13 Luglio 2013, 14:55
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Di seguito il testo integrale dell’omelia del cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, in occasione della Messa al Palazzo delle Aquile per il Festino 2013.
“Nella cornice istituzionale del Palazzo di Città, alla presenza del Signor Sindaco e degli Amministratori, iniziamo oggi le celebrazioni per il festino di Santa Rosalia. Seguendo la tradizione, sotto lo sguardo della Santuzza, ci incontriamo, Autorità civili e religiose per lasciarci interpellare ancora una volta dalla Parola di Dio che la Santuzza ha voluto seguire con coraggio e coerenza, e che ella ha realizzato nella sua vita di fede, ancora oggi fulgido esempio per i palermitani.
Dobbiamo infatti riconoscere che il tradizionale appuntamento col festino si ridurrebbe solamente ad evento di folklore se non ci lasciassimo scomodare tutti dalla testimonianza della nostra Patrona. Che è soprattutto una testimonianza di fede e di carità, testimonianza di quella grande forza con la quale la giovane nobile ricercò la pienezza della vita, senza accontentarsi della mediocrità e del compromesso, confessando apertamente la verità del Vangelo e la gioia di viverlo.
Infatti, ascoltando attentamente la voce del suo Amato, Gesù Cristo, Rosalia ha via via compreso che il Signore la chiamava ad un’unione più intima e più intensa con lui che desse senso e valore autentico alla sua vita, che la fecondasse dal di dentro e la rendesse dono anche per gli altri.
Rosalia ha seguito il Signore ed il suo invito ad osare, andando oltre le personali convenienze e i calcoli umani. Si è fidata di Dio che le chiedeva di più… Ed anche a noi, come a lei, il Signore fa proposte ardite, chiede sempre un “di più”…
Desidero oggi riferire questo “di più” richiestoci da Dio alle tre letture del giorno.
Innanzitutto c’è il “di più” del movimento. Esso è collegato all’imperativo che, nella prima lettura, l’Amato rivolge alla sua amica bella: Alzati! Ha un grande significato questo comando. È l’invito a non rimanere inerti nella nostra vita e a muoverci per un incontro pieno con il Signore e con i fratelli, intraprendendo un autentico cammino di fede e di carità.
Alzati! è proprio il comando che ci mette in un dinamismo di ricerca del “di più”, un dinamismo di ascolto e sequela di Dio, che ci scomoda dal nostro essere “cristiani da salotto” – come direbbe Papa Francesco – e che rende la nostra fede visibile nei contesti propri in cui siamo chiamati a dare il nostro fondamentale ed insostituibile contributo per la costruzione della nostra società, per il bene della comunità, per l’edificazione del Regno di Dio in mezzo agli uomini.
Il Beato don Pino Puglisi nel 1988, in una bella riflessione sulla necessità di vocazioni al servizio, scriveva tra le altre cose: “Abbiamo bisogno di vocazioni… al servizio politico e amministrativo…”. Politici ed amministratori per vocazione, non per mestiere, né per interessi personali. Quell’Alzati! che Rosalia ha ascoltato per orientarsi ad una scelta eremitica, oggi risuona in questo Palazzo delle Aquile, e dice – alla maniera di don Puglisi – che l’amministrazione della nostra Città è autentica vocazione, movimento di uscita da se stessi per un vero servizio al bene comune, in una costante proiezione verso la costruzione di una convivenza più giusta, più fraterna, più pacifica, più solidale.
È il “di più” che ci scomoda, che richiede la coerenza evangelica, che ci fa abbandonare una fede relegata nel privato e ci proietta verso la pienezza del servizio, nel dinamismo di una vera e propria missione in cui qualsiasi amministratore è chiamato a spendersi per gli altri.
Se vogliamo invitare la Città di Palermo ad alzarsi ed a camminare verso un futuro negli orizzonti della speranza, è necessario che noi per primi ci alziamo e ci mettiamo in cammino. Questa la prima indicazione.
In secondo luogo, il “di più” che il Signore chiese a Rosalia e continua a chiedere a noi, è operare scelte ben precise, come ci ha riferito nella seconda lettura l’esperienza di San Paolo: “Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui”.
Si esce dalla mediocrità e si punta in alto quando si fanno le opportune distinzioni fra ciò che San Paolo definisce “spazzatura” e ciò che è realmente prezioso. In particolare, il “di più” che viene chiesto a chi ha responsabilità politiche ed amministrative è intimamente connesso con una corretta scala di valori che guardi alla verità dell’uomo e alla costruzione del futuro della comunità.
Ci sono valori, come quelli della vita – in tutte le sue fasi, dal suo nascere al suo naturale tramontare –, e la famiglia, istituzione naturale basata sull’amore fecondo fra un uomo e una donna, che vanno chiaramente affermati e coerentemente sostenuti, e sui quali non sono ammesse confusioni, perché la verità appare in tutta la sua luminosa nitidezza.
Promuovere e difendere con chiarezza questi valori, che non è fatto legato alla fede, ma alla retta ragione, può far perdere forse il consenso di alcuni gruppi, ma si eviterà di generare confusione e disorientamento in uomini e donne di buona volontà. Non è giusto, infatti, lasciare alle nuove generazioni orientamenti socio-culturali viziati, che portano “valori avariati”, secondo un’efficace espressione di Papa Francesco.
La verità dell’uomo non può essere mai confusa o tradita. Una legislazione non serve solo a regolamentare comportamenti, ma possiede una forza pedagogica e culturale che crea stili ed abitudini. Per questo non può mai essere svincolata da un riferimento valoriale imposto dalla stessa natura delle cose.
Padre Puglisi, anche lui – come San Benedetto il Moro e Santa Rosalia – fulgida gemma della nostra Chiesa e della nostra Città, pur non chiudendosi mai al dialogo con i singoli, e pur favorendolo sul terreno comune dell’uomo in situazione, puntò sempre a costruire o ricostruire la pienezza dell’umano. Il suo impegno formativo sia esempio anche per gli amministratori che hanno il grave dovere di educare attraverso iniziative legislative che siano sempre al servizio della vera identità dell’uomo. In base a questo, il “di più” che viene chiesto a chi amministra impone scelte precise a vantaggio dell’uomo così come inserito nel più vasto progetto della creazione e nel suo più autentico sviluppo integrale e comunitario.
Infine, c’è un “di più” anche in quella saggezza di cui ci ha parlato il Vangelo. La saggezza delle cinque vergini che, prevedendo l’attesa, hanno fatto anzitempo scorta di olio per le loro lampade. L’atteggiamento è stavolta connesso ad uno sguardo sul futuro, che è sana ed autentica preoccupazione per le nuove generazioni. Non possiamo negare ai nostri figli, alla Palermo che verrà, la luce della verità e del bene.
Un amministratore che non guardi al futuro è solo un gestore di emergenze. Non si contribuirà a far crescere la Città finché essa non sarà posta in un movimento di vero sviluppo.
Questa edizione del Festino, caratterizzata proprio da uno sguardo al futuro attraverso gli occhi dei bambini dovrebbe obbligarci ad interrogarci su che città stiamo consegnando alle nuove generazioni. Il futuro non serve soltanto costruirlo, piuttosto bisogna vedere come si costruisce, come lo si intende costruire, in quale direzione si vuole andare. Mi piace ricordare ancora ciò che il Beato Puglisi diceva ai suoi giovani: “Venti, sessanta, cento anni, la vita. A che serve se sbagliamo direzione? Ciò che importa è incontrare Cristo, vivere come lui, annunciare il suo amore che salva. Portare speranza e non dimenticare che tutti, ciascuno al proprio posto, anche pagando di persona, siamo i costruttori di un mondo nuovo”.
Questo mondo nuovo, questo futuro va preparato con azioni sinergiche che ricostruiscano la Palermo bella fuori e la Palermo forte dentro, con interventi volti a rendere la Città più vivibile e a rendere il cittadino più sereno, più aperto alla speranza del cambiamento.
Certo, ci sono alcuni segni di speranza su tanti fronti… Ed in questa sede non posso non guardare al nuovo complesso parrocchiale da costruire a Brancaccio, sognato ed ideato da don Puglisi, traduzione concreta di un progetto pastorale al servizio di un territorio segnato da molteplici ferite. Mi piace pensare a questa nuova chiesa di Brancaccio come ad una buona scorta di olio per la luce del futuro, un forte segnale da poter dare al quartiere e alla Città, frutto di collaborazione comune anche con le Istituzioni, per quell’interesse di crescita evangelica e di promozione dell’uomo che fu tanto caro al Beato Pino Puglisi.
Tutti dobbiamo fare la nostra buona scorta di olio… Tutti dobbiamo pensare all’ora più buia per rischiarare l’oscurità della sconfitta e del pessimismo. Palermo ha bisogno di questa sapienza che guardi al futuro e lo prepari, ma per questo ha anche bisogno di attrezzarsi bene per non lasciare niente di intentato per il bene delle nuove generazioni.
Mettersi in movimento, scegliere in base alla verità dell’uomo, progettare un futuro di qualità. In questi tre atteggiamenti il “di più” chiesto a quanti cooperano per il bene comune e a quanti ogni giorno si spendono, a vario titolo, per la nostra Città.
Santa Rosalia, testimone di un “di più” chiesto da Dio e attuato nella sua vita, porti liberazione e libertà primariamente dentro il cuore di ciascuno perché si creino tutte quelle condizioni nelle quali la grazia di Dio benedice gli sforzi umani.
Questa deve essere la Palermo che – ad ogni livello politico, sociale, privato – non sta ad aspettare inerte la liberazione dalle sue pestilenze, ma che già nel suo cuore forte e generoso, nelle sue virtù alte e nobili, nei valori trasmessi dalle generazioni passate, cerca di liberarsi dall’atavica pestilenza dell’immobilismo e della rassegnazione, per aprirsi a un “di più” che è, nelle fede e nella vita, riscatto e libertà vera, in cui la dignità dell’uomo esprima l’amore di Dio che ci ama come figli preziosi ai suoi occhi. Amen”.
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13 Luglio 2013, 14:55