03 Aprile 2013, 20:50
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PALERMO – Fimmine ribelli. Un titolo che, a suo modo, può sembrare un ossimoro: di certo lo sembrerà al popolo della ‘ndrangheta, che viene raccontato tramite le storie delle sue donne, prima amiche-prigioniere e poi nemiche. Il giornalista Lirio Abbate ha scelto queste due parole per titolare il suo nuovo libro, edito da Rizzoli, che tratta i racconti di donne in una Calabria che ancora non riesce a guarire dal morbo della ‘ndrangheta. E proprio nel titolo del giornalista scopriamo subito la pillola che può portare alla guarigione: sono le “femmine ribelli” delle famiglie delle cosche calabresi. Abbate ha presentato oggi la sua opera alla Feltrinelli di via Cavour a Palermo e il libro è stato spunto per una chiacchierata su un mondo inspiegabilmente ancora sconosciuto.
Questo mondo ha origini antiche e sembra fermarsi a 40 anni fa: è il web, ancora una volta, a fare da macchina del tempo e immergere il mondo medievale della ‘ndrangheta nel famigerato XXI secolo. “Se tutte quante conoscessero il mondo reale, la ‘ndrangheta sarebbe del tutto debellata” dice Abbate all’inizio della presentazione, cui hanno preso parte il giornalista Gery Palazzotto e l’inviata di Striscia la notizia Stefania Petyx. Una donna della ‘ndrangheta che si apre al mondo social e si catapulta così in una nuova strada, quella più vicina alla giustizia, diventa subito un pericolo: proprio da qui nascono le storie delle “fimmine suicidate”, omicidi in piena regola mascherati da onta indelebile. “Noi parliamo di quote rosa ma le donne della ‘ndrangheta vivono in prigione”, ha sottolineato la Petyx durante il suo intervento “Prima dell’avvento di internet non avevano nessuna finestra sulla società”, ma soltanto la speranza di una vita facile accanto ad uomini che danno loro la finta potenzialità di poter avere tutto. E la pericolosità della ‘ndrangheta è stata sottolineata anche da Palazzotto: “Un’organizzazione medioevale si trasforma in una cellula cancerosa: probabilmente è la più pericolosa organizzazione criminale del mondo”.
Le tante storie raccontate da Abbate ruotano attorno a donne importanti di Rosarno, da Giuseppina Pesce a Rosa Ferraro a Simona Napoli. L’apparente normalità di queste vite imprigionate descrive perfettamente l’attività criminale più chiusa d’Italia: basta uno spiraglio perché le “fimmine” diventino ribelli e volino dallo Stato, quel nemico della ‘ndrangheta che diventa alleato di queste ribelli che potrebbero cambiare tutto.
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03 Aprile 2013, 20:50