Fatto il rimpasto? | Facciamo Palermo

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05 Marzo 2019, 19:37

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Sei assessori nuovi di zecca su otto, o quasi se si considera il ritorno di Giusto Catania, due sole riconferme e rimodulazione delle deleghe (con conseguente rotazione dei burocrati). Non ci sono più alibi. I palermitani hanno adesso il diritto di vedere i frutti del corposo rimaneggiamento governativo voluto da Leoluca Orlando, sennò ex post il rimpasto apparirebbe come un’operazione scatenata dagli appetiti dei partiti che sostengono il primo cittadino a Sala delle Lapidi.

Per carità, sappiamo perfettamente che si riapriranno le trattative per placare chi si è sentito escluso e dentro il PD siciliano (dove archiviate le primarie nazionali è incredibilmente ricominciata la guerra tra le fazioni) l’area vicina al neo segretario Nicola Zingaretti, a suo giudizio lasciata fuori dalle assegnazioni assessoriali, sta già creando fibrillazioni nella risicata e irrequieta maggioranza consiliare.

In realtà, ai cittadini interessano poco gli scontri di Palazzo, interessa poco la corsa per un posto in giunta. Contano i risultati, conta che Palermo si incammini finalmente verso la normalità nelle cose normali, non è un gioco di parole, attendendo con pazienza (qui il comune non c’entra) la conclusione delle grandi opere sulla mobilità (in particolare, passante e anello ferroviario e tram). Sì, agogniamo la normalità: dagli autobus puntuali ai marciapiedi agibili, dallo svuotamento dei cestini alla raccolta regolare dei rifiuti, dalla illuminazione pubblica capillare alla presenza sulle strade della polizia municipale, dalla regolamentazione della rumorosa movida alla cura delle zone pedonali e del verde.

Intendiamoci, Palermo è cresciuta, è attraente, visitata da migliaia di turisti, simbolo di accoglienza e di rinascita. Orlando ha avviato una rivoluzione culturale cercando di sviluppare nel palermitano un’inedita vocazione comunitaria da opporre all’atavico e sterile individualismo, l’amore per i beni collettivi da opporre alla gretta mentalità riassumibile nel motto “il mio è mio e me lo guardo, ciò che è di tutti è di nessuno quindi me ne frego”. La mafia a Palermo non comanda più nonostante i suoi tentativi di ricompattarsi, ma invasive sono ancora le zone grigie annidate nei cosiddetti “salotti bene” mentre persistente è il criminale fenomeno del racket e del pizzo.

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L’abusivismo, in ogni settore, è un cancro difficile da estirpare e ampia è la fetta della popolazione mossa da impulsi incivili e da indisciplinatezza arrogante, indifferente alle elementari regole della convivenza, specialmente nei confronti delle fasce deboli: bambini, anziani, invalidi. Orlando – cui riconosciamo il merito di non averci mai fatto vergognare di essere palermitani restituendoci il giusto orgoglio dinanzi a importanti consessi internazionali in cui è largamente accreditato – ha bisogno di una squadra attenta alla corrispondenza tra la quotidianità dell’attività amministrativa e la quotidianità delle esigenze del cittadino. Spesso non collimano affatto.

La nuova giunta sarà all’altezza? Valuteremo senza sconti. Interessante appare la scelta di Fabio Giambrone come vicesindaco. Giambrone ha dimostrato capacità gestionali alla Gesap, seppure il governo di una metropoli sia un po’ più complicato della conduzione di una società aeroportuale, maturando esperienza e professionalità che possono rivelarsi assai utili nel delicato incarico affidatogli dal sindaco. Conosce perfettamente la macchina comunale e la delega, tra le altre, al decoro e alla vivibilità sembra puntare proprio alla dimensione della “normalità” finora carente. Vedremo. Lo ripetiamo, non ci sono più alibi e lungo è il tempo disponibile per agire (oltre 3 anni di consiliatura residua).

Abbiamo chiare le difficoltà, la consistente riduzione dei trasferimenti statali e regionali ai comuni, la vastità delle periferie urbane e delle borgate marinare, l’incultura diffusa, l’evasione fiscale (tasse locali) non marginale, la crisi del commercio e la fuga dei giovani alla ricerca di un lavoro. Nessuno pretende Palermo d’un tratto trasformata in Stoccolma, né che un’amministrazione comunale si debba caricare dei problemi che investono responsabilità e livelli istituzionali diversi (Stato e Regione). Ma la normalità quotidiana nelle cose normali sì, quella la pretendiamo.

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05 Marzo 2019, 19:37

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