28 Luglio 2011, 18:18
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Roberto Mastrosimone, leader storico delle tute blu di Termini, è cauto, nel dolore e nell’amarezza: “E’ ovvio che se perdi il lavoro… qualcosa cambia e influisce sulla disperazione. Agostino aveva fatto una minchiata, per quanto ne so io. Forse il licenziamento è stato un provvedimento eccessivo. Non voglio accusare nessuno. Dico solo: pensiamoci”. Sì, pensiamoci. E’ la chiave di lettura necessaria per affrontare il vicolo cieco e buio della mente di Agostino Bova, 56 anni, ex operaio della Fiat addetto al reparto verniciatura, licenziato per motivi disciplinari. Nessuno, in mancanza di elementi certi, deve permettersi di puntare il dito contro un’azienda. Ma non si può nemmeno accettare la ferita che ha sconvolto il cuore di Termini come un incidente di percorso che non ha spiegazioni razionali alle spalle, come un effetto collaterale sfociato nell’irrazionalità di un gesto tremendo.
Un’agenzia Ansa dà una prima misura dell’accaduto: “Una tragedia divampata per la disperazione con alla base problemi economici e depressione causata dalla perdita del posto di lavoro: sarebbero queste le ragioni scatenanti del dramma familiare verificatosi oggi a Termini Imerese, dove Agostino Bova, un ex operaio licenziato un anno e mezzo fa dalla Fiat, ha ucciso la moglie, sparandole, ferito la figlia e poi si è ammazzato. L’uomo da tempo si arrangiava facendo piccoli lavoretti come il pescatore e il restauratore di mobili, dicono gli investigatori”.
Agostino, dunque, si arrangiava. E’ sicuramente responsabile dell’omicidio che ha compiuto, prima di autodistruggersi. Ogni persona ha il comando delle proprie mani. E il dolore profondo offre sempre un bivio. Tuttava, è corretto il suggerimento della tuta blu Mastrosimone: pensiamoci. Pensiamo a un uomo di quasi sessant’anni che si trova improvvisamente sul lastrico, per un evento che non giudichiamo perché non lo conosciamo. Pensiamo che ci sono altri operai quasi nelle sue stesse condizioni, a Termini Imerese. Pensiamoci. Ci sono padri di famiglia con un domani in blico nel migliore dei casi. E questa valanga senza superstiti abbiamo smesso di guardarla con gli occhi della verità. Noi giornalisti abbiamo smesso di raccontarla, come se fosse una rovina scontata. Le fabbriche chiudono. I figli di una fabbrica minore “si arrangiano”. Gli operai danno di matto ed è giusto che siano licenziati. Poi Agostino Bova prende la pistole e spara. Pensiamoci.
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28 Luglio 2011, 18:18