15 Luglio 2014, 13:28
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PALERMO – “In questo giorno solenne, rileggiamo intrecciate ed indissolubili due storie: la storia di Rosalia e quella della nostra Città. Facciamo memoria di quello che i nostri padri hanno chiesto a lei nel tragico momento del contagio pestilenziale e rinnoviamo la nostra devozione alla vergine eremita che è per tutta Palermo un autentico faro di santità.
Con la sua semplicità, Rosalia propone anche oggi la misura alta della vita cristiana e lo fa rivolgendosi “da santa palermitana” a “palermitani chiamati alla santità”.
Santa Rosalia risponde totalmente e generosamente, all’invito nuziale rivoltole da Cristo Gesù, come dallo sposo del Cantico dei Cantici: “Alzati amica mia, mia tutta bella e vieni!”
Abbandonando la corte normanna del secolo XII, il suo cuore inquieto ed assetato di infinito cerca valori più grandi e solidi su cui fondare la sua felicità. E comprende che il progetto di santità non può rimanere incompiuto, che Dio vuole costruire nella sua vita qualcosa di nuovo.
“O Dio tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, come terra deserta, arida, senz’acqua” (Sal 62). Così abbiamo pregato con il salmo responsoriale, unendoci al desiderio della vergine Rosalia: il nostro cuore, fatto per il Signore, come ci insegna Sant’Agostino, rimane inquieto ed arido fin quando non giunge alla realizzazione dell’incontro con Dio, giungendo così a riposare nel suo amore.
Per far sì che da questo profondo desiderio di Dio – che è desiderio di pace, grazia, felicità, luce, vita – si sviluppi l’edificio della santità, Rosalia si è messa in ascolto, e si è ritirata in solitudine di preghiera.
Non è fuggita dal mondo, ma ha scelto un rapporto diverso con il mondo, continuando ad alimentare la sua vita attraverso un dialogo costante con il suo Sposo, che si è fatto anche intercessione per la Città, ieri come oggi.
Sembrerebbe storia di altri tempi, che non ci riguarda! Ed invece, questo ritirarsi amoroso di Rosalia ricorda a noi che investire nella preghiera è sempre vantaggioso! Perché ascoltare e parlare al Signore con semplicità di cuore, presentarci a lui che ci ha creato e ci conosce, con le nostre debolezze e i nostri difetti, ci cambia poco a poco il cuore, lentamente, giorno per giorno, e, oltre che trasformare la nostra esistenza personale, migliora anche le nostre relazioni e la nostra vita comunitaria.
Potessimo dire sempre: “O Dio tu sei il mio Dio, dall’aurora ti cerco, ha sete di te l’anima mia…”! Riconosciamo che questo desiderio di Dio viene troppo spesso distratto, stordito, soffocato. Tutto, nelle nostre giornate, diventa sempre più importante della preghiera! Ma per un vero cristiano la preghiera non è un optional… E più che “pregare solo quando si trova il tempo” dobbiamo mettere ogni impegno per “trovare il tempo di pregare”, cioè per garantirci quelle “oasi” necessarie ad ascoltare la voce del Signore, quelle “grotte spirituali” per assicurare il respiro che serve per ritornare alle occupazioni di ogni giorno.
Abbiamo una patrona, una “prima cittadina”, che ha dato priorità all’ascolto di Dio e alla preghiera: impariamo da lei!
Il passaggio dell’Urna della Santuzza per le vie della nostra Città, che riproporremo questa sera, è in realtà il passaggio della sua testimonianza di santità, della sua vita pienamente aderente al Vangelo di Cristo. Una vita che si è alimentata della volontà decisa di allontanarsi dal peccato e dagli oscuri compromessi col male, da quella che San Paolo definisce la vera “spazzatura” che rende sudicia e meschina la nostra esistenza, che ci allontana da Dio e ci pone in urto con i nostri fratelli. Il peccato deturpa l’uomo, e ne abbassa la dignità, la ferisce e la blocca.
Celebrando nostra Santa Patrona, ci chiediamo: abbiamo chiaro che essere cristiani significa essere determinati nella lotta contro il peccato? Sappiamo impegnarci a dire dei “no” alle logiche di sopraffazione, di ingiustizia, di illegalità, di violenza che nella nostra società ci vengono proposte come le uniche vincenti?
Sappiamo riconoscere il peccato e i suoi tranelli che spesso si camuffano come cose apparentemente buone da seguire? Siamo consapevoli che il giorno del Battesimo abbiamo fatto per tutta la vita una rinuncia al male, alle seduzioni del mondo e ai compromessi con gli egoismi e con la malvagità?
Siamo coscienti che la nostra fede è assolutamente incompatibile con i sistemi criminali e mafiosi che deturpano come pestilenze bubboniche il nostro tessuto sociale rubando la speranza alle nuove generazioni?
Mentre nell’essenzialità di Rosalia sentiamo il richiamo del primato assoluto di Dio e la bellezza dei valori autentici della vita che egli ci ha donato, registriamo anche la tristezza di essere troppo spesso “cristiani anestetizzati”, cristiani – come direbbe papa Francesco – “di buone maniere e di cattive abitudini”.
Diciamocelo francamente! Non serve dirsi cristiani solo perché si compie di tanto in tanto qualche gesto di devozione esteriore che lascia tranquilla la coscienza senza interpellarla veramente.
Non serve dirsi cristiani per l’appartenenza formale a questo o a quel gruppo, se poi di fatto le nostre scelte di ogni giorno non sono orientate dal Vangelo. E parlo concretamente del nostro modo di pensare, di parlare, di agire, in famiglia, per la strada, negli ambienti di lavoro, in chiesa.
Oggi più che mai non serve a nessuno un cristianesimo “annacquato”! Spesso alla fede cristiana si rimprovera che nulla avrebbe da dire al mondo di oggi! Ma – interroghiamoci seriamente – è la fede cristiana che nulla ha da dire alla nostra società, o piuttosto la nostra mediocre testimonianza – specie di quanti si dicono “praticanti” – che non dice nulla all’uomo di oggi?
Noi che siamo chiamati a far risplendere davanti agli uomini la luce delle opere buone, del bene che vince il male, mostriamo davvero la bellezza della vita toccata dall’azione di Dio? O per il timore di andare controcorrente rimaniamo fermi nella nostra tiepidezza?
In particolare, oggi sento la necessità di chiedere a Dio, per inter-cessione di santa Rosalia, di guardare alla crescente disoccupazione nella nostra Città. La mancanza di lavoro continua continua a gridare la “dignità offesa” della nostra palermo, specie delle nuove generazioni.
Lo ha recentemente ricordato Papa Francesco, in occasione della sua breve visita in Molise: la disoccupazione è “una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti. Quella del lavoro è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario. È necessario porre la dignità della persona umana al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Gli altri interessi, anche se legittimi, sono secondari. Al centro c’è la dignità della persona umana! Perché? Perché la persona umana è immagine di Dio, è stata creata ad immagine di Dio e tutti noi siamo immagine di Dio!”
Abbiamo ascoltato la pagina evangelica della parabola delle dieci vergini. Il Vangelo ci dice che tutte e dieci, sia quelle stolte che quelle sagge, si assopiscono, vinte dal sonno, nell’attesa della venuta dello sposo.
Sembra quasi che il torpore che colpisce queste giovani riguardi anche la nostra civiltà, che ha dimenticato di vivere la sua tensione nell’attesa dell’incontro con Dio. Sempre più gente non pensa che il Signore viene ogni giorno a visitarci, in segni e momenti nei quali bisogna essere svegli per riconoscerlo, attenti all’ascolto, pronti all’azione.
Tutte le occasioni, le circostanze che noi sempre giudichiamo positive o negative, a seconda se corrispondono o meno ai nostri progetti, sono in realtà possibilità che il Signore ci offre perché lo possiamo riconoscere ed amare in tutto.
Da qui nasce la responsabilità per il nostro dovere, per rispondere al compito al quale siamo chiamati per il bene nostro e di tutti. Ne vale la pena! Fare bene il proprio dovere è necessario perché attraverso di esso si arriva alla realizzazione della propria persona, ad una piena felicità, e si dà testimonianza credibile del proprio incontro con Dio nei luoghi di lavoro, in mezzo ai fratelli, spesso non credenti o soltanto indifferenti.
Santa Rosalia, aderendo alla volontà del Signore ha compiuto il proprio dovere in modo così esemplare da essere di modello ancora oggi per noi a distanza di tanti secoli. Ellaa ci insegna che il posto nel quale siamo stati messi dalla volontà di Dio è prima di tutto un servizio da svolgere per il bene comune, per un mondo migliore, più umano e per la pacifica convivenza.
Santa Rosalia desidera essere ricordata, venerata e festeggiata proprio così. Una tradizione vuole che i fuochi artificiali del Festino portino la purificazione dalle pestilenze di Palermo. Non possiamo, tuttavia, permetterci di affidare fatalisticamente ai Fuochi il compito di liberarci dai mali, che ci deturpano perché ad ognuno di noi è affidata la responsabilità del cambiamento.
Questa deve essere la Palermo che – ad ogni livello politico, sociale, privato – non sta ad aspettare inerte la liberazione dalle sue pestilenze, ma che già nel suo cuore forte e generoso, nelle sue virtù alte e nobili, nei valori trasmessi dalle generazioni passate, cerca di liberarsi dall’atavica pestilenza dell’immobilismo e della rassegnazione, per aprirsi a sentieri di riscatto e di libertà vera, in cui la dignità dell’uomo esprima l’amore di Dio che lo ama come figlio prezioso ai suoi occhi”.
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