25 Marzo 2010, 15:09
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Con il suo cellulare filmò lo stupro di una ragazzina – considerandolo un “divertimento” – ad opera del ‘branco’ di amici: adesso un minorenne di Messina dovrà rispondere di quella violenza al pari degli altri indagati, come se vi avesse partecipato materialmente perché filmare la vittima mentre subisce gli abusi significa “rafforzare” l’intimidazione alla quale è sottoposta. Lo sottolinea la Cassazione confermando la custodia cautelare in comunità nei confronti di un sedicenne indagato per un episodio di violenza sessuale accaduto lo scorso 25 aprile ai danni di una minorenne della quale un gruppetto di coetanei, durante una festa, abusò dopo averla intontita con una bevanda a base di cenere. Senza successo – in Cassazione – il difensore del minore, chiedendone il ritorno a casa, ha provato a contestare la partecipazione alla violenza sostenendo che il ragazzo si era limitato a filmare. La Suprema Corte – con la sentenza 11560 – ha replicato che “deve ritenersi acclarata la sua partecipazione attiva e consapevole non realizzatasi attraverso atti tipici di violenza sessuale ma, comunque, in rapporto causale con quello che i condannati stavano facendo”. Per i supremi giudici il ricovero in comunità è “l’unica misura da ritenersi adeguata tenuto conto della gravità del reato” e del fatto che il sedicenne “non aveva dimostrato ravvedimento avendo tentato di giustificare e minimizzare la sua azione trasgressiva” addirittura dicendo che era stata la vittima a farsi filmare. Il ragazzino ha il permesso di frequentare la scuola e l’obbligo di svolgere attività sociali sotto il controllo dei Servizi minorili dell’Amministrazione della Giustizia.
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25 Marzo 2010, 15:09