29 Aprile 2014, 05:00
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CATANIA – “Escludiamo, con grado di certezza, che i pizzini siano stati scritti dal collaboratore di giustizia Giacomo Cosenza”. A parlare davanti alla quarta sezione penale del Tribunale di Catania è il maresciallo dei Ris Vito Matranga, che all’epoca delle indagini si occupò della consulenza peritale su delega della Procura etnea per la comparazione grafologica dei “bigliettini”, in cui era contenuto il presunto ordine di Orazio Finocchiaro di uccidere il pm della Dda Pasquale Pacifico, con la grafia del collaboratore che lì consegnò nelle mani dello stesso sostituto procuratore.
Il consulente dell’accusa, dunque, interrogato dai pm davanti al presidente Rosario Grasso si discosta in maniera netta dall’esame calligrafico depositato dai tre periti, nominati dal Tribunale, che parlano, invece, di “discreta probabilità” che a scrivere i pizzini potesse essere Giacomo Cosenza, mentre escludevano che l’autore fosse Orazio Finocchiaro, imputato per associazione mafiosa e indicato dal collaboratore come il mittente dei “bigliettini”.
Matranga, ora in servizio ai Ris di Parma, chiamato dai pm a formulare un giudizio sulla perizia svolta dal collegio nominato dal Tribunale ha commentato che “in considerazione delle difformità riscontrate” tra i biglietti e la grafia di Cosenza “esclude con grado di certezza la probabilità” che possa essere stato il collaboratore di giustizia a scrivere di sua mano i pizzini incriminati e per questo “non condivide e ritiene prive di fondamento le conclusioni dei tre periti”.
La perizia collegiale, depositata agli atti del processo, è arrivata a seguito della richiesta da parte dell’accusa al Tribunale, a cui non si sono opposti i due difensori di Orazio Finocchiaro, Giuseppe Strano Tagliareni e Giuseppe Marletta, in quanto l’esame svolto da un singolo esperto era stato ritenuto dalla Procura “carente”. Nel corso del dibattimento i tre periti hanno escluso la compatibilità tra la calligrafia di Orazio Finocchiaro e quella usata per scrivere i pizzini, mentre analizzando il saggio grafico di Cosenza hanno dichiarato “che c’è una discreta probabilità” che potesse essere lui l’autore dei bigliettini. “Che cosa si intende per discreta probabilità?” Alla domanda dei pm, i periti, nel corso della scorsa udienza, hanno risposto che si aggira “su una percentuale che va dal 51 al 60%”.
A deporre come altro teste dell’accusa è stato il secondo consulente della Procura: Galvagno della polizia scientifica. E’ stato lui il primo esperto, in fase di indagine, ad analizzare i pizzini per verificarne l’attendibilità. Il perito ha ribadito quanto emerso dalla comparazione tra la grafia utilizzata nei messaggi “incriminati” e quella di alcune lettere scritte nell’interesse di Orazio Finocchiaro, detenuto nella casa circondariale di Tolmezzo ad Udine. “La scrittura – ha detto ai pm il consulente della procura – è la stessa che ha redatto le missive del fascicolo personale del detenuto Orazio Finocchiaro”. In sintesi il confronto calligrafico è stato fatto esaminando i pizzini e alcune lettere scritte durante il periodo di detenzione di Finocchiaro. Questo potrebbe significare che anche se non fosse stato lui stesso, di suo pugno, a scrivere quelle lettere, e di conseguenza, secondo la perizia della scientifica, anche i pizzini, li avrebbe comunque “scritte qualcuno nel suo interesse e, quindi, di fatto riconducibili alla volontà dell’imputato”. Non sarebbe la prima volta, come emerso da diverse inchieste di mafia, che un esponente della criminalità organizzata si serva di un’altra persona che funge da “scriba” personale a cui detta messaggi o pizzini.
Nella prossima udienza, fissata per il prossimo 9 giugno, sarà chiamato a deporre il terzo consulente della Procura che relazionerà su ulteriori valutazioni in merito alla perizia calligrafica. Come testi dovrebbero essere interrogati anche i consulenti della difesa, in modo da chiudere questa fase del dibattimento del processo che riguarda l’esame sulla paternità dei “pizzini”. Va ricordato che Orazio Finocchiaro è imputato per il reato di associazione mafiosa, come appartenente del clan Cappello Carateddi. Accusa che si muove su un apparato probatorio, di cui i pizzini solo solo una parte. A sostegno dell’accusa ci sono intercettazioni, attività di riscontro e dichiarazioni del collaboratore di giustizia Natale Cavallaro che dimostrerebbero “l’appartentenza dell’imputato alla frangia dei Carateddi, all’interno della cosca Cappello” oltre ai suoi tentativi di scalata all’interno del gruppo criminale e “la sua capacità ad impartire ordini nonostante la detenzione in carcere”. E in questa sua “ambizione” a diventare reggente – secondo le ipotesi dell’accusa – Finocchiaro avrebbe voluto vendicare gli arresti scattati a seguito delle inchieste della Procura di Catania, eliminando “con 32 colpi in testa”- come è scritto nel pizzino – il magistrato titolare delle indagini. Finocchiaro, inoltre, è imputato in un altro processo, insieme ad altri esponenti dei Carateddi, per droga e associazione mafiosa. Lo stralcio del processo che si è celebrato con il rito abbreviato si è già concluso in primo grado con una pioggia di condanne.
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29 Aprile 2014, 05:00