01