22 Luglio 2014, 06:11
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PALERMO – Confessa e collabora. Gianfranco Cannova risponde al Giudice per le indagini preliminari e si dice pronto a fare la stessa cosa con i pubblici ministeri. Che gli chiederanno notizie non solo sull’inchiesta per cui venerdì è stato arrestato, ma pure su quella ancora top secret.
Esiste, infatti, un’indagine parallela a quella sulle mazzette intascate dal funzionario dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente, sfociata nel blitz di venerdì scorso. E sempre di tangenti si tratterebbe, ma nel mirino ci sarebbero altri imprenditori. Non solo i quattro finiti ai domiciliari. E non è escluso il coinvolgimento anche di altri pubblici funzionari.
I pubblici ministeri di Palermo scandagliano quella che è stata definita la capacità di Cannova di sfruttare “le sue doti di abile tessitore di rapporti professionali, di amicizie e di contatti gestendo il proprio incarico di servizio come un fatto privato; peraltro è emerso che gli interventi facenti parte dei patti criminosi hanno riguardato anche atti non di stretta competenza dell’ufficio dove operava direttamente il funzionario, ma comunque venuti a conoscenza di quest’ultimo in ragione del suo ruolo istituzionale o sfruttando le sue conoscenze e amicizie con soggetti operanti in altri uffici pubblici, anch’essi impegnati nel settore delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti”.
La due giorni in Procura di Cannova è iniziata ieri e proseguirà oggi. Innanzitutto ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al Giudice per le indagini preliminari Vittorio Anania. Tre ore di risposte, fra mattina e pomeriggio, in presenza dei suoi legali, gli avvocati Massimo Motisi e Giuseppe Torre, per ammettere alcuni episodi di corruzione e per smentirne altri. La vicenda della macchina e del televisore pagati dagli imprenditori per i suoi favori non sarebbero andate, secondo il suo racconto, per come li hanno ricostruiti i poliziotti della sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile.
Era impossibile, però, negare l’evidenza delle intercettazioni da cui emergevano le mazzette in contanti. Gli imprenditori finiti ai domiciliari sono gli agrigentini Calogero e Nicolò Sodano, il catanese Domenico Proto e il novarese Giuseppe Antonioli. C’è, però, l’inchiesta parallela per cui Cannova nei mesi scorsi ha ricevuto la proroga delle indagini. Ed è un’indagine successiva ancora in divenire per la quale è stato necessario un supplemento investigativo.
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22 Luglio 2014, 06:11