21 Dicembre 2013, 17:53
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CATANIA – Una requisitoria fiume, che si concluderà soltanto nel mese di gennaio, per analizzare quelli che il Sostituto Procuratore Giuseppe Sturiale ha definito “i tre blocchi probatori chiave” della vicenda. Un lungo elenco di prove documentali oltre a perizie e numerose testimonianze, che si sono susseguite in dibattimento, per fare piena luce sulla gestione dei laboratori della facoltà di Farmacia dell’Ateneo di Catania. Una vicenda giudiziaria che è salita alla ribalta delle cronache nazionali e che ha portato alla sbarra otto imputati tra funzionari universitari e docenti, accusati a vario titolo di disastro ambientale, gestione di discarica abusiva e falso. Nella lista ci sono tre membri della commissione sicurezza: Francesco Paolo Bonina, Marcello Bellia e Giovanni Puglisi. Con loro Fulvio La Pergola, Antonio Domina, direttore amministrativo dell’Università di Catania, Giuseppe Ronsisvalle, preside della facoltà di scienze farmaceutiche, Lucio Mannino e Franco Vittorio, nella qualità di direttore del dipartimento.
La prima parte della requisitoria. Largo spazio alle cosiddette prove documentali. Una fitta rete di lettere e fax, analizzate cronologicamente, che durante gli anni sono passati dalle scrivanie di alcuni tra i protagonisti della vicenda. Al centro, c’era sempre, la gestione dello smaltimento dei rifiuti prodotti all’interno dei laboratori della facoltà di Farmacia. “Già nel marzo 1996 – spiega il Pm – l’allora Rettore Enrico Rizzarelli contattava i responsabili del dipartimento per sollecitarli alla pulizia e smaltimento di laboratori e rifiuti. Questo dimostra – ha proseguito – che già allora non vi era il rispetto delle procedure previste dalla legge”. Uno tra i passaggi evidenziati con maggiore vigore dall’accusa è stato quello riguardante la direzione che hanno preso alcune testimonianze di coloro che sono stati sentiti in aula nel lungo dibattimento. Si noterebbe infatti, secondo Sturiale, una sorta di “difformità”, nell’analizzare la portata del fenomeno, tra gli imputati e coloro che non “fanno più parte dell’ambiente universitario”. Una spiegazione chiara in realtà ci sarebbe: “Chi lavora negli enti pubblici – ha spiegato il Pm alla Corte della Terza Sezione Penale, facendo una sorta di analisi generale – è solito evitare di esporsi quando si tratta di mettere nero su bianco le problematiche del proprio ufficio”. In questo caso però non si sarebbe trattato di semplici lamentele ma di “una vera e propria emergenza”.
A contribuire nella diffusione dei vapori, ritenuti tossici, e provenienti dagli scarichi di acque bianche e lavandini avrebbe inoltre contribuito secondo l’accusa “il sistema di areazione, elemento fondamentale nella diffusione degli odori maleodoranti provenienti dallo sversamento di sostanze chimiche all’interno dei laboratori del dipartimento di scienze farmaceutiche”. La lunga requisitoria proseguirà a gennaio, mese in cui arriveranno le richieste da parte dell’accusa. Successivamente sarà la volta delle repliche delle parti civili e degli avvocati difensori.
Resta intanto in stand-by l’altro filone processuale delle vicenda, quello riguardante l’ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose. La Procura ha infatti avanzato già da alcune settimane richiesta di archiviazione al Gip in attesa di conoscere l’esito del processo di primo grado già in corso.
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21 Dicembre 2013, 17:53