Fenomenologia calcistica in rosa | tra anticipi, recuperi e posticipi

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11 Settembre 2011, 00:56

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Altro che quartiere a luci rosse di Amsterdam. Altro che la mutanda allegra lasciata in giro come souvenir d’amore. Altro che caccia al tesoro quotidiana per ritrovare la sua tazzina di caffè. C’è una cosa che fa davvero partire l’embolo nelle nostre testoline da donnine piccine picciò. Noi la naschiamo già in estate, quando si sente un lieve chiacchericcio di acquisti e vendite. Ma fin qui diciamo che possiamo ancora essere tolleranti. Con l’arrivo di settembre, invece, non cadono le foglie, no. Non iniziano le piogge, neanche. Si torna in ufficio? Tzè! I saldi? Absolutely not.

Parlo del campionato. Si proprio lui, quello di calcio. Interminabili, lunghe, buie, stancanti domeniche con un unica, sola, colonna sonora: la telecronaca. Ma non basta, come dimenticare il carissimo Mercoledidicoppa? o il nuovo amico Anticipodelsabato, e il vecchio simpaticone Posticipodellunedì? Come, io mi domando, si è potuti arrivare a tutto questo? Quando, Santo Cielo, la società è diventata pallacentrica? Ma non parliamo di problemi, o comunque non di questo problema. Parliamo invece delle vere e proprie turbe mentali che da settembre a giugno affliggono noi povere Despereit Ausuaif domenicali, noi mujeras, noi femmine panormite.

Ognuna di noi, da brava signorina moderna, ha imparato ad affrontare il disagio a modo suo. (Si, si, disagio è.) Ognuna di noi ha deciso di aggirare, risolvere, scavalcare, ignorare, o prendere di petto il calcio in modi talmente sinistri, che non posso fare a meno di analizzarci e suddividerci in grandi categorie di psicopatiche.

Le Rita Pavone. Vivono il mondo del calcio come me nanna visse la rivoluzione sessuale: sudori freddi, angoscia e senso di nausea. Odiano con tutte le loro forze chi l’ha inventato, chi lo finanzia e chi lo pratica, e già dopo Ferragosto sentono in bocca l’amaro della domenica. Proibiscono al partner lo stadio perchè temono il tradimento, ma in compenso lo sfortunato può invitare gli amici, tutti. Dunque per le partite casa loro si trasforma nella curva nord fino al giorno successivo quando troveranno lattine di birra vuote sotto il divano, dietro la Tv (accaddì ovviamente) e pure dietro lo scaffale dell’enciclopedia. Terrorizzate dalla giungla che è diventato il loro salotto ma incapaci di creare diversivi passano la domenica nell’isteria totale al telefono mentre preparano la pappa col pomodoro per tutti. Bisognose di cure.

Le Perfide. Dette anche Miserabili/Baldracche/Paricauncicuippano. Non solo non rispettano completamente gli hobby (o malattie mentali maschie) del marito proprio e delle altre, loro hanno deciso che il calcio semplicemente non esiste. Loro sono le Maghe Merline del sabotaggio, le Cagliostre della simulazione. Siccome da fidanzate fingevano interesse per il calcio, ora non possono mica rivelarsi ed ammettere cà cci viene l’acitu solo a sentirne parlare. Perciò quasi ogni volta riescono a dare vita a pranzi acrobatici e cene di gala con quaranta ospiti. Quando il fato si mette contro e non possono fare inviti, tenaci nel loro intento, pongono al marito domande surreali su questioni impossibili tipo “Amore, ma se mentre facciamo shopping arriva una mandria di gnu a Piazza Politeama tu mi difendi?”, improvvisano improbabili siparietti sexy nel pre-partita, fingono attacchi di panico durante i rigori e quando sono a corto di idee staccano la luce di tutto il palazzo. A volte però arrivano insperate botte di culo come il compleanno del bambino che viene giusto di domenica, la comunione della figlia di Peppe e il matrimonio di Carmine e Tiffani che, mica possiamo non andarci… Chapeau.

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Le Devote. Non osano neanche pensare di uscire con le amiche, e tantomeno di disturbare il troglodita che diventa tutt’uno col divano. In loro è radicata l’idea di servilismo domenicale e dopo la frittatona di cipolle e la familiare di Peroni gelata, si accollano il tifo indiavolato e perchè no, il rutto libero da un angolino della stanza. Quando il Palermo gioca in casa (loro lo sanno perché si segnano sul calendario tutte le giornate di campionato) si pranza tutti alle 11.30 con pastacolforno, peperone ripieno e guantiera di Iris, compresi figli adolescenti reduci da nottate devastanti, picciriddi e nonni, che poi papà avagghiri ù stadiu. Annacano i suddetti picciriddi e nonni con rassegnata ospitalità fino al tramonto, quando sono pronte ad accogliere il marito come Penelope accolse Ulisse, Paolina accolse Napoleone, Pina accolse Ugo. Merdacce.

Le Filosofe. Sono le più felici, perché sanno che l’inizio del campionato significa solo una cosa: la domenica libera. Sanno che come per magia diventano invisibili agli occhi dell’ipnotizzato compagno e quando decidono di non uscire a sperperare patrimoni in via Ruggero Settimo o di vedere l’amante palestrato o pranzare a Mondello con gli amici gay, abbandonano la maschera di femme fatale che adottano nei giorni feriali dando sfogo a tutta la loro mediocrità repressa. Calzettoni dei Puffi con pallini antiscivolo, tutona da non-esco-manco-se-mi-punti-la-lupara-di-zio-Totò-in-mezzo-agli-occhi, pinza con rosa selvatica posticcia in testa e i fanghi di Pantelleria su viso e collo. Si aggirano per casa indisturbate come il Mostro di Lochness in preda alla divanite, oppure mangiano i resti del pranzo mentre vedono Sex And The City in streaming. Chi fa da sé, fa per tre.

Le Groupies. Non hanno scelta, siccome ddè bedde spicchie del palazzo di fronte di si seguono le partite e si giocano pure le bollette, devono presenziare anche loro. Alla Snai poi ci stanno quattro pulle è risaputo, “mica ci possiamo mandare i maschi da soli”. Comunque sia, sono abbonate veraci dall’alba dei tempi tanto che urlano “uneeeeeuuuuro!” a quelli che vanno via prima. Si cibano serenamente di pani ca meusa e bevono Forst come cammelli, conoscono il tizio dei ghiaccioli e chiamano per nome il capo degli Ultrà. Unico neo: Loro fondamentalmente di calcio non capiscono niente, credono che Eto’o sia un piatto del Thailandese all’angolo e la moviola una tinta che fanno alla Compagnia della Bellezza. Durante le partite stanno su Facebook col cellulare, si limano le unghie e chiacchierano tra loro di boiate (Thailandese, Parrucchieri e Manicure). In compenso sanno tutti i curtigghi d’amore e dei misteriosi intrighi fra calciatori e le veline e calciatori e letterine. Loro sperano segretamente di vivere in futuro questo sogno (pessimo) e diventare le miliardarie mogli di un analfabeta. Delicatissime.

Le Tristissime (all’ultimo posto di proposito, in realtà in quanto tifose e dunque non più facenti parte della nostra raggelante comitiva ‘ri fuoddi non dovrebbero manco esserci, comunque…). Sono giovani donne ben curate, spesso hanno carriere folgoranti, cognomi altisonanti e nel cervello il vuoto pneumatico. Con la riga di lato, perle alle orecchie e foulards di Hermès, hanno iniziato a tifare Rosanero dal rientro in Serie A. Durante le cene nei ristoranti di grido sfoderano il loro vasto sapere citando a memoria la formazione della squadra ed esprimendo giudizi di tipo tecnico sul gioco del nuovo attaccante. Eh si, prima si nni fuittievano, ma ora fa Très Chic andare allo stadio! Bocciate.

Ps. Sono ovviamente escluse dalle sopracitate categorie quelle simpatiche canaglie delle tifose vere. Da qualche parte ci saranno pure.

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11 Settembre 2011, 00:56

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