11 Aprile 2014, 11:35
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CATANIA – Piace, o non piace. Il dilemma è su Papa Francesco, l’attuale pontefice regnante in cima a tutte le classifiche di gradimento. Nazionali ed internazionali. I più stravedono per lui. C’è poi una nicchia che se non è ostile al nuovo corso inaugurato da Bergoglio, almeno si dice critica. In testa c’è Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, che ha presentato ieri nell’aula magna dell’ex facoltà di Scienze politiche dell’Università di Catania, in un incontro moderato dal giornalista Nuccio Molino, Questo Papa piace troppo. Un titolo a tutta prima inequivocabile. Un testo scritto a sei mani con Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro (recentemente scomparso). Due firme assai note tra i cattolici integristi, recentemente passate alla ribalta delle cronache nazionali per “l’epurazione” – così l’hanno definita – da Radio Maria, a causa di un articolo apparso appunto sul Foglio e dal titolo Questo Papa non ci piace.
Ma chi è Jorge Mario Bergoglio? “È un Papa – così lo descrive lo storico contemporaneista Giuseppe Barone – assolutamente diverso dai suoi predecessori. Un entusiasta, un uomo che accetta l’incontro con la modernità e che ha il physique du role dell’umiltà. Un aspetto che crea problemi. Francesco vuole bene ed è voluto bene. Dall’altra è però un decisionista, uno che fa scelte significative. A tratti è quasi relativista. Per questo non piace a lefevbriani e normalisti”.
A Giuliano Ferrara invece piace. Con il freno a mano però: “Il mio dubbio – ha esordito presentando il libro – è dove andrà a parare Francesco. Inquadriamo il contesto: questo è il Papa dell’epoca dell’individualismo, dove ognuno fa quello che vuole e la nozione di verità è infranta. Bergoglio, con la sua intervista a Scalfari, contribuisce affinché ciò avvenga. Ratzinger era di altro avviso. Guardava al cattolicesimo come una cosa seria, a Cristo come l’unico mediatore di salvezza. Francesco invece – continua Ferrara – punta alla Misericordia. Accantona le ferree regole della religiosità, per puntare al trionfo della mistica, della conoscenza cardiaca”.
Bergoglio dunque, nella lettura di Ferrara, si spinge verso un abbraccio con la secolarizzazione che relativizza differenze e conflitti: “La modernità porta con sé del bene, ma anche del marcio e del triste. Ecco, la Chiesa di Francesco ha scelto di non stare più al fronte, ma nell’ospedale da campo. Un mondo così inteso – sottolinea il direttore del Foglio – rischia di essere alla gran lunga più povero rispetto a quello che conosciamo”.
“Francesco non mi piace”. Pietrangelo Buttafuoco va subito al cuore della questione. E lo fa in nome della metafisica e della trascendenza: “Quando appena eletto Bergoglio ha pronunciato ‘Buonasera’ ho perso di vista l’avvicinarsi dell’eterno. Quel saluto stona tantissimo con la sinfonia degli angeli. Questo Papa – continua – rischia di essere un Dalai Lama qualsiasi. Non percepisco sacralità in questa Chiesa. Mentre Francesco sta amplificando temi mondani in una forma assai drammatica. Capiamoci, in un mondo dove una madre educa i figli a scegliere la propria sessualità, si perde quel senso che aiuta anche gli atei a trovare una dimensione. Francesco – conclude – è nel pantheon del nichilismo”.
Di tutt’altro avviso, invece, il giurista Giuseppe Vecchio: “Buffafuoco affascina. Ma, sebbene questo Papa è un portatore di contraddizioni, la sua chiamata alla preghiera è pressante. Con lui la sacralità torna, sì, ma in una forma sudamericana. Lui ci insegna il valore profetico del cattolicesimo popolare. Francesco pone oggi dei grandi interrogativi. E non solo a noi cattolici. Ha portato Scalfari a porsi il problema di Dio. Qui è il senso della sua missione”.
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11 Aprile 2014, 11:35